L’anima vola
Da Platone passando per gli antichi greci, attraversando le culture dell’Africa e dell’Oriente, fino a giungere al ventesimo secolo, c’è sempre stata la convinzione di una qualche forma di esistenza dopo la morte fisica del corpo. Sostenere che la vita continua oltre la morte aiuta a capire e spiegare gli ormai riconosciuti fenomeni delle esperienze di premorte. Ma le domande ed i dubbi restano sempre tantissimi
Almeno una volta nella vita tutti ce lo siamo chiesti: com’è l’aldilà? Non si tratta di un viaggio di cui si possono trovare recensioni su tripadvisor e nemmeno di un luogo che può essere raccontato attraverso immagini e fotografie. Non c’è un biglietto di ritorno e possiamo quindi solo ipotizzare ed immaginare. A dire il vero non siamo nemmeno così sicuri che esista.
Eppure c’è chi è certo che ci sia un ‘dopo’, che ci sia un luogo dove andremo una volta che la nostra anima uscirà dal corpo, ne è certo semplicemente perché ci è stato ed è tornato. E ce lo racconta.
Spiegateci il dopo con parole nostre

Chi prima chi dopo, chi più, chi meno, nella vita tutti veniamo a contatto con la morte ed inevitabilmente, ci coglie la consapevolezza di dover, prima o poi, morire, consapevolezza che non può fare a meno di condizionarci e farci porre la domanda del ‘dopo’. Cosa ci aspetta dopo? Come è e, soprattutto, dove è il ‘dopo’?
Delle risposte in tal senso arrivano dai racconti che negli ultimi decenni si sono moltiplicati e che riguardano le esperienze di premorte. Rispetto al passato chi vive un’esperienza di premorte è più propenso a raccontarla, il timore di essere deriso o di non essere creduto passa in secondo piano rispetto al desiderio di confrontarsi con altri che hanno vissuto la medesima esperienza. A questo si aggiunga l’evoluzione delle tecniche di rianimazione che comportano un inevitabile aumento delle persone riportate alla vita dopo una ‘morte clinica’ e che possono, quindi, raccontare la loro esperienza.
La morte in se stessa non è nulla; ma temiamo di essere non sappiamo cosa, non sappiamo dove
John Dryden
Il viaggio al confine con la morte
Si chiamano esperienze di premorte o NDE (Near Death Experience) e sono veri e propri viaggi ai confini della morte. Permettono di dare una sbirciatina all’aldilà o, ancora, di fare un ‘tocca e fuga’ nell’altro mondo.
E’ importantissimo sottolineare che non tutti coloro che sono stati vicini alla morte ne hanno ricordo (forse semplicemente perché non le hanno vissute) ma è altrettanto importante evidenziare che si tratta di fenomeni di cui si sono trovati tantissimi riscontri.
Da chi? Da chi ha vissuto queste esperienze, generalmente persone che sono morte per pochi minuti e poi hanno ripreso le normali funzioni vitali, da persone che sono state in coma, o da chi, pur non avendo perso le funzioni vitali, è stato vicinissimo alla morte.
La letteratura pullula di libri che raccolgono testimonianze di questo tipo. La cosa molto interessante sono i punti in comune dei racconti.
I denominatori comuni di tutte le testimonianze sono i seguenti.
- l’abbandono del proprio corpo fisico: si tratta di una sorta di viaggio astrale che consente di vedere il proprio corpo dall’esterno e di assistere a ciò che accade realmente, ad esempio, ai soccorsi, o all’intervento dei medici.
- l’attraversamento di un tunnel in fondo al quale si vede una luce intensa
- l’incontro con persone care (parenti, amici, conoscenti) che sono morte e che accolgono con armonia, saggezza, pace, amore e che rassicurano in merito a quanto sta avvenendo. Sono comuni le frasi del tipo “sei qua ma devi tornare giù, non è ancora arrivato il tuo momento”
- la percezione di colori intensi, di luoghi bellissimi
- l’esperienza di life review, ossia una rivisitazione della vita terrena che porta alla luce anche episodi dimenticati e che permette di auto-giudicare i propri comportamenti.
