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Dove eravamo rimasti?
Come abbiamo già detto in un vecchio articolo, la vaporwave è un’interessante corrente artistica underground sviluppatasi principalmente attraverso la rete come parodia dell’estetica anni ’80, della sua voglia di futuro e delle sue tecniche piuttosto primordiali e oggi indigeste di computer grafica (denominate ‘aesthetics’ ironicamente). Una caratteristica fondamentale della musica vaporwave è la sua produzione, rigorosamente casalinga e volutamente poco curata, e la sua distribuzione, principalmente digitale e attraverso piccole piattaforme come Bandcamp.

Arrivano le ‘eccojams’ di Chuck Person
Nell’estate del 2010, Daniel Lopatin (in arte Oneohtrix Point Never) pubblica, sotto lo pseudonimo di Chuck Person e rigorosamente in formato musicassetta, ‘Chuck Person’s Eccojams vol. 1’, una raccolta di ‘echo jams’ senza nome. Il modus operandi dell’autore è tanto semplice quanto interessante: ogni brano altro non consiste che in un pezzo, genericamente anni ’80, rallentato, trasformato in sample e remixato attraverso la tecnica del ‘chopped and screwed’, tipica del mondo del deejaying.
La opener ‘A1’ altro non è che un remix ipnagogico di ‘Africa’ dei Toto mentre ‘B1’ riprende in parte ‘Don’t Give Up’, un famoso duetto tra Peter Gabriel e Kate Bush. ‘B4’ rielabora ‘Lady in Red’ di Chris de Burgh, considerato uno dei singoli più fastidiosi e melensi di tutti gli anni ’80, focalizzandosi in maniera maniacale sulla frase ‘there’s nobody here’ [trad.: non c’è nessunə qui], creando anche un certo senso di straniamento, ricorrente in queste jams. La copertina è un collage di grafiche anni ’80/’90, dal Sega Mega Drive al videogioco ‘Ecco the Dolphin’.

Tra reale e virtuale
Circa un anno più tardi, James Ferraro pubblica ‘Far Side Virtual’, una raccolta di composizioni originali con l’aggiunta di sample ben noti a tutti come il suono di avvio di Skype (e chi se lo ricordava?). Anche qui la produzione è essenziale e volutamente di bassa qualità, i brani suonano quasi come delle suonerie per primordiali smartphones equalizzate terribilmente.
Quella che Ferraro crea è l’idea di musica virtuale, ottenuta combinando volgare muzak e impressioni da vigilia dell’era digitale: tra l’ascoltatore e questa musica esiste un velo, qualche forma di barriera che la rende inverosimile ma tremendamente immaginifica allo stesso tempo, come la vita nel mondo virtuale. A una tecnologia sempre più potente e a un mondo post-2008 dove la vita diventa sempre meno appetibile, si accompagna necessariamente l’elaborazione di una vita altra, virtuale e digitale: una terraformazione dell’Eden biblico. Sia nel caso di Lopatin che di Ferraro, si tende a parlare di proto-vaporwave e dei loro lavori come seminali e influenti per il futuro sviluppo della vaporwave.

Vaporwave e busti di Elio
A fine 2011, Vektroid (sotto l’alias di Macintosh Plus) pubblica ‘Floral Shoppe’, considerato il manifesto vaporwave per eccellenza. Vektroid rielabora e rende più sofisticata la lezione di Lopatin, destrutturando e rinnovando brani di fine anni ‘70/inizio anni ’80, creando dei veri e propri pezzi manifesto del genere. ‘Lisa Frank 420 / Modern Computing’, una rielaborazione rallentata e distorta di un brano di Diana Ross, è forse il pezzo vaporwave più famoso di tutti i tempi. ‘Booting’, riprendendo ‘Tar Baby’ del gruppo sophisti-pop Sade, crea un’oscura atmosfera lounge, quasi da ristorante al termine dell’universo. ‘Library’ ridicolizza il soft rock dei Pages, un duo di scarso successo.
Vektroid porta a compimento una maturazione artistica iniziata nell’underground con generi come la chillwave e il pop ipnagogico e ora canonizzata in un formato ben riconoscibile e originale, volendo anche imitabile (basti vedere tutti i meme tributo su YouTube a quest’album). La copertina mostra un altro aspetto saliente dell’estetica vaporwave: il gusto per il kitsch e la sovrabbondanza visuale, rappresentati da statue e colonne greco-romane.

Vaporwave, ormai storia?
Dopo i contributi fondamentali dei suddetti 3 artisti, la vaporwave ha continuato a svilupparsi e diffondersi anche attraverso sottogeneri come il future funk, la vaportrap e il mallsoft, dalle caratteristiche più vicine alla musica ambient. Che sia morta o meno, la vaporwave resta uno snodo fondamentale per capire la storia della musica degli anni ’10 di questo secolo.

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