Silvia Mezzanotte: una storia in musica
Incontriamo Silvia Mezzanotte poco prima di uno dei suoi tanti spettacoli che la stanno vedendo protagonista in giro per l’Italia in questa rovente Estate 2022 che ha riacceso il motore dei live e che si sta celebrando, finalmente, all’insegna della musica.
Silvia appare solare e desiderosa di calcare il palco, quel palco sul quale si accende sprigionando tutta la sua energia e le sue immense doti vocali che agguantano le noti musicali più alte del pentagramma con una naturalezza estrema che è in dote a pochi. Un’eleganza che la contraddistingue fuori e dentro la scena e che è accompagnata da un rigore artistico che non lascia spazio alle imperfezioni.
Silvia quali sono i tuoi progetti ai quali ti stai dedicando al momento?
Sono in tour con quattro spettacoli, uno dei quali partirà a Settembre. Il primo si chiama “Silvia Mezzanotte tour” ed è l’antologia della mia carriera; “Le mie Regine” è invece lo spettacolo in cui celebro le più grandi voci femminili italiane e straniere in acustico in una dimensione jazzistica; “La Nostra storia” con Carlo Marrale (fondatore storico dei Matia Bazar) in cui ripercorriamo le nostre carriere vissute in modo parallelo dentro “il mondo” dei Matia Bazar e che si sono incontrate solo adesso;“Duettango” è il progetto su Astor Piazzolla che porterò a Settembre a Tunisi.
Inoltre prima della pandemia ho inciso un singolo con Dionne Warwick, una canzone inedita cantata a due voci e l’obiettivo è uscire con questo singolo all’inizio del nuovo anno e far sì che venga in Italia per alcuni concerti, lei che tra l’altro è proprio una delle mie “Regine”.
Chi è la tua “Regina” italiana?
Mia Martini. Con lei ho avuto un rapporto diretto perché l’ho conosciuta durante la lavorazione del suo ultimo disco, ero la sua corista. Il mio ricordo di lei è quello di una donna molto scherzosa, molto autoironica, rideva moltissimo di sé stessa.
Pensi ci possa essere un ritorno con i Matia Bazar?
Il gruppo ormai in Italia ha un’altra strada, mentre io e Carlo Marrale siamo i Matia Bazar all’estero. Esiste un marchio italiano e uno internazionale. La società che detiene il secondo ci ha chiesto un coinvolgimento per il tour all’estero.
Dopo la morte di Giancarlo Golzi nel 2015 c’è stata molta confusione all’interno del gruppo. Io sono uscita nel 2016 e Piero Cassano l’anno successivo. E’ nata così la mia collaborazione artistica con Carlo Marrale, e insieme abbiamo deciso di portare la tradizione Matia Bazar all’estero. Ho proposto il progetto anche a Fabio Perversi, ma lui ha rifiutato in quanto probabilmente aveva in mente una visione improntata più al presente e al futuro.
Qual è stato il motivo per il quale hai lasciato i Matia Bazar?
La morte di Giancarlo. Non andavo più d’accordo con Piero Cassano, e dopo la scomparsa di Giancarlo non ho più trovato la mia dimensione all’interno del gruppo, era lui il mio collante.
E’ stato difficile raccogliere l’eredità di Antonella Ruggiero?
Io ho sempre vissuto Antonella come l’icona storica del mondo Matia Bazar. Ero bambina e l’ammiravo; credo che sia stato proprio questo a darmi la giusta chiave di lettura, ovvero quella di non mettermi mai in competizione e non pensare mai di dover “sostituire”, sempre rispettando il passato, anche vocalmente, la stessa “Vacanze Romane” l’ho interpretata in un modo che potesse rispettare quella tradizione. Penso che sia la prima cosa che dovrebbe capire chi entra nel mondo Matia Bazar: non toccare Antonella.
Ti vedresti sul palco di Sanremo da solista?
Non ce l’ho nella testa in questo momento, sono molto coinvolta dalle progettualità che sto portando avanti e quelle che sto pianificando per il futuro che adesso non è una mia priorità. Se dovesse capitare la canzone o l’occasione giusta allora sì. Ma potrei vedermi sul palco dell’Ariston anche in coppia con Carlo.
