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Peace of Mind

10 step verso la ‘Peace of Mind’, con Arya è una libidine!

Un viaggio introspettivo più che un'intervista

Un’opera d’arte tutta da esplorare…con Arya!

Arya
Arya

Arya è una voce fuori dal coro, di quelle che hanno poco a che fare col programma di Giordano ma tanto da condividere col significato artistico di tale espressione. La formula ‘fuori dal coro’ calza a pennello non soltanto per le sonorità peculiari e inesplorate della sua musica ma anche per il fatto che, concretamente, la sua carriera da solista più recente inizia proprio da una sorta di ‘uscita dal coro’. Entrata nel mondo della musica come cantante, poi corista nei tour di artisti come Venerus e Ghemon, Arya oggi ha la sua discografia, fatta di musica introspettiva e profonda, melodica e ritmica.

“So understanding that I’m just a soul, I’m walking my personal way creating my own journey and expressing in my truest self through my truest music! That’s my Peace of Mind”

“Quindi, comprendendo che sono soltanto un’anima, sto percorrendo il mio sentiero di vita personale creando il mio viaggio ed esprimendo il mio io più vero attraverso la mia musica più vera! Questa è la mia Peace of Mind”

Outro Feelings in Disguise, Arya

Sapete che non mi piace troppo etichettare la musica per generi, soprattutto in virtù del fatto che la contemporaneità musicale sfugge a qualunque tipo di categorizzazione, ma per rispetto nei confronti di chi ci tiene è giusto dire che, in giro per le lande del web, la musica di Arya è definita principalmente soul, hip hop e R&B. Io preferisco descriverla a modo mio e dunque vi introduco Arya come una voce poliedrica in grado di assumere tonalità più o meno spinte, armoniose, cattive o morbide.

I flow e le linee melodiche sono davvero sbalorditive, cavalcano rullanti e casse, scivolano su chitarre, trombe e flauti come un principiante che prova, invano, a pattinare sul ghiaccio. Il suo EP di esordio Peace of Mind, uscito il 22 Gennaio 2021, è un’opera d’arte tutta da esplorare, e noi abbiamo deciso di farlo direttamente con Arya in un’intervista. Linea allo stu…grave lapsus non siamo a Striscia la Notizia! Linea a Pietro e Arya và, già meglio.

La intro di Peace of Mind. Fin da subito parli di pace interiore e serenità, un’indagine introspettiva che si articolerà lungo tutto il proseguo del disco. A che punto sei nella tua vita con questa ricerca?

Penso innanzitutto che sia un percorso in costante evoluzione, ricco di cambiamenti e ripensamenti. Ci sono momenti in cui sento di esserci arrivata (a questa tanto aspirata ‘Peace of Mind’) ma dopo qualche secondo mi sembra di perderla in un attimo. Poi magari la recupero e nuovamente mi sfugge. In generale ho trovato un modo piuttosto efficace per ritrovarla, ossia cercare il motivo per cui l’ho persa. Se in passato ce l’avevo e adesso non ce l’ho più un motivo ci sarà, un fattore scatenante, un cambiamento. Insomma, come per molte cose nella vita, è come se fossi all’interno di un grande cerchio. E al suo interno mi considero sempre e comunque ‘work in progress’.

Seguendo dunque la tracklist, la seconda traccia di Peace of Mind s’intitola Blossoms. Il tema principale è quello di ‘sbocciare’, facendo venir fuori la propria personalità. Nella seconda strofa dici che non hai mai creduto in qualcosa che durasse a lungo, ma quindi quanto è importante per te, nella vita, avere fede in qualcosa?

Blossoms
Arya

Dunque fino a pochi anni fa, ossia nel periodo dell’adolescenza, non aveva alcuna importanza. Non mi consideravo una persona credente nel senso generale del termine, non soltanto dal punto di vista religioso. Non ho mai sentito questa necessità di credere in qualcosa ma con il tempo il mio approccio spirituale è cambiato, probabilmente andando di pari passo con la mia arte e la mia ricerca musicale.

Ad oggi sento di aver sviluppato un forte senso di connessione con l’universo, sono parte di qualcosa di infinitamente più grande di me ed è una consapevolezza a volte terrificante altre rilassante. Quando sono sotto un cielo stellato e mi sento così infinitamente piccola le emozioni si intrecciano, è una sensazione tanto bella quanto asfissiante. Credo che comunque, come si suol dire, ci sia ‘qualcosa di più grande’, non tanto identificabile con qualcosa di concreto o con una figura di riferimento. Per me è importante legarsi a questa vastità del tutto, è più un sentimento che una credenza.

