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d'avenia l'appello

“L’appello” di Alessandro d’Avenia: ascoltiamo i giovani.

Professori d'Italia all'appello! Torniamo a lavorare con il cuore

L’amore per l’insegnamento

Alessandro D’Avenia nasce a Palermo il 2 maggio del 1977 in una famiglia numerosa composta da mamma Rita, papà Giuseppe e sei bellissimi figli. Il suo amore per la letteratura comincia a svilupparsi durante gli anni dell’adolescenza, grazie all’influenza di due grandi uomini: padre Pino Puglisi e Mario Franchina. Del primo, denominato simpaticamente 3P, Alessandro ricorda con nostalgia il dolce sorriso e le scarpe grandi. Un uomo immerso nella vita ordinaria, che non si risparmiava nessuna fatica nella lotta alla mafia. Allo stesso tempo però, possedeva una serenità immutabile, derivante necessariamente dalla sua forte fede.

Era un eroe non perché in grado di fare miracoli ma semplicemente poiché adempiva al meglio al suo dovere. Uno dei pochi in grado di unire le zone di luce e di ombra di una città come Palermo, dove si può trovare il paradiso in una via e l’inferno girato l’angolo.

Padre Puglisi infatti, era sia insegnante di religione nel Liceo Classico Vittorio Emanuele II, situato nella zona bene del capoluogo siciliano, sia parroco di Brancaccio uno dei luoghi in mano alla malavita della città. Ed è proprio ispirandosi alla sua vita che nel 2014 D’Avenia pubblica “Ciò che inferno non è” .

Mario Franchina, invece, era il professore di lettere della classe di Alessandro: un uomo che si emozionava durante le lezioni su Dante. Di lui lo scrittore ricorda l’ultima ora del sabato quando il professore portava in classe lo stereo portatile per fare ascoltare Beethoven, per condividere con gli alunni la sua passione. Per invogliarli alla lettura, prestava ( in un grande atto di fiducia) i propri libri personali, agli studenti che riteneva potessero apprezzare degli approfondimenti fuori programma.

alessandro d'avenia

L’essenziale è invisibile agli occhi

L’appello racconta le vicende di Omero Romeo, un professore di scienze divenuto cieco in età adulta a causa di una rara malattia. Dopo aver affrontato un pesante combattimento interiore, trova il coraggio di tornare a svolgere la professione, mettendosi in gioco pur con le mille difficoltà del caso. Nonostante la sofferenza per la situazione indesiderata nella quale è costretto a vivere, riesce a scoprire il punto d’aggancio giusto per entrare nel cuore dei suoi alunni.

Questo avviene attraverso un nuovo modo di fare l’appello: ogni alunno chiamato per nome, dovrà rispondere raccontando giornalmente un pezzetto della propria vita e condividendo il suo personale pensiero con il resto della classe, su un argomento a scelta dell’insegnante. Così facendo i ragazzi vengono alla luce, cioè riescono a farsi vedere anche da Omero che nel libro si esprime con queste parole:

Ognuno descrive ciò che vede in base a ciò che ha vissuto, crediamo di vedere tutti la stessa cosa, ma ognuno riconosce segnali che la sua storia seleziona tra i milioni possibili, e ne fa una narrazione diversa. Per questo mi piace ascoltare le descrizioni altrui: più che le cose descritte imparo i segreti di chi le guarda, perché le cose parlano solo a chi le porta dentro.

Alessandro D'Avenia

Una classe di ragazzi talmente mal assortiti che non si può non volergli bene

Con queste parole Patrizia, collaboratrice scolastica del liceo, amata da tutti gli studenti, descrive la classe nella quale il professore Romeo dovrà insegnare. Elena, Cesare, Achille, Stella, Oscar, Caterina, Ettore, Elisa, Mattia e Aurora sono gli alunni che compongono la V e che si dovranno approcciare alla maturità. Un gruppo difficile da gestire, segnato da vissuti problematici. Fino a quel momento i ragazzi avevano sperimentato relazioni fredde e formali, non solo con gli insegnati ma anche tra di loro.

Ognuno era immerso nel proprio individualismo, trovandosi costretto a dover condividere uno spazio ed un tempo della propria vita, con il resto del gruppo, trascurando l’affettività e la complicità tipica di questa età. Grazie all’intervento del loro insegnate, si scoprono fragili e forti allo stesso modo e riescono a comprendere che è solo prendendosi cura l’uno dell’altro che potranno crescere.

Il professore è cieco e gli allievi sono problematici, entrambi dovranno superare i propri limiti in un gioco in cui la debolezza del professore costringe i ragazzi a raccontare la propria storia come non hanno mai fatto, senza ingannare.

Si tolgono tutte le maschere e a sua volta Omero da queste vite riceve ciò che gli mancava. Il miracolo che accade è che queste due fragilità unite diventano una forza.

Alessandro D’Avenia

Alessandro D'Avenia

Dal libro al teatro

Successivamente alla pubblicazione del romanzo, nel dicembre dello scorso anno, è stato prodotto uno spettacolo teatrale del racconto del professore Omero e della sua classe, diretto a Gabriele Vacis. I protagonisti sono i giovani studenti della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino assieme a Lucia Corna, Letizia Russo, Giuseppe Saccotelli e Matteo Volpengo.

In particolare: Cesare è interpretato da Davide Antenucci; Stella da Lucrezia Forni; Caterina da Lucia Raffaella Mariani; Elisa da Eva Meskhi; Aurora da Erica Nava; Ettore da Davide Pascarella; Oscar da Edoardo Russo; Elena Kyara Russo; Mattia da Lorenzo Tombesi; Achille da Giacomo Zandonà. A dare voce al professore è lo stesso

Alessandro D’Avenia che sogna una scuola dove ogni mattina al momento dell’appello, gli insegnati ad occhi chiusi ascoltino le voci dei propri discenti.

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