Credi che l’industria discografica di oggi sia incentrata più sul marketing che sul talento?
Credo che ci sia stato un “appiattimento” musicale secondo il quale vengono quasi imposte delle linee guide da seguire. Ci sono delle voci eccellenti che si sono adattate a stili quali il reggaeton o featuring con trappers. Ma penso siano esigenze di mercato destinato a un pubblico più giovane. Io non mi sento una “boomer” però, se capitasse l’occasione giusta sarei disposta a vagliarla, ma ho raggiunto un grado di consapevolezza secondo il quale faccio fede solamente a ciò che mi rappresenta per esprimere al meglio me stessa. Sicuramente in questo momento non mi appartengono il mondo delle Radio e quello della discografia moderna, ma c’è un altro mondo che mi rappresenta a pieno e non passa da lì.
Tra i giovani chi è che ha più potenziale secondo te?
Emma, Alessandra Amoroso. Credo che anche per loro non sia facile trovare una chiave di lettura in questo mondo discografico. Di Alessandra ho apprezzato molto il nuovo singolo “Camera 209” perché è un brano fresco, leggero, ma è una canzone e non un tormentone estivo fatto ad hoc per durare due mesi. Ecco, bisognerebbe secondo me orientarsi verso questa dimensione per riuscire poi a trovare una strada che ti mantenga in vita per tanti anni.
Il segreto è trasformarsi in un classico, io ci sto provando.
Nel mondo del cantautorato giovanile apprezzo molto Ultimo. Lui crede ancora fortemente nella melodia.
Se dovessi pensare a un featuring ideale per te chi sceglieresti?
Annie Lennox. E tra le italiane sicuramente Antonella Ruggiero, ma so che lei queste cose non le fa, ma sarebbe molto bello.
Ho collaborato anche con Massimo Ranieri, per il quale nutro una profonda stima, lui è stato “illuminante” per me. Un artista che cura tutto nei minimi dettagli, un perfezionista, e l’ho trovato molto simile a me nel modo di lavorare, ma lui è un uomo di spettacolo a tutto tondo: canta, balla, recita.
Nel 2015 fondi “The Vocal Academy”. Ti vedi un po’ nelle vesti della talent scout?
L’Accademia è l’altro lato del mio lavoro. Ho sempre tenuto delle masterclass e nel 2015 decido di fondare “The Vocal Academy”, una scuola che ha diverse sedi tra cui la principale a Mazara del Vallo. E’ un aspetto che mi piace molto perché mi consente di stare a contatto con i giovani e “scambiarci” le nostre diverse vedute. Ai giovani cerco di infondere il massimo rigore che questa professione merita, a partire dal comportamento alla massima attenzione e cura per la voce. Mi sforzo inoltre di dare loro la possibilità di ascoltare altro rispetto a quello che sentono adesso, prerequisito indispensabile per scegliere la propria strada.
Mi sento in parte una talent scout perché so riconoscere un talento vocale, ma non è tutto. Oltre a quello bisogna che ci sia una personalità di rilievo, e a volte le doti comunicative e di scrittura riescono a glissare le qualità vocali, penso per esempio a Jovanotti, che non le possiede ma rimane un grandissimo poeta.
Chi è stata la prima persona che ha riconosciuto il tuo talento vocale?
La mia prima insegnante di jazz. Lei mi ha permesso di capire quale fosse il mio potenziale, che per me non era ancora chiaro. Io ero convinta fossi un mezzosoprano contralto, lei ha subito intuito fossi un soprano alto, ed era sicura del fatto che avrei avuto una carriera.
Giancarlo Golzi invece è stata in assoluto la tua figura di riferimento. In che modo hai coniugato il rapporto professionale con quello amicale?
Non si coniugano. Quando ci siamo conosciuti ci siamo intesi immediatamente. Lui ha percepito subito che sarei potuta essere la persona giusta prima dal punto di vista caratteriale e poi da quello artistico, e così è nato il nostro sodalizio professionale permeato da una profonda amicizia. E ancora oggi ho la sensazione che lui ci sia, che sia presente.