- Il ritorno alla vita terrena con il rimpianto per non essere potuti restare in quel posto così straordinario.
- La consapevolezza di avere vissuto un’esperienza straordinaria, il cui ricordo resterà vivido per tutto il resto della vita condizionandola positivamente.
La scala di Greyson
Le esperienze di premorte sono ormai talmente diffuse che è impossibile, anche per la comunità scientifica, fare finta di nulla o liquidare il tutto attribuendolo a stati allucinatori. E’ quindi sorto il bisogno di redarre un test volto a distinguere una reale NDE da un qualsiasi altro stato di alterazione psichica.
E cosi il professor Bruce Greyson dell’Università della Virginia, nel 2010 ha messo a punto la scala di Greyson, in grado di scindere in modo molto netto le reali esperienze di premorte da altre tipologie di esperienze. La peculiarità delle NDE è la presenza di un’emotività molto intensa, al limite del mistico, le scene sono molto limpide e vivide e vengono descritte anche da individui ciechi dalla nascita, e quindi privi di una memoria visiva. Qualcuno ha ancora dubbi?
Gli studi scientifici
Sono tantissimi gli studi sulle esperienze di premorte. Tra i più autorevoli cito Elisabeth Kubler Ross, una psichiatra svizzera che, analizzando i racconti dei pazienti che erano morti clinicamente ed erano stati riportati in vita, si è resa conto che queste persone che erano state ‘sulla soglia’ avevano spesso qualcosa da raccontare, anche se generalmente esitavano a farlo per paura di essere derise o non credute.
Queste persone erano accomunate dal fatto di non avere più paura di morire, e di essersi trovate in un ambiente pieno di pace dove hanno incontrato persone a loro care morte precedentemente. Tutte affermavano che la loro esperienza di morte era stata il momento più bello ed intenso di tutta la loro vita.
Anche il dottor Raymond Moody, ha portato questo tema all’attenzione del grande pubblico con il suo libro ‘La vita oltre la vita‘ dove analizza esperienze vissute in tempi e ambienti diversi, constatando la loro fondamentale analogia.
Ma l’indagine più rigorosa che sia stata compiuta in questo campo è quella di Karlis Osis ed Erlendur Haraldsson, pubblicata con il titolo ‘Nel momento della morte‘.
Nel libro vengono analizzate un migliaio di esperienze vissute in ambienti totalmente diversi dal punto di vista religioso, sociale e culturale come Stati Uniti e India. Nei racconti erano presenti elementi ‘transculturali’, ovvero indipendenti dalle aspettative e dalla forma mentis delle persone. Le sensazioni, le descrizioni sono sempre le stesse.
Un’altra validissima inchiesta è quella del dottor Kenneth Ring, dell’Università del Connecticut, che ha intervistato centinaia di persone che avevano avuto un arresto cardiaco ed erano state riportate in vita dai medici. Anche dai risultati dello studio del Dott Ring emergono racconti del tutto simili agli altri.
Dall’oltre si torna migliori
Gli effetti che queste esperienze hanno su chi le vive rappresentano forse l’aspetto più bello: le persone che hanno avuto una NDE non temono più la morte, ma questo non toglie loro l’interesse per la vita, anzi la fa maggiormente apprezzare poiché interpretano il loro ritorno come una rinascita, un risveglio, una seconda possibilità, si potrebbe quasi dire una sorta di missione. In effetti tutte queste persone escono trasformate dall’esperienza, cambiano totalmente il voltaggio interiore.
Esperienze di premorte autorevoli
Le testimonianze di esperienze di premorte sono rintracciabili in tutta la storia antica e moderna, fino alla comparsa, nell’era moderna, dei primi articoli e libri sulle NDE in ambito medico, psicologico o parapsicologico. A partire dalla fine del XIX secolo sono seguite suggestive testimonianze dirette di autorevoli professionisti, spesso medici, che hanno vissuto in prima persona le esperienze, come Wiltse, Heim, Geddes, Rodin e Jung. Non si può mettere in dubbio Jung.
