Blanco, senza il bisogno di presentazioni
Spiegare ora chi sia Blanco credo sarebbe una puntualizzazione inutile, il ragazzo classe 2003 è in vetta a tutte le classifiche da ormai un anno a questa parte: un successo inaspettato, benché meno da lui stesso, che da delle canzoni scritte e registrate in cameretta si è trovato a collaborare con Salmo, Sfera Ebbasta, Mace, Greg Willen e Madame in una manciata di mesi di carriera.
Ora Blanco, al secolo Riccardo Fabbriconi, cavalcando l’onda dei suoi brani più ascoltati (‘La Canzone nostra’, ‘Mi fai impazzire‘, ‘Paraocchi’ e ‘Notti in bianco’) decide di consolidare il suo status attuale con un album, ‘Blu Celeste’.

Un album a 18 anni
Un progetto ambizioso, quello di spostarsi su un progetto così grande come un album ad appena diciotto anni con una così breve gavetta alle spalle: da un lato sembra una pura e semplice risposta a chi lo accusa di essere un “industry plant”, in breve un progetto diretto e scritto dall’etichetta discografica di cui l’artista diventa solo l’immagine, senza possibilità di creare qualcosa di veramente proprio.
Una critica che ha più volte smentito lo stesso artista, ma che continua a serpeggiare tra il suo pubblico: dunque è probabilmente un album crudo, in cui Blanco si mette a nudo, la miglior risposta possibile.
Un disco per rispondere alle critiche
Blanco è quindi un industry plant?
No. Sicuramente no.
La sola esistenza dell’album prova esattamente il contrario.
Il disco non è assolutamente prodotto né creato male, anzi, suona perfettamente e ogni traccia potrebbe tranquillamente essere passata in ogni radio nazionale.
E il problema è esattamente questo. ‘Blu Celeste’ non è molto di più di una raccolta dei singoli precedenti, contornati da altre canzoni che ricalcano perfettamente lo stile di questi.
Un disco che risulta superfluo, quaranta minuti di brani che ricalcano la stessa formula, dove non si spazia e dove si tenta molto poco per uscire dalla comfort zone.
Un’occasione sprecata
Squadra vincente non si cambia, è vero, ma stufa subito.
Volendo il più possibile rimanere fedeli all’identità dell’artista non sono presenti ospiti nell’album, se non una piccola eccezione per Greg Willen, produttore affiancato a Michelangelo (produttore di tutti i brani del cantante e di tutto il resto dell’album) per il terzo pezzo ‘Figli di Puttana‘.
Willen non dà un’enorme prestazione delle sue capacità, ma si limita molto rimanendo nella bolla del suono ben codificato dell’artista.

Sì una brillante promessa, ma dopo?
Ammetto ch,e da una parte, ammiri il coraggio di Blanco nel voler talmente tanto affermare se stesso da lanciarsi in un album com’è risultato essere ‘Blu Celeste’, dimostrando in un colpo solo chi sia realmente.
Ma tutt’ora non vedo l’utilizzo del suo potenziale.
Ovviamente questo non compromette in alcun modo gli assurdi numeri che sta raggiungendo, la mossa da lui compiuta sta comunque funzionando, ma citando un maestro come Arbasino…
In Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di ‘brillante promessa’ a quella di ‘solito stronzo’. Soltanto a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di ‘venerato maestro’
Alberto Arbasino, giornalista
Ed ho il timore che il bravissimo Blanco rimanga incagliato al secondo nome.
Un’ultima nota positiva
Voglio concludere non così negativamente: sono abbastanza certo che il buon Fabbriconi riuscirà, con il tempo, a dimostrarsi un’artista valido della ‘qualifica‘ di ‘venerato maestro‘.
Lungi da me dire quando. La speranza è che avvenga il prima possibile la sua apertura verso l’esterno più completa, in modo di avere uno spettro completo delle sue capacità.
Nutro quindi una sincera curiosità sui prossimi lavori dell’artista, non vedo l’ora di vedere in cosa potrà cimentarsi e ricostruire con la sua voce e la sua penna.
Sperando che quindi non si rinchiuda in se stesso e non continui una serie infinita di singoli monotematici con il suo fidato produttore Michelangelo, aspetto con ansia il prossimo lavoro.