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Bastava anche solo un affermazione, magari fatta per invidia, per incappare in un meccanismo perverso: quello della Santa Inquisizione. La gente approfittava dell’Inquisizione per saldare vecchi conti, vendicarsi di vicini e parenti ed eliminare rivali in affari. Tutti potevano denunciare tutti. Anche il cittadino più onesto aveva difficoltà a salvarsi dopo essere stato accusato e arrestato. Se dopo ore di torture ammettevi le tue colpe e ti pentivi, ti graziavano strangolandoti prima di essere bruciato. Se invece non confessavi venivi arso vivo direttamente in nome di Dio.
Lo scopo? Proteggere i fedeli dagli eretici e dai miscredenti. Le condanne a morte erano all’ordine del giorno in Spagna e l’artefice dell’inizio di questo genocidio era Tomaso de Torquemada, il primo grande inquisitore della Santa Inquisizione.

L’ossessione di Tomas de Torquemada e la Santa Inquisizione
La Spagna a quei tempi era devastata dalle guerre civili. Gli appartenenti alla comunità ebraica venivano presi di mira e costretti a convertirsi al cristianesimo. Nel 1474 si celebrò il matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona. I sovrani volevano unire sotto un’unica religione la Spagna e di conseguenza gli oppositori dovevano essere convertiti o eliminati. Si affidarono a Tomas de Torquemada, già confessore personale della regina, per sradicare questo “male”.
Anche i musulmani, chiamati moriscos, subirono la stessa sorte. Isabella di Castiglia e Torquemada condividevano la stessa ossessione: la purezza religiosa e la minaccia delle eresie.

Tomaso De Torquemada fu responsabile della morte di migliaia di spagnoli innocenti. Frate domenicano e priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei sovrani regnanti, divenne il primo grande inquisitore nominato capo della Santa Inquisizione spagnola nel 1482. Inizialmente il suo scopo era quello di eliminare ebrei, chiamati conversors, convertiti al cristianesimo solo in apparenza, ma che in segreto continuavano a professare la loro religione.
Presto però si trasformò in un potente mezzo di controllo della Santa Inquisizione sulla fede verso la Chiesa e la corona. Il grande inquisitore era assistito da un consiglio nominato da lui e approvato da re. I metodi utilizzati erano la delazione e la tortura con vari strumenti.
Con l’aiuto di alcuni giuristi elaborò un “codice dell’inquisitore”, la Compilazione delle istruzioni dell’ufficio della Santa Inquisizione, composto da ventotto articoli che promulgò il 29 novembre 1484 in occasione dell’assemblea generale degli inquisitori a Siviglia. Il codice contiene le istruzioni per riconoscere, combattere ed eliminare ogni sorta di eresia.

“Essi suscitavano sospetto e diffidenza, e non pochi pensavano di avere per vicini più ebrei che cristiani. Nonostante i pregiudizi, molti ebrei ottennero alte cariche nell’amministrazione reale, nella burocrazia civile e perfino nella Chiesa… Essi erano tra le persone più colte della Spagna, e l’importanza raggiunta, il successo e la ricchezza provocavano invidie e risentimenti. Ad esacerbare l’ostilità dell’inquisizione sarebbe stata anche la loro agiatezza.”
S. Klein, I Personaggi più malvagi della storia
Tomas de Torquemada operava in base a regole precise da lui stesso dettate:
“In considerazione dei sospetti avvalorati dalle prove, egli viene condannato ad essere torturato per il tempo che sarà giudicato necessario, in modo da costringerlo a dire la verità. Se durante la tortura dovesse morire o subire emorragie o mutilazioni, ciò non dovrà essere attribuito all’inquisitore, ma a lui stesso, per non aver detto la verità.”
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Dopo l’arresto faceva seguito la confisca dei beni, cosa che naturalmente colpiva i famigliari degli imputati, i quali si trovavano improvvisamente nullatenenti e spesso morivano di fame e di stenti.