Seguiamo lo switch di mood che fai con la terza traccia di Peace of Mind, intitolata Mad. L’attitudine si fa più spinta e decisa, ammicca all’underground e si percepisce la necessità di sfogare una rabbia interiore. È dedicata a qualcuno in particolare?

Una risata onesta e genuina precede il “si, è dedicata a qualcuno in particolare. Ma poi mentre la scrivevo si è estesa ad un gruppo di persone con le quali ho avuto a che fare negli ultimi anni. La persona in questione, per farla breve, lavorava in un locale in Italia, nel giro della musica soul e new soul. Ho avuto l’impressione che fosse la classica persona che s’improvvisa, ti fa credere di saper fare il suo lavoro mettendosi in una posizione di superiorità senza rendersi conto che dietro ai giochi di potere del ‘music business’ c’è molto altro.

Cioè se non ci fosse l’artista che mette il cuore e riversa la sua interiorità sulle note, non esisterebbe tutto il resto. Come dico nel ritornello:You thinking it’s a game we playing”, ma per noi artisti non è un gioco. È qualcosa di estremamente profondo e personale in cui le emozioni giocano un ruolo fondamentale. E noi cerchiamo di descriverle senza filtri e senza la paura di aprirsi completamente. Invece capita di imbattersi in persone che s’improvvisano del mestiere quando in realtà ne sanno poco o nulla.

Non percepiscono, o fanno finta di non farlo, questa dimensione intima di ricerca introspettiva. L’arte è sempre molto personale e nasce dall’esigenza di dare forma a pensieri e sentimenti, far finta che sia soltanto un business è sbagliato e soprattutto può fare molto male. Non mi è piaciuto il suo approccio e da quel momento mi sono accorta, spesso a posteriori, che tante altre persone facevano e continuano a comportarsi così. Dunque è nata per lui, ma assume sicuramente un significato più ampio e generale.

Proprio in virtù dell’attitudine vera e trasparente che riversi su basi spesso hip hop, volevo dirti che in alcuni tratti le tue rime e la tua fotta mi hanno ricordato Eminem. Quanto è stato d’ispirazione per te?

Eminem
Arya

Nella scrittura di Peace of Mind poco o nulla. Però ho ascoltato tantissimo la sua musica nel corso degli anni. Allora ci tengo a dire che io non mi reputo assolutamente una rapper, non faccio freestyle e non ho quel tipo di approccio. Io semplicemente scrivo e poi se capita che venga fuori una roba più vicina al rap non mi faccio tanti problemi.

Comunque, tornando alla domanda, sicuramente uno dei primi pezzi che ho imparato a rappare è stato ‘Lose Yourself’ di Eminem. Lui è un pazzo dal punto di vista metrico e ritmico quindi si, sicuramente l’ho ascoltato molto e la sua influenza artistica vive dentro me, ma non è stato di particolare ispirazione per la scrittura di Peace of Mind.

Un’altra cosa molto interessante di Peace of Mind è questa sorta di velo di consapevolezza individuale che ricopre le canzoni. Come dici nei tuoi versi, ognuno segue il sentiero della sua vita. Spesso però si affianca l’individualismo all’egoismo, forse sbagliando, tu cosa ne pensi?

Si, anch’io sono d’accordo che siano due cose diverse. Trallaltro questo discorso della consapevolezza individuale è vero, c’è, io stessa la ricerco. E cerco sempre di evitare il classico tono paternalistico che dice ‘questo è stato il mio percorso e ti consiglio di fare come me’. Proprio perché sono convinta che ognuno abbia la sua strada e il suo sentiero da seguire, con modalità, ostacoli e tempi diversi. Essere individualisti secondo me significa porre al centro della consapevolezza di sé la propria persona e non il proprio ego.

Perché forse la differenza è proprio questa, dall’eccessiva esaltazione dell’ego deriva l’egoismo. L’individualismo invece valorizza l’individuo a 360 gradi, includendo dunque coraggio, paure, pregi e difetti. Ultimamente mi sto impegnando molto per cercare di mettere me per prima, è stato uno dei propositi per il nuovo ultimo anno. Ci sto lavorando e anche quello è un work in progress. Per me è molto importante perché credo che sia uno step importante verso l’amore e la pace con se stessi.

