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Festival e parolacce: ecco i 7 artisti più ‘sboccati’

Turpiloquio mania

di Armando Vertorano
Questo articolo è il numero 20 su 21 nella serie Sanremo 2023

In passato bastava che un testo sanremese fosse appena appena fuori dai canoni per scatenare le polemiche più feroci. Sanremo, si sa, è da sempre la casa del politically correct e dei polveroni sollevati per un nonnulla. Si aggiunga poi che mamma Rai ha da sempre una politica piuttosto ferrea per quel che riguarda le parolacce in tv -si pensi al recente episodio del conduttore Pierluigi Diaco che sgrida una donna del pubblico rea di aver pronunciato una parola poco carina in diretta-. Eppure da qualche anno a questa parte la questione parolacce sembra sia stata tacitamente sdoganata, per cui non fa più strano -né nasce mai una vera polemica- se gli artisti inseriscono elementi di turpiloquio nei loro testi.

Andiamo a vedere chi sono gli artisti più ‘sboccati’ di Sanremo 2023.

L’egoismo di Shari

La giovane cantautrice, in gara con il brano Egoista ha iniziato le sue performance davanti a un pianoforte a coda, ma dopo aver suonato poche note -al punto che ci si è domandati: valeva la pena portare uno strumento così ingombrante sul palco per così poco?- si alzava e iniziava la parte più malinconica del testo. In Egoista Shari ha cantato il desiderio di avere accanto una persona che la ami, ma tradisce il suo egoismo quando ammette: Ho bisogno di qualcuno/ per sollevarmi se mi chiudo/ Non mi servisse più il tuo aiuto/ Ti avrei mandato già a f***ulo. Diciamo che non è proprio un invito allettante per potenziali corteggiatori, ecco.

La testa di Sethu

Tra gli artisti promossi a Sanremo giovani, Sethu si è distinto per la sua vena rock. La canzone Cause perse non sembra aver colpito molto il pubblico sanremese, eppure in quel suo modo post-adolescenziale di raccontare l’atteggiamento un po’ ‘sbandato’ di lui e di suo fratello emergono delle scintille genuine, quasi tenere. E nel definirsi una causa persa dice al fratello: Chiedi scusa anche a papà/ se mi parli e sto per aria/ se ho una testa dimm**da/ ma qua fuori è una guerra. Non è specificato però se nel dire testa dimm**da si stia riferendo al suo caratteraccio o all’improbabile taglio di capelli.

Le vanterie dei Colla Zio

Non mi va, ripetono i Colla Zio, nell’omonimo brano portato a Sanremo. Questo giovane gruppo canta tra rap e melodia il desiderio di ‘non stare male’ quando la ragazza che ti piace se ne va tranquillamente a letto con altri. Il loro testo è infarcito di citazioni e qua e là spunta pure qualche parolaccia. Si parte con un riferimento a Quelli che puliscono i cessi, ma poi c’è un attimo di autocelebrazione: Bimba, sai che la mia lingua è un mitra/ Parlo male e ti mordi le dita/ Non ho fame finché sei sfinita/ Min**ia!. Forse, considerando che la fanciulla raccontata si diverte altrove, queste dichiarazioni suonano un po’ esagerate.

Le sciccherie di Madame

Amatissima o mal sopportata, Madame resta sempre fedele a sé stessa, i suoi brani trasudano tormento e raccontano rapporti non proprio idilliaci. In questa Il bene nel male il concetto è semplice: la storia è finita ma a me resta il bene, a te resta il male. Racconta poi di come l’altra persona le diceva: Ancora tu sei/ la pu**ana che ha ridato un senso ai giorni miei, ma lei poi risponde: Sarò una pu**ana/ ma sei peggio di me. Insomma, manca giusto un pappappero e siamo a posto.

L’ammenda degli Articolo 31 al Festival

J Ax e Dj Jad sono stati maestri di parolacce e insulti per noi giovani degli anni ’90. Hanno celebrato a Sanremo il loro ritorno insieme dopo anni di dolorosi sputi in faccia reciproci. Nella canzone Un bel viaggio però, bisogna dirlo, fanno ammenda dei loro errori rivolgendo a se stessi anche epiteti poco lusinghieri: Quindi che l’orgoglio si f*tta dicono Siamo stati due c**lioni infatti funzioniamo in coppia” Tutto molto commovente, ma i tempi di Dai tocca qui ci mancano un po’.

I galleggiamenti di Colapesce e DiMartino

Il duo siculo di Musica leggerissima è tornato a Sanremo riproponendo la stessa formula: canzone dalle sonorità vintage, melodia orecchiabile e testo solo apparentemente leggero in cui si nascondono pericolose insidie di malinconia. Anche in merito alle parolacce si potrebbe dire lo stesso, nel senso che il brano riesce a restare casto e limpido fin verso la fine, quando un’inattesa variazione del ritornello ci sorprende: Ma che mare, ma che mare/ come str**zi galleggiare/ per non sentire il peso delle aspettative. E dallo Splash del tuffo allo Splat! della m*rda pestata, è un attimo.

La notte di Mengoni

Il fatto che a inserire parolacce nel testo sia anche un perfetto Sanremo-man come Marco Mengoni ci fa capire quanto ormai tale pratica sia definitivamente sdoganata. Il trionfatore assoluto della kermesse realizza un brano che trasuda Sanremo da tutti i pori, a partire dal titolo Due vite fino al testo sofferto e al crescendo emozionante. Eppure anche qui una parolaccia arriva: E ci siamo fot**ti ancora una notte / fuori un locale. Certo, sempre una cosa soft, ma chissà se negli anni ’80 glielo avrebbero mai perdonata.

Menzione speciale

Sembra strano ma nel testo di Made in Italy dell’artista più chiacchierato e controverso di questa edizione, quel Rosa Chemical contro cui perfino i parlamentari sentono il bisogno di scagliarsi, non c’è traccia di turpiloquio. A lui va però una menzione speciale per quel che riguarda la lotta alla censura sanremese, perché se è vero che le parolacce sono ormai considerate come un qualcosa di passabile, di certo il sex toy mostrato durante la serata delle cover o il già iconico bacio dato a un attonito Fedez sono stati assai più coraggiosi di un c**zo o di un vaffan**** cantati en passant.

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