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Cosa rimane dopo Sanremo
Per me: ‘Brividi’, ‘Chimica’ e ‘Comincia tu’.
L’ultimo, il brano che più ho ascoltato finita la 72esima edizione del Festival della canzone italiana.
Ma, mentre riascoltavo le canzoni, i miei occhi stanchi si sono poggiati sui testi e leggendone tutti i contenuti le mie idee hanno cominciato a ‘vorticare’.
Dal Sessantotto al Sessintutto
Tolta la banale citazione a un pezzo geniale del buon Caparezza, ho finalmente fatto caso a quanto i Maneskin abbiano lasciato una profonda impronta sul palco dell’Ariston: l’amore tanto osannato sul palco di Sanremo si è fatto fisico, meno metaforico e più diretto.
“Scoppia scopami mi scoppia il cuor”
-Rosa Chemical in ‘comincia tu’
E non riesco a non pensare ai buoni Maneskin dietro a tutto questo, dopo il clamoroso successo mediatico ottenuto dalla vittoria dell’Eurovision.
Il loro stile sembra aver dato un forte scossone ai canoni di queste ultime edizioni, portando tutti gli artisti a osare di più.
A Cesare quel che è di Cesare…
Non posso escludere ci siano stati tentativi da parte di altri artisti di procedere verso questa direzione –difficile dimenticare Achille Lauro seminudo sul palco che grida ‘Me Ne Frego’–, ma sono solo i 4 ragazzi romani a far scattare la scintilla.
Allora i Maneskin meritano ciò che hanno ottenuto?
Forse.
Non riesco ad andare oltre alla sensazione che mi hanno sempre dato: una rivoluzione controllata, dall’esito sicuro.
Il sound, lo stile nel vestiario, i testi.
Cose già comprovate da cinquanta anni, ma che hanno trovato terreno fertile in una generazione bisognosa di cambiamento e di sicurezze.
Chi se lo merita?
La ricerca è fin troppo difficile, molti si potrebbero candidare ad apripista e pionieri di questa rivoluzione, anche personaggi presenti in questa edizione di Sanremo:
Come dimenticare Rosa Chemical, nel suo stile unico dall’aspetto androgino, un simbolo di quanto si sta descrivendo.
Ma anche Villabanks, sempre nel mondo del rap italiano, nelle sue sperimentazioni sonore inserisce testi ultra-espliciti, di passioni carnali degne del celebre bollino “Explicit content”.

Una rivoluzione 18+ per tutti
E mano a mano che i nomi affiorano alla mia mente mi accorgo di come molti di questi siano protagonisti dell’ultima ondata Trap italiana.
Come non citare Taxi B, anche lui figlio nei look e nell’esagerazione di una scuola libertina italiana, che dalle allusioni erotiche è arrivata alla piena perdizione.
Dalla Carrà a Rosa Chemical passando per i Maneskin
La nostra band romana però rimane meno sperimentale, più ancorata a sound già sentiti.
Il look e i contenuti sono presenti, ma lo sguardo al futuro è totalmente assente.
Sonorità sicure, per prendere una fetta di pubblico ampissima, che non sente la necessità di andare oltre, di esplorare altri panorami musicali.
Una rivoluzione pigra, lentissima, che viene superata persino da chi l’aveva iniziata ai suoi tempi: Donatella Rettore, con Ditonellapiaga, tra ricordi e follie, rendono la trasgressione giovanile, propria della generazione z.
Il rock è morto?
Dunque viva il rock.
E che non si veda questo articolo come una sola critica alla povera band romana, ormai nel mio mirino da mesi: credo sia ormai una necessità da parte loro quella di essere simboli di una rivoluzione colorata che li ha messi (e con loro molta della musica italiana contemporanea) su un piedistallo.
Quindi, ovvio che la squadra che vince non si cambia, mi aspetto tuttavia un’uscita dalla zona di comfort. Alla fine la filosofia della generazione rappresentata può essere riassunta in “non mi importa a chi piaccio, l’importante è che mi piaccio.”
Siamo realisti?
Assolutamente no, tutte le possibilità che abbiamo davanti a noi si sbricioleranno una volta raggiunto il culmine della legge di Murphy. A questo punto speriamo davvero che il prossimo Eurovision e Sanremo2023 siano la rivoluzione finale del sessintutto.
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