Devo cercare in qualche modo di prendermi cura di me stessa e di apprezzarmi perché così facendo, tutto il resto viene di conseguenza. Come si dice spesso, se stai male con te stesso o te stessa non puoi far star bene gli altri e se non ti trovi in una condizione di equilibrio anche i tuoi rapporti con l’esterno non saranno equilibrati.

È una ricerca, un approccio verso se stessi che spesso va di pari passo con la solitudine. Peace of Mind dipinge la solitudine valorizzandola, anche perché la paura di ‘rimanere soli’ è diversa dalla solitudine. Tu cosa ne pensi?

Peace of Mind
Arya

Io sono una grandissima fan della solitudine e probabilmente dipende dal fatto che ho una vena molto nostalgica e per certi versi malinconica. Io mi trovo benissimo a stare da sola e non ho paura della solitudine, invece molte persone, spesso, ne sono spaventate. In questo periodo si parla molto di FOMO e di questa paura di non vivere una determinata situazione.

Succede spesso quando sei a casa mentre i tuoi amici si stanno divertendo chissà dove e tu ti rammarichi, spaventato, di non essere lì con loro. Io in realtà sto molto bene da sola, sicuramente è una cosa legata anche all’individualismo di cui parlavamo prima perché sto imparando a stare bene con me stessa. Sento la necessità di prendermi alcuni momenti per stare da sola, fare e pensare ciò che voglio.

E allora quale è la tua paura più grande?

Arya si esibisce in un ‘Urca!’ che descrive perfettamente la cattiveria sentimentale di questa domanda ma poi, nella sua piena umiltà e gentilezza risponde: “la mia paura più grande è quella di non lasciare un’impronta prima di andarmene. E non intendo al livello di fama e popolarità ma proprio dal punto di vista personale, la paura di non aver sfruttato la mia vita per fare qualcosa che rimanga. Mi basterebbe lasciare qualcosa alle persone più vicine, a quelle che ho incontrato. Quindi per farla breve, ho paura di essere passata senza aver lasciato nulla.

Molte delle canzoni di Peace of Mind, per la carica emotiva che hanno, sembrano scritte per strada. Mi immagino tu che cammini per strada con queste basi molto hip hop nelle cuffie. Ma tralasciando il mio svarione, qual è il tuo pensatoio, dove scrivi di solito i tuoi testi?

Allora in parte è vero quello che dici tu perché spesso quando cammino per strada mi vengono in mente melodie o stralci di testo che immediatamente registro o appunto sul telefono. Un altro luogo molto ispirante per me sono i mezzi pubblici, lì scrivo spesso. Poi la fase successiva, quando elaboro e metto insieme i vari pezzi, solitamente avviene a casa. Peace of Mind l’ho scritto quasi interamente in camera mia, a casa dei miei. Quindi si, c’è una prima fase di produzione esterna e poi però la recollection avviene in un ambiente sicuro, come appunto camera mia.

Siamo arrivati all’ultima traccia di Peace of Mind, intitolata Feeling in Disguise. La linea tematica principale sembra essere la natura camaleontica dell’essere umano, cioè la costante successione di maschere che indossiamo nella collettività. Tu hai accettato questa tua, che poi sarebbe di tutti, natura camaleontica?

Feelings in disguise
Arya

La sto accettando. Sto imparando ad apprezzare tutti i lati di me e tutte le mie sfaccettature. Peace of Mind è un po’ una fotografia di questo, di Arya in tanti momenti e circostanze della sua vita. Il tema principale di ‘Feeling in Disguise‘ è il mio rapporto con i social media. In un mondo in cui è così semplice e immediato condividere tutto con tutti, ci tenevo a preservare la mia essenza più intima, tenerla stretta per me. Ho imparato nel tempo che non mi conviene disperdere le energie e soprattutto i sentimenti più veri e profondi in qua e là, preferisco tenerli per me e farli venire fuori con l’arte, la musica, la scrittura.

Perché i testi in inglese? C’entrano le figure di suono sicuramente più facili da intrecciare?

Da un punto di vista ritmico, metrico e di sonorità sicuramente è una lingua che aiuta tanto. In realtà il motivo preciso per cui scrivo in inglese non lo so neanche io, mi viene spontaneo. Ho sempre ascoltato tanta musica in inglese, americana e britannica, quindi il mio orecchio si è abituato. Anche perché in Italia sono ben pochi quelli che fanno la musica che faccio io, quindi vado spesso a pescare all’estero.

Al di là questo credo che sia proprio una questione di ‘feeling con la lingua’. Quando parlo