Partiamo da lui. Forse non tutti sanno che Jung nel 1944 ha avuto un incidente domestico, si è fratturato una gamba, e, durante il ricovero, ha avuto un infarto miocardico che gli ha provocato una perdita di coscienza per tre settimane. Quando si è ripreso ha raccontato la sua esperienza, che potete trovare nel suo testo autobiografico ‘Ricordi, sogni, riflessioni‘. Ecco cosa dice a proposito della morte.
“Quel che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile, che la nostra immaginazione e la nostra sensibilità non potrebbero concepire nemmeno approssimativamente… Prima o poi, i morti diventeranno un tutt’uno con noi; ma, nella realtà attuale, sappiamo poco o nulla di quel modo d’essere.
Cosa sapremo di questa terra, dopo la morte? La dissoluzione della nostra forma temporanea nell’eternità non comporta una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo tutti membri di un unico corpo“
Prima di lui ha vissuto una NDE (tra l’altro si tratta della prima documentata nei tempi moderni) il medico francese Philippe Charlier, esperienza che descrive nel suo trattato ‘Anecdotes de Médecine’ del 1740. Si tratta della più antica ‘esperienza di quasi morte’ mai documentata.
L’amatissima Sharon Stone nel 2001 ha avuto un’emorragia celebrale ed ha vissuto un’esperienza NDE durante la quale ha incontrato amici morti che le erano molto cari, una sorta di vero viaggio che l’ha condotta in luoghi sia dentro che fuori dal mondo. Oggi l’attrice, come molte altre persone che hanno vissuto esperienze premorte, non ha più paura della morte.
Anche Elizabeth Taylor ha fatto un giro nell’aldilà (prima di trasferirsi definitivamente). Ha raccontato che nel 1962 durante un intervento chirurgico alla schiena è morta per cinque minuti, ed ha vissuto un’esperienza ai confine della morte.
Dal soffitto della stanza vedeva i medici che tentavano di rianimarla, ha poi attraversato il famoso tunnel ed ha incontrato il suo terzo marito, Mike Todd, morto in un incidente aereo nel 1958 che le ha detto “Devi lottare per tornare indietro. Hai ancora molte cose da fare. Devi lottare”.
Quando è tornata nel suo corpo e si è svegliata, i dottori avevano già annunciato la sua morte.
Questi sono solo pochissimi esempi da sommarsi alle innumerevoli testimonianze che avvallano l’ipotesi che la morte non esiste, che si tratta solo di abbandonare il corpo fisico, attraversare il tunnel ed entrare in quella dimensione che viene descritta come un luogo meraviglioso. Nessuno ha parlato di angeli, di religione, di personaggi alati.
E non c’è tempo e non c’è spazio

Nell’aldilà non esistono spazio né tempo, almeno non come li conosciamo qui nel mondo terreno. Chi c’è stato lo descrive, passatemi il gioco di parole, come indescrivibile tanta è la bellezza. Le percezioni del corpo spirituale, o dell’anima sono straordinarie e totali. Si parla di un mondo che offre infinite possibilità di creatività e realizzazione. Un posto dove ci si muove con il pensiero e dove si comunica con la mente. Non si hanno le restrizioni fisiche legate al corpo, il corpo astrale non ha alcun difetto seppur viene descritto come quello terreno.
La morte non esiste
Quindi? Quindi direi che la morte non esiste. Se è vero che esiste l’aldilà, allora non esiste la morte, una cosa esclude l’altra. Se si parla di morte la si deve intendere come una sorta di passaggio: perdiamo la muta, ci trasformiamo da bruchi a farfalle, torniamo a casa. Ovviamente la morte resterà sempre qualcosa di estremamente doloroso, il lutto non scompare con la consapevolezza che l’aldilà esiste: le persone che muoiono continueranno a mancarci. Ma sapere che sono in un posto così bello, forse più vive di noi, e sapere che quando sarà il nostro momento molto probabilmente le troveremo in fondo a quel tunnel immerse nella luce ad aspettarci, non può che rincuorarci.