“Gli inquisitori erano autorizzati dal papa a praticare la tortura, preferibilmente senza spargimento di sangue, e tale ipocrisia favorì la nascita di nuovi strumenti, in particolare la ruota, lo schiacciapollici e altri congegni che solo casualmente provocavano la fuoriuscita di sangue. Le tenaglie e simili attrezzi dovevano essere arroventati al calor bianco, così che il metallo incandescente cauterizzasse la carne quando veniva lacerata.”
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“Quando si trattava di comminare le sentenze di morte, l’ipocrisia clericale si rivela di nuovo. Gli inquisitori non potevano farla eseguire direttamente, per non apparire poco cristiani, ed erano obbligati a consegnare l’eretico alle autorità secolari, che avrebbero fatto il lavoro sporco al posto loro. Per assicurare il massimo numero di spettatori, le esecuzioni avevano luogo nei giorni di festa. Il condannato veniva legato a una catasta di legna secca, collocata più in alto della folla in modo da garantire una buona visuale. Dopo la morte, il corpo era fatto a pezzi, le ossa frantumate e il tutto gettato tra le fiamme di un altro rogo.”
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Il terrore seminato dalla Santa Inquisizione
Tomas de Torquemada trasformava ogni città in cui passava in una prigione. Nessuno poteva allontanarsi. L’ombra della Santa Inquisizione si estendeva a tutti i cittadini e si invitava a sporgere denuncia verso tutti, anche i familiari più stretti. Torquemada diffondeva il terrore e pochi si opposero a questa follia. Chi osava disapprovarlo veniva considerato un nemico.
“Quando appariva il carro della morte di Torquemada, le porte delle città si spalancavano, le risorse venivano poste a sua disposizione e i magistrati gli giuravano devozione.”
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Operò instancabilmente in tutta la Spagna, sostenuto da Papa Innocenzo VIII. I roghi divennero uno strumento di terrore. Condannò personalmente 9.000 ebrei al rogo e ne fece riesumare circa 7.000 in modo da poter bruciare i cadaveri, e ridurli in cenere.

Si creò un vero e proprio stato di terrore e in Spagna prese piede più che in ogni altro paese. Chi evitava di mangiare carne di maiale o evitava di lavorare il sabato, era sospettato di essere rimasto fedele all’ebraismo. Veniva quindi arrestato, torturato e infine bruciato vivo.
Non tutti i condannati venivano uccisi subito. A volte li radunavano per farli partecipare all’Autodafè, venivano cioè radunati in un unico luogo dove poi venivano eseguite le sentenze. In questo modo si credeva di poter combattere il male più efficacemente. L’ultimo autodafé pubblico del quale si ha notizia risale al 1781. In realtà l’ultimo autodafé è stato celebrato in Messico nel 1850.
La Santa Inquisizione introdusse anche la censura che vietava di creare, possedere e leggere scritti in cui si parlava di ebrei e arabi. Vengono inoltre proibiti diversi testi umanistici.

La Spagna era al culmine del suo potere grazie anche alle colonie conquistate. I popoli colonizzati subirono lo stesso trattamento. Le tradizioni indigene erano considerate una forma in eresia e ben presto furono eseguite condanne a Cuba e in Messico.
Tomas de Torquemada ricoprì la carica di Grande Inquisitore fino alla sua morte, avvenuta nel 1498. Nei quindici anni sotto la sua direzione, l’Inquisizione spagnola espanse la sua rete di tribunali in tutta la Spagna. I tribunali gestiti da Torquemada emanavano le loro spietate sentenze da tutte le più importanti città di Spagna, con una tale efferatezza che vi furono lamentele e dimostrazioni di indignazione anche da parte di molti vescovi e vari esponenti della stessa Chiesa stessa.

La Santa Inquisizione spagnola operò a lungo e gli inquisitori si avvicendarono, portando ovunque terrore e morte. I metodi crudeli utilizzati si diffusero rapidamente in tutta Europa e soprattutto in Germania, dove la follia si concretizzò nella Caccia alle Streghe. L’ossessione di perseverare l’integrità della fede cattolica, si univa al timore delle fattucchiere e dei loro poteri malefici esercitati verso uomini e bestie. Ad alimentare il timore delle streghe era lo stesso clero.
Le stime dei condannati a morte della Santa Inquisizione
Juan Antonio Llorente era il segretario generale del Sant’Uffizio spagnolo e autore del libro “Storia critica dell’Inquisizione spagnola”, secondo la sua ricerca, 10.220 persone sono state bruciate vive, 6.860 sono state condannate al rogo in effigie e 97.321 sono state “riconciliate” con la Chiesa. Alcuni storici invece, stimano che si svolsero circa 100.000 processi e che il numero di persone mandate al rogo si aggiri intorno alle 2.000.
Llorente ha aggiunto che la repressione era stata particolarmente severa nel corso degli anni 1483-1498. In questo periodo, in cui a ricoprire la carica di inquisitore generale era stato Torquemada, 8800 persone sono state arse sul rogo e 9654 persone condannate ad altre pene.

Le ultime scoperte sulla Santa Inquisizione
Di recente in Sardegna sono stati scoperti nell’Archivio Storico Diocesano, 138 documenti appartenenti al Tribunale dell’Inquisizione di Alghero, risalenti al XVIII secolo. I documenti più importanti sull’Inquisizione spagnola in Sardegna si trovano quasi tutti nell’Archivo Histórico Nacional di Madrid, altri si trovano presso l’Archivio di Stato di Cagliari.
Nei primi del 1700, dopo la fine del dominio spagnolo sull’isola, l’ultimo inquisitore nominato dalla Corona lasciò l’isola e i vescovi assunsero la carica di inquisitori. Il tribunale della Santa Inquisizione di Alghero aveva sede nell’episcopio e i confini della diocesi all’epoca si estendevano fino a Nuoro. Una scoperta molto importante che fa luce su uno dei periodi più oscuri e bui della storia dell’isola.
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