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Renato Zero, il genio creativo
Precursore dei suoi tempi e simbolo nazionale degli anni ’70-’80, Renato Fiacchini – conosciuto al grande pubblico con lo pseudonimo ‘Zero‘ – è uno degli artisti che ha rotto gli schemi di un’Italia conservatrice e bigotta, definendo per primo la fluidità di genere e le sue insite contraddizioni. Un genio creativo poliedrico e trasformista che ha avuto una carriera piena di ascese inarrestabili. Ripercorriamola insieme, ricordando alcuni dei suoi look più iconici, e qualche aneddoto che lo ha reso uno tra gli artisti più amati nel nostro paese e nel mondo.
L’esordio romano al Piper con Loredana Bertè

Aveva solo quattordici anni quando rubava i trucchi alle sorelle per andare al Piper, storica discoteca romana dove sono nati tanti dei grandi: si cambiava di nascosto, per mettersi abiti femminili, truccarsi e acconciarsi i capelli.
Da sempre con una spiccata sensibilità artistica che lo porta ad essere fortemente appassionato da diverse forme d’arte, Zero si dedica inizialmente alla danza, assieme a colleghe molto celebri nel panorama artistico italiano: Rita Pavone, Mia Martini e Loredana Bertè, con la quale avrà un rapporto fraterno fino al litigio che sancì la fine della loro amicizia, nel 1996.
Compagni inseparabili di scorribande notturne, nel 1965 Renato Zero e la Bertè vengono scritturati come ballerini nel gruppo dei ‘Collettoni e Collettini’, un’occasione che diede loro modo di farsi conoscere per la sua stravaganza, ma anche per il loro innegabile talento.
Nasceva così la leggenda di Renato Zero.
David Bowie di serie B?
È il 1970, e Renato Zero è sempre più conosciuto: riesce a fare breccia nel cuore degli italiani – dopo qualche iniziale porta in faccia da parte della Rai – con ‘Madame’, il brano che farà scoppiare la moda della ‘Zerofollia’.

È solito vestirsi con body attillati, stivali di pelle dal tacco alto, pantaloni a zampa neri, piume, lustrini e camicie dalle fantasie più disparate. Si mostra come icona della sessualità fluida, allergico alle etichette e come ritratto di una nuova epoca, con il suo iconico bob nero, elettrico, con una frangia che incornicia il suo viso magro, squadrato, e gli occhi serissimi. C’è chi insinua sia la brutta copia di David Bowie, ma in realtà il pubblico capisce subito che Zero non copia nessuno, ce l’ha dentro.
“L’abito non fa il monaco, fa solo un gran casino […] Io le mie idee me le sono messe addosso”.
Renato Zero

La rovinosa caduta degli anni ’80
Il 1977 è l’anno della consacrazione, in cui Renato conquista definitivamente pubblico e critica.
Grazie al suo look, sempre imprevedibili, ma soprattutto con le hit, tra cui ‘Mi vendo’ e ‘Triangolo‘.

Nel 1979 è anche protagonista di un film, dal titolo ‘Ciao nì!‘. Più tardi il cantante fonderà anche una propria etichetta discografica, Zerolandia.
Nonostante la partecipazione al programma televisivo ‘Fantastico 1982’ accanto a Corrado e Raffaella Carrà, gli anni ’80 si rivelano un decennio decisamente complicato per l’artista, caratterizzato da musica poco compresa e una profonda crisi artistica. L’inizio del periodo buio risale al 1984, quando lancia allo Zoo di Roma l’album ‘Leoni si nasce’ vestito da leone: si presenta con una parrucca riccioluta colossale gli fa da criniera, guanti artigliati gli coprono le mani e una pelliccia lo ricopre quasi interamente. Un look che verrà aspramente criticato dal pubblico, evento che lo spingerà a ritirarsi a vita privata e a riequilibrare i suoi progetti artistici, fino a mutare pelle completamente.

Una nuova era musicale
Dopo un lungo iato, Renato va al Festival di Sanremo del 1991 con il brano ‘Spalle al muro’, scritto da Mariella Nava. Una canzone sulla condizione degli anziani emarginati che lo fa tornare in sintonia con il pubblico: per le tre sere del festival, l’Ariston si alza in applausi e standing ovation lunghe anche 5 minuti.

La vittoria sembra scontata, ma la sua canzone arriva al secondo posto. Renato minaccia il ritiro dalle scene, ma ‘Spalle al muro’ gli permette comunque di cominciare un nuovo capitolo, fatta di ballad e brani introspettivi in una veste mai vista prima: minimal e senza paillettes.
Zero come lo conosciamo oggi
Dopo l’enorme successo ottenuto nel 1998 con l’album ‘Amore dopo amore’, per Renato tornano a spalancarsi le porte della tv. Nel 2000, ‘Tutti gli zeri del mondo‘, il suo spettacolo viaggio nella memoria, a bordo della ‘Zeronave’ è campione d’ascolti su Rai 1.
L’anno successivo vende mezzo milione di copie in meno di due mesi, con ‘La curva dell’angelo’ e comincia la fortunatissima serie di live negli stadi italiani.
Il suo look è da allora diventato riconoscibilissimo, quasi un marchio di fabbrica: ad essere iconici sono i suoi occhiali da vista neri, spessi e con le lenti tonde. I suoi look, invece – fatta rara eccezione per un paio di occasioni – rimangono sempre monocromatici ed estremamente minimal.

Possiamo quindi affermare che Renato Zero è stato un artista che si è saputo mettere in gioco nel panorama dello spettacolo italiano, inizialmente sdoganando alcuni tabù in una società non ancora estremamente tollerante, per poi successivamente riuscire a cogliere ciò che il pubblico voleva e si aspettava dal suo personaggio, mettendosi anche in discussione dopo un lungo periodo di crisi. Una carriera, quella di Zero, fatta da alti e bassi, ma che in pochi nel mondo possono dire di aver avuto.
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