Dai bidoni ai bicchieri in vetro: arte improvvisata?
Idealmente, si può realizzare buona musica da qualsiasi cosa. Esistono un’infinità di tipologie di strumenti che sfruttano i materiali più disparati: legno, pietra, ossa, tendini, pelli, acqua, semi e chi più ne ha più ne metta. Il più delle volte, è la capacità del materiale di emettere una vibrazione regolare nel tempo, a costituire motivo di preferenza per l’aspetto che ogni strumento musicale, nei secoli, ha acquisito.
Altre volte, oggetti inusuali o di tutti i giorni possono essere usati per far musica. Ad esempio, Trashbeatz, band belga nata nei primi 2000, porta in concerto strumenti musicali realizzati con la spazzatura, per sensibilizzazione ecologica. Oggi, però, vogliamo dare uno sguardo a un set di strumenti molto particolari, spesso realizzati direttamente con materiali di uso quotidiano: gli strumenti a vetro.
A quanti sarà capitato di passeggiare per una città turistica e incrociare un suonatore di bicchieri di vetro? L’insolito spettacolo stupisce, l’idea pare bizzarra e all’avanguardia. Nonostante dall’aspetto sembri uno strumento improvvisato, però, non è così. Le armoniche in vetro hanno una storia molto più lunga di quanto si potrebbe pensare.
Bicchieri persiani e armoniche di vetro
Il primo uso di cristallofoni (così si chiama la classe di strumenti musicali basati sulle vibrazioni di vetro o cristallo) si attesta in Persia, nel quattordicesimo secolo. Da qui, l’arte di suonare bicchieri si diffonde e allarga, fino all’invenzione, nel 1741, dell’arpa di vetro, o ‘organo angelico‘, per mano dell’irlandese, già virtuoso del bicchiere di cristallo, Richard Pockrich (personaggio bizzarro e affascinante, con una fantasia comparabile soltanto alla sua sfortuna).

L’arpa di vetro consiste semplicemente in una struttura che monta una serie di bicchieri congegnati in modo da restituire ciascuno una determinata nota se riempiti con la corretta quantità d’acqua e strofinati con un dito. Il principio di funzionamento è, banalmente, la frizione. La giusta frizione, perché con troppa acqua si crea un cuscinetto che non permette il contatto e la vibrazione, mentre con troppa poca le vibrazioni risultano irregolari ed interrotte.

Il povero Pockrich, dopo aver ottenuto un notevole successo con i suoi concerti per arpa di vetro, morirà in un incendio nel 1759, a Londra, dopo essersi esibito.
Giacete, muti e attutiti, o bicchieri armoniosi perduti
Senza più sorprese, serenamente, dorme, o fanciulle
Elegia funebre di Richard Pockrich
Benjamin Franklin entra nel ring

Il grande successo in ambito europeo dello strumento di Pockrich si inseriva in un filone artistico all’epoca molto in voga e fortemente contrapposto al romanticismo: l’Empfindsamkeit, uno stile compositivo basato su fluidità e pulizia musicale, assieme a rapidi cambi di tono, con un approccio fortemente emotivo alla stesura del testo musicale. In parte, il successo di Pockrich dipende anche dal terreno culturale estremamente favorevole che aveva trovato.
A Londra, mentre Richard Pockrich si esibiva, era presente uno dei più illustri personaggi dell’epoca: Benjamin Franklin. Come Pockrich inventore e personalità poliedrica, dopo aver assistito a una delle sue performance di arpa di vetro, decise che avrebbe potuto fare meglio.

Fu così che uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, grande scienziato, matematico e inventore, si dedicò a perfezionare la strumentazione musicale a vetro, inventando l’armonica a vetro.
L’obiettivo del nuovo design era realizzare uno strumento che non avesse bisogno di acqua nei bicchieri per produrre le note. Franklin, per metterlo a punto, lavorò con un soffiatore di vetro, Charles James, e nel 1962 uscì il primo, bizzarro modello di armonica a vetro.
L’armonica a vetro e la grande musica
L’armonica a vetro di Franklin funziona come un tornio, con coppe in vetro di diversa misura innestate nell’albero centrale, che ruota a velocità regolabile per facilitare il performer. Suonare l’armonica a vetro è come suonare un insolito pianoforte; la posizione delle mani è simile, e le dita scorrono alle note, ma senza che vi siano tasti. Una piccola variazione nella posizione della mano è in effetti una differenza nel suono dello strumento.

Sebbene la vita degli strumenti a vetro sia stata relativamente breve e siano stati riportati in auge solo in anni recenti, essi furono accolti con calore anche dai grandi nomi della musica da camera. Compositori del calibro di Mozart, Naumann e Beethoven hanno scritto musica (semisconosciuta) per l’armonica a vetro. Qui sotto, vi proponiamo proprio un adagio di Mozart, per la macchina di Franklin.
Piccola nota conclusiva: pare che ascoltare troppo a lungo l’armonica di vetro rischi di portare a depressione o vari gradi di devianza mentale, perché stimola troppo intensamente l’udito. Forse è meglio che la storia abbia tentato di seppellirla. Inoltre, accarezzare con le dita nude un vetro che ruota non è tra le attività più sicure che si possano svolgere in salotto.