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Da Steve Vai a Slash, la scelta dei big e non solo
Steve Vai usa un plettro morbido, Slash uno molto duro e Bryan May… una moneta da 6 pence. Il plettro è un oggetto tanto piccolo quanto importante, che agisce talmente sul suono di un chitarrista, da influenzare anche il suo modo di esprimersi. Valutare dunque le differenti tipologie di plettri, osservare quali siano più indicati per un genere musicale ed essere consapevoli che un plettro sia in grado di produrre un suono diverso rispetto ad un altro, mette nelle giuste condizioni la persona che vuole sceglierne uno senza ‘sbagliare’.
E che cos’è un plettro?
Ovviamente, chi sta leggendo in questo momento il nostro approfondimento, non è capitato qui per caso. Sa benissimo cosa sia un plettro, sa a cosa serve e perché lo vuole eventualmente acquistare. In ogni caso il plettro, al tempo degli antichi Greci, era un piccolo strumento che veniva utilizzato per fare vibrare le corde della lira o della cetra. Oggi, è una piccola lamina della forma più varia, di materiale diverso, che viene usata per suonare alcuni strumenti a corda. Tutto qua.

Quali caratteristiche sono importanti: lo spessore
Le diverse forme (triangolare, ovale, pentagono, goccia, appuntito o arrotondato) e i materiali (fra gli artificiali celluloide o nylon, fra i naturali, osso o legno o avorio), influiscono sul tipo di suono, nel momento in cui il plettro entra in contatto con le corde, seppur la prima caratteristica sia puramente… di gusto. Sicuramente, lo spessore incide non poco sul sound e sull’impiego.
Da extrasottile, ossia 0,45 millimetri (per parti di accompagnamento e accordi) a molto pesante, da 0,96 fino anche ad oltre 1,5 millimetri (per parti tecnicamente più complesse), con la base della scala a favore della chitarra acustica e quella più alta per quella elettrica. In mezzo? Quelli tra gli 0,71 e gli 0,96 millimetri, sono pure i prediletti da chi ha iniziato da poco a suonare.
Ma il materiale conta davvero tanto
La maggior parte dei plettri sono in plastica. Il primo materiale moderno utilizzato per realizzare i plettri è stata la celluloide, usata a tutt’oggi, così come gli acetati e la resina artificiale Ultem (sfruttata in particolare dai mandolinisti). La variante in nylon è assai popolare, flessibile e resistente, ma si consuma in fretta. Poi il Tortex o Delrex, con superficie opaca e tanto grip da usufruire con umidità estrema (un valore aggiunto). Infine, quelli di metallo (prevalentemente acciaio), resistenti, adatti per un suono acuto (molto squillante), che mettono però a rischio corde e battipenna.
Indispensabile per gli assoli più veloci?
Per qualcuno l’utilizzo del plettro o di un accessorio, è ritenuto indispensabile per far viaggiare rapidamente le mani (e le note), ma c’è chi a questo presunto ‘assunto’ non si mai voluto assoggettare. Basta ricordare il suono caldo e armonico, la grande velocità e la pulizia che c’è nel finale di ‘Sultan of Swing‘, per riconoscere a Mark Knopfler il valore di chi non può essere escluso dalla cerchia dei migliori. Lui non usa il plettro, ma le dita.
Perché la scelta non si deve basare sulla comodità. Lo stile conta: e dunque se si ama il fingerpicking e fingerstyle come il leader dei Dire Straits, si sceglierà proprio il percorso con le dita. Per il moderno, rock, pop e blues, magari per avvicinarsi a David Gilmour, si deve utilizzare il plettro.
Il momento della scelta in realtà è facile
Quando viene il momento di consigliare quale plettro scegliere, c’è un fattore che, rispetto ad altri accessori e oggetti che si acquistano, risulta in realtà meno importante. La cifra da spendere. Il costo di un plettro è pressoché irrisorio, nel senso che, se è vero che se ne possono ‘bruciare’ anche molti in poco tempo, non si tratta certo della spesa che un chitarrista soffra di più! Le scelte che andremo a fare abbracciano due intenzioni: quella di chi deve scegliere il plettro (forma, ma soprattutto peso e materiale) e va guidato, e chi invece lo ha già fatto, sa, quindi con quale plettro si trova meglio, ma ha bisogno di essere indirizzato.
Allora ecco i plettri che ci piacciono davvero
Flessibile e senza deformazioni, in Tortex, che non scivola fra le dita, garantisce sensibilità negli assoli e nella ritmica, i Dunlop dello spessore di 0,73 millimetri (in una confezione da 12 pezzi) riproducono le caratteristiche di un plettro in tartaruga: sì, prima della nascita del plettro moderno (in celluloide) nel 1922, quell’accessorio era realizzato con il carapace delle tartarughe.
Nella busta della Olycism da 40 pezzi, invece, si va da uno spessore di 0,46 a 1,2 millimetri, per chitarre di vario genere e altri strumenti a corda, sono in celluloide ed avendo una bella scatola e pure due portaplettri, può essere anche una bella idea regalo. Tralasciando per questa volta tutti i plettri che consentono di mettere una scritta a piacimento o gli apparecchi che consentono di forgiarli homemade, chiudiamo con una scelta dedicata a solistica, pennata e contropennata, un bel Dunlop 1.14 in Tortex. Buon sound a tutti!
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