Tell me about the Berlin Wall
Dal 1989 il mondo è cambiato. Una barriera crollata, un’idea caduta in disgrazia, tante informazioni, notizie e rivelazioni che prendono il volo e si diffondono nel mondo.

Il muro fisico è andato in frantumi, ma il muro culturale e sociale non ha risentito troppo della scossa. Approcciarsi alla Russia significa, anche oggi, approcciarsi ad un altro mondo. Come ben scriveva Dostoevskij:
Agli occhi dell’Europa, la Russia è come uno degli enigmi della Sfinge. Per l’Occidente è più facile scoprire il moto perpetuo che sviscerare lo spirito russo, il suo carattere e la sua natura
Fedor Dostoevskij
Tutti gli elementi culturali che ci troveremo davanti saranno intrisi e grondanti di spirito russo. Riconoscibili, sempre e comunque, nella loro appartenenza a un popolo che è così spesso mutato, ma non è mai cambiato.
A noi, però, interessano in particolare quegli aspetti del mondo musicale sui quali il partito ha deciso di mettere le mani, similmente a quanto accaduto in America e in Germania nei periodi pionieristici della propaganda.

Seguiteci con Muzyka i Vlast, nel rapporto fra musica e potere, per aprire la matrioska nascosta dietro la cortina di ferro. Buona Perestroika.
Metti un po’ di musica leggera che ho voglia di Soviet
Come in Germania, anche in Russia l’intervento statale era forte e presente, tanto per gli artisti quanto per i contenuti musicali, ma le limitazioni non erano fondate sull’arbitrarietà del pass ariano (non che questo le rendesse meno limitanti).
La musica doveva, se non glorificare il regime, quantomeno non contenere ‘influenze negative’ per il partito. Lo scriveva anche Lenin.
Ogni artista […] ha il diritto di creare liberamente secondo i suoi ideali, indipendentemente da tutto. Ma noi comunisti non possiamo stare con le mani in mano mentre il caos si diffonde
Vladimir Lenin, ‘O Kulture i Iskusstve’
Nella pratica, dopo la Rivoluzione, il mondo della musica russa conobbe uno sviluppo fortemente progressista. Ma a partire dal 1927, anno in cui Stalin riuscì ad espellere Trotsky dal partito, la stretta si serrò sulle influenze occidentali.
Il loro carattere borghese le rendeva inadeguate per il regime. In questo periodo, non essere allineati significava il più delle volte il confino, come accaduto al grande scrittore Solzenicyn.

L’Associazione dei Musicisti Contemporanei, di forte ispirazione occidentale, trovatasi senza più supporto economico, si sciolse. I frammenti rimasti si contendevano il campo con l’Associazione Russa di Musicisti Proletari, fortemente reazionaria.
Musica e comunismo, musica e proletariato
Il ritorno al classicismo portò alla creazione nel 1932 di un nuovo organo, l’Unione dei Compositori Sovietici. Il nuovo modello era costituito da semplicità compositiva e si incoraggiava un ritorno alla musica tradizionale russa, le cui origini si perdono nella notte dei tempi.

Necessità di Realismo Socialista, la corrente artistica ufficiale del partito fino al 1988, che mirava a rappresentare doglie e trionfi del proletariato nella lotta all’oppressione, esigevano che il nuovo canone si adeguasse al processo rivoluzionario.

Pierino e il lupo (Petya I Volk), composto proprio durante questi anni (1936) da Prokofiev, è una perfetta rappresentazione di questa ricerca. Composto per avvicinare i giovani alle sonorità di un’orchestra strumento per strumento, la metafora dell’opera è la rappresentazione del trionfo dell’uomo sulla natura, un forte elemento di propaganda dell’epoca.
Il giovane Peter, che con l’aiuto di un gatto ed altri animali del bosco intrappola un feroce lupo, è il modello proletario caparbio e sicuro di sé al quale le nuove generazioni dovevano ispirarsi.
La (breve) resurrezione delle avanguardie

Nel 1941 la Germania si lancia a testa bassa contro la Russia, in una mossa che i sovietici non si aspettavano. Le risorse economiche affluiscono improvvisamente verso il fronte e la propaganda capillare si allenta.
La musica, di conseguenza, respira nuovamente uno spirito d’avanguardia e si riapre al moderno e al modello occidentale. L’alleanza del partito con potenze occidentali tutt’altro che comuniste fa sì che per qualche tempo gli occhi del grande fratello si chiudano sul mondo della musica russo.
Presto, però, le cose vengono fatte tornare alla normalità. Nel 1946 Stalin incarica Andrei Zhdanov di reinstaurare le politiche precedenti alla guerra.
Le nuove generazioni di compositori (soprattutto classici) faticano a trovare uno spazio all’interno della scarna semplicità compositiva imposta dal realismo socialista e spesso le sonorità popolari diventavano protagoniste formali delle opere.
Muzyka I Vlast al tramonto: Kruschev contro Zhdanov
Kruschev, ultimo della linea di sangue. Con il disgelo, si sbloccano anche le strade ghiacciate della libertà musicale.
Lo Zhdanovismo viene lentamente decostruito, gli artisti allontanati dalla scena pubblica sono riabilitati. Una roccaforte classica e reazionale sopravvive, ma nasce parallela una scena ‘underground’.

Compositori sperimentali a partire dagli anni ’50 recuperano il terreno perduto e danno alla luce un caleidoscopio di nuovi approcci alla musica contemporanea.
La Playlist che segue è… un po’ lunga, ma immergiamoci almeno per un poco nella scena avanguardista del tardo Urss, con il primo brano: ‘la leggenda della valle di Araratsky‘, dell’orchestra Jazz di Vladimir Konovalov.
Un pezzo che risuona di tonalità Usa, domate dal dostoevskiano Spirito Russo.