Tiktok nel 2022
Tiktok è ad ora, tra le più grandi piattaforme social esistenti. Sicuramente quella con il più alto tasso di crescita, seppure in calo rispetto agli ultimi due anni, sono innumerevoli i nuovi account che nascono ogni giorno.
Un’onda da cogliere
Per chiunque volesse raggiungere un pubblico vasto (e soprattutto giovane) è diventato un must: Tiktok era la nuova piattaforma, il paradiso dal successo facile e veloce, dal milione in un minuto.
Ne sono esempi la miriade di nuove stelle dei social nate da lì, come Khaby Lame; rimanendo sul musicale, il successo di Anna “Bando” deriva in gran parte dalla piattaforma cinese.
Una nuova generazione
Tiktok è sicuramente una miniera d’oro per nuovi contenuti e nuove interazioni. Basti solo pensare che un “nativo” della piattaforma, Lame, incominciando a fare video per noia, ha ottenuto in meno di due anni un seguito che supera di gran lunga quello dell’imprenditrice Ferragni, che è attiva come influencer da ormai 13 anni.
Non è stato quindi difficile che le grandi major si accorgessero del potenziale di Tiktok: prima inserendo nei propri roster stelle della piattaforma (come la sopracitata Pepe) che facessero da apri pista per tutti gli altri già affermati.
Cosa è andato storto?
Tiktok è facile, intuitivo, veloce.
Ma sicuramente non per tutti.
Personaggi con una fanbase diversa dal target della piattaforma, per diversissimi motivi, non hanno la più pallida idea di come funzioni il social.
Artisti come FKA Twigs, Charli XCX, e molti altri nomi del panorama internazionale si sono ritrovati basiti davanti all’ordine della major di farsi dei tiktok.
E questo ha scatenato la polemica.
Artisti contro major
In un totale sbeffeggiamento, gli artisti hanno incominciato a fare video su questo argomento.

FKA Twigs

Florence Welsh

Charli XCX
In sunto, il messaggio era semplice: “siamo artisti, non tiktoker”. La rivendicazione è quindi di poter vivere attraverso la musica, non attraverso i diversi social.
Una presa di distanza dalle major, che sembrano volere ogni artista come un piccolo influencer, sempre pieno di contenuti e pronto a ogni cosa per l’engagement.
Ma niente di nuovo
Ciò che mi ha stupito infatti, in un perverso gioco di parole, è lo stesso stupore.
Sono anni che si vedono enormi aziende chiedere ai propri artisti ogni cosa possibile per aumentarne il profitto.
Tiktok, e questa piccola protesta, non sono altro che la punta dell’iceberg.
In un’industria basata sul profitto, questo non è nulla.
Ma cos’è giusto?
Gli artisti quindi si dovrebbero occupare solo di arte? O devono per forza avere un loro profilo social?
Credo, in tutta sincerità, che lasciare lo spazio a un creativo di essere tale sia il primo passo in avanti.
Non tutti vogliono farsi dei video ma ad alcuni potrebbe piacere, creando anche sui social qualcosa di particolare.
Non abbiamo bisogno di tutto ovunque, lo sappiamo perfettamente.
A ognuno il suo
Non esiste una formula adatta per catturare l’attenzione del pubblico, persone come Caparezza o Capo Plaza, quasi totalmente distanti dai social, hanno sempre ottenuto un enorme riscontro nonostante la loro mancanza sulle piattaforme.
Addirittura questo è diventato un tratto distintivo: forse il punto nel creare una connessione con il proprio pubblico non è quello di apparire ovunque, ma apparire dove ha senso nel rispetto della propria immagine e della propria arte.
Ma i numeri
Ma le vendite, i numeri, il profitto…
Rimaniamo ascoltatori di artisti incastrati in meccanismi lontani da loro.
E siamo sicuri sia questo ciò che noi vogliamo dalla musica che ascoltiamo? Dimenticare tutta l’arte da cui è costituita per un numero sicuro, per dell’engagement?
Ovviamente, come già scritto, questo piccolo evento avvenuto su Tiktok non è che la punta dell’iceberg, ma ci dà nuovamente da riflettere su cosa vogliamo sia veramente basato il nostro ascolto: se sui numeri o sul nostro gusto personale.