cassette anni 80

Perseguitati da Raf tra moda e pessimismo

Gli anni '80 non accennano a scomparire e (quasi) nessuno comprende perché

di Niccolò Bargellini

Morte e rinascita di una decade

Lo cantava Raf nel 1989 in ‘Cosa resterà di questi anni ‘80’: la paura di veder morire un decennio roseo, era senz’altro palpabile. Le cassette venivano sostituite da asettici compact disc, pop e affini dal grunge, le atmosfere colorate, diventavano sempre più slavate e decadenti. I timori di Raf, però, non si sono avverati: dalla musica al cinema, passando per la moda, tutto oggi vuole spasmodicamente richiamare quel decennio, sottolineandone la spensieratezza e la vivacità dei colori.

Come siamo arrivati a questo punto? Il concetto di revival è innato nella natura umana: da adulti si tende a richiamare alla luce ciò che andava di moda quando si era adolescenti, magari nel tentativo di sentirsi più giovani. E se i gusti dei genitori spesso influenzano i figli, altrettanto spesso sono i giovani a chiedere… più anni ’80.

Una possibile spiegazione

L’interpretazione di Mark Fisher, filosofo inglese, è più complessa: questo revival è frutto di una ‘hauntologia’ – termine coniato dal collega Jacques Derrida unendo le parole ‘ontologia’, la filosofia dell’essere, e ‘haunting’ – qualità tipica dei fantasmi (si può rendere con ‘ossessione’). Gli anni ’80 vivono in uno stato di non-morte, esattamente come i fantasmi: la loro identità è diluita nel tempo e non è quindi possibile rintracciarla chiaramente. Proprio come una melodia, acquista senso nella sua interezza e non nota per nota.

Per Fisher, la spiegazione è politica: il capitalismo estremo esploso da circa 40 anni, chiamato ‘neoliberalismo’, si è focalizzato troppo sugli obiettivi a breve termine, così da annullare qualsiasi tipo di speculazione sul futuro, rendendoci incapaci di pensare a qualcosa di diverso dalla stantia ripetizione dell’esistente.

“La lenta cancellazione del futuro si è accompagnata ad un ridimensionamento delle aspettative”

Mark Fisher

Fantascienza e revival

Fisher ricorda che niente può più stupirci veramente: tutto ciò che rimane è recuperare futuri ‘morti’, mai realizzati, presi da altre epoche. L’incapacità di immaginare qualcosa di diverso e dirompente, è evidente nel cinema contemporaneo di fantascienza, che sempre più indulge in innumerevoli remake e seguiti di film. Il nuovo ‘Dune’ di Villeneuve oppure il seguito di ‘Blade Runner’, ambientato nel 2049 mentre l’originale di Ridley Scott era ambientato nel 2019, dunque ormai già passato.

Ironico notare come Scott, a fine anni ’70, immaginasse per il 2019 un futuro decisamente più avanzato di quello attuale, con tanto di macchine volanti e androidi replicanti perfettamente uguali agli esseri umani.

blade runner 2049 ryan gosling anni 80
Il remake di ‘Blade Runner’

E in musica? L’ipotesi Reynolds

A livello musicale, critici come Simon Reynolds hanno fatto propria la spiegazione di Fisher, aggiungendovi una dimensione di nostalgia e collezionismo. Diversi artisti contemporanei sono profondi conoscitori e collezionisti di musica anni ’80 e, con Internet, ognuno di noi ha accesso a enormi librerie musicali, che comprendono anche artisti ormai dimenticati. Reynolds porta l’esempio di alcune band giapponesi (patria del collezionismo e delle cover band) ormai ridotte al puro citazionismo, in un perverso gioco con i propri fan a chi riesce a indovinare ogni loro influenza.

Reynolds nota anche come ogni epoca tenda ad essere vittima di revival circa 20 anni dopo la sua fine: gli anni ’80 a loro volta richiamavano parte dell’estetica colorata di fine anni ‘50/primi ’60, mentre il grunge degli anni ’90 ripensava al rock ribelle dei primi anni ’70.

L’opinione di Scaruffi

Per il critico musicle Piero Scaruffi, il revival potrebbe invece dipendere dalla riscoperta del sintetizzatore, strumento fondamentale all’epoca, ma accantonato negli anni ’90: il MoogFest, un festival annuale dedicato proprio alla famiglia di sintetizzatori Moog, esiste solo dal 2004. Dopo l’oblio, lo strumento è stato probabilmente riscoperto dal movimento underground dell’‘electroclash’ tra fine anni ’90 e primi 2000.

Diversi generi puramente nostalgici, come la ‘retrowave’ e la ‘synthwave’, non fanno altro che ripetere in maniera iper-reale quei suoni a cavallo tra mondo analogico e digitale, grazie all’uso di sintetizzatori non più fisici ma trasformati in macchine virtuali. La tecnologia attuale, malgrado sia molto più avanzata di quella impiegata 40 anni fa, viene usata per ripetere ciò che era già possibile fare all’epoca. Un’ulteriore conferma della tesi di Fisher.

La ‘vaporwave’

Tra questi generi volutamente retrò, degna di nota è la ‘vaporwave’, una sorta di movimento artistico ad ampio spettro che in musica propone remix e decostruzioni di brani anni ’80. A livello di grafica, propone paesaggi prospettici in rendering digitale, iper-colorati e volutamente kitsch, mischiati con simboli tipici della rivoluzione informatica (finestre e icone di Windows ’95) e della scultura classica (esempio di arte kitsch). Lo stile grafico della ‘vaporwave’, ironicamente definito ‘aesthetics’, vuole proprio mostrarci come il futuro immaginato dagli anni ’80, sia ormai completamente distante da quella che dovrebbe essere la nostra sensibilità estetica.

Squarciare il velo di Maya del revival

La ‘vaporwave’ viene spesso derubricata come una gigantesca burla online, qualcosa di volutamente ridicolo e da non prendere sul serio, utile al più per fare qualche meme. Se osservata più attentamente, in realtà, mostra una profonda insofferenza e una forte critica della contemporaneità, incapace di guardare oltre e di far morire definitivamente un passato asfissiante che continua a perseguitarci. Proprio come un fantasma. Contemporaneità che vive nel revival per un motivo ben preciso, come spiegato da Fisher: a noi il compito di squarciarne il velo di Maya, ossia l’illusione che ci impedisce di vedere la realtà (parafrasando Schopenhauer). Per costruire qualcosa di radicalmente nuovo.

vaporwave art windows 95 anni 80
Poster vaporwave realizzato da Daniel Oliva Barbero

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