Innovatore nella moda e d’avanguardia musicale

David Robert Jones è un giovane ragazzo londinese che, all’età di 13 anni, si avvicina alla musica. Le prime band con cui suona – Kon-Rads, King Bees, Mannish Boys e Lower Third – gli permettono di muovere i primi passi nell’appariscente mondo del pop e del mod: in un battito di ciglia, nel 1966, è ufficialmente David Bowie, con i capelli lunghi e la stoffa di chi è nato (nel 1947) per lo star system. Da quel momento, la curva del suo successo sarà sempre in ascesa, nonostante nella sua carriera di momenti controversi ce ne siano stati… eccome!
Bowie diventa riconoscibile per la sua capacità di sperimentare ed unire buddismo tibetano, cultura giapponese, recitazione e amore, in uno scenario caleidoscopico che mostra le chiare influenze della scena artistica londinese: in contemporanea, nasce in lui il fervore di chi non si sente solo uno, ma che è anche – come direbbe Luigi Pirandello – nessuno e centomila.
David Bowie era Ziggy Stardust, Aladdin Sane, The White Duke. Un gentiluomo elegante e un maniaco della moda, che ha innovato quest’ultima e ha stravolto i canoni artistici e stilistici degli anni Settanta. Molti lo definiscono camaleontico, ma in realtà è tutt’altro: i camaleonti si amalgamano allo scenario, mentre Bowie voleva emergere, spiccare fra la folla.
David Bowie un gentiluomo?

Nel 1967, David Bowie pubblica il suo primo album, ‘The World of David Bowie’, irrompendo sulla scena musicale come un gentiluomo di 20 anni con carisma, pacatezza e stile.
Bowie è il mod per eccellenza: un bravo ragazzo londinese, ben curato, con un taglio di capelli che tanto ricordava i Beatles, stivali a punta, camicie completamente abbottonate e maglie a collo alto. Questo look lo rende sin da subito attraente al grande pubblico, che lo considera un vero gentiluomo, un giovane musicista emergente.

Un’apparente compostezza sia nel look che nel comportamento, accompagnava in quel periodo l’artista in tv e nelle esibizioni live, tanto da sembrare quasi un uomo comune, un giovane studente, un tirocinante di un qualsiasi avvocato, lontano dalla produzione musicale di Bowie che si basa su sonorità nostalgiche influenzate dalla beat generation. Ma siamo solo all’inizio della sua carriera, e sappiamo benissimo che David non era affatto un ragazzo qualunque.
Anni ’70, nasce il primo alter ego: Ziggy Stardust
Negli anni Settanta, Bowie si afferma come superstar di livello internazionale, questo perché, dopo un breve soggiorno in America, subisce una vera e propria metamorfosi, non solo fisica, ma anche musicale. Vengono così lasciate indietro nella sua musica delle sonorità per lo più folk, per lasciare spazio al glam rock, con album come ‘The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars‘ (1972) e ‘Aladdin Sane‘ (1973).
L’uscita di ‘Space Oddity‘ ha visto Bowie iniziare a sperimentare con il suo look e iniziare a usare il suo alter ego, Ziggy Stardust. L’intero album era un tributo al personaggio immaginario Major Tom, e alla sua ricerca per raggiungere la luna, argomento veramente in voga dopo lo sbarco sulla luna del 1969.
È proprio in questa atmosfera di novità che esce alla ribalta il primo vero alter ego di David Bowie: il 6 luglio 1972 a Top Of The Pops, Ziggy Stardust si materializza inaspettatamente, per la prima volta, cantando ‘Starman‘, sembrando una rockstar extraterrestre che arriva da luoghi molto lontani e altrettanto glam anche per quanto riguarda il vestiario: ecco che finalmente c’è un’esplosione di colori e di texture tutt’altro che ordinarie.
Questa è la performance con cui Bowie è diventato una star e il suo personaggio di Ziggy Stardust è entrato nella coscienza nazionale
Dylan Jones, direttore di GQ

Influenze che arrivano da Oriente. E non solo
Ziggy Stardust è inarrestabile: gioca con il colore, la simmetria, le nudità, i brillantini e un’acconciatura che diventa di un rosso sempre più saturo. Sulle copertine dei magazine appaiono fotografie che fanno notare sempre di più l’androginia di questo personaggio che si sente semplicemente una creatura immersa nella sua arte.
Eyeliner, abiti attillati e l’iconico zigzag sull’occhio sono diventati tutti elementi fondamentali per Bowie, che si assicura il suo status di icona della moda a pieno titolo.

Bowie è stato un precursore anche per la sua passione per la cultura e la tradizione giapponese: fu forse il primo artista occidentale a utilizzare l’hayagawari, ovvero l’improvviso e inaspettato cambio d’abito che avviene sul palco per sorprendere il pubblico, e che successivamente è diventato d’uso comune tra le popstar. Lo stesso famoso trucco che Bowie indossa nella copertina del disco richiama quello del teatro Kabuki, con il cerone bianco e il fulmine disegnato sul viso.
L’influenza del Giappone nello stile di Bowie si è approfondita specialmente negli anni Settanta dopo l’incontro con lo stilista Kansai Yamamoto, che creò i costumi per il tour del 1973, ‘Aladdin Sane’, guidandolo in quello che forse è il periodo più sperimentale e audace dell’artista.
Anni ’80: sul palco, un dandy

Verso la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, Bowie cambia nuovamente il suo stile per vestirsi come la definizione odierna di un gentiluomo, completo di abiti, cravatte, camicie e scarpe eleganti. Sono finiti i giorni dei vestiti attillati e dei brillantini, ma il trucco e i capelli selvaggi rimanevano ancora una grande parte della personalità di Bowie, seppur si mostri molto più bohémien.
In questo periodo, Bowie ricopre la definizione di dandy, anche nell’accezione letteraria del termine: far della propria vita un’opera d’arte, uno spettacolo teatrale introspettivo, capace di comunicare e catturare e coinvolgere le persone fino a farle diventare parte integrante dello show.
La sua figura diventa sempre più scheletrica, i suoi abiti sempre più chiari: da quel momento, entra in scena il Duca Bianco, uno dei suoi personaggi più celebri e amati.
Contaminazione = libertà
Negli anni successivi, dunque dalla fine degli anni ’90 fino ai primi anni 2000, Bowie deciderà di interpretare ciò che vuole e indossare i panni del personaggio che più gli si addice in quel periodo della sua vita. La contaminazione orientale si mescola all’appartenenza British, la sobrietà si contrappone allo sfarzo. Riprova che, se c’è una personalità come quella di David Bowie ad indossare i capi, ciò che traspare all’esterno non è una volontà di nascondersi dietro una maschera ed essere camaleontici, ma di sentirsi invece liberi nella propria unicità.
Certe volte non mi sento una persona. Non sono che un insieme di idee di altra gente
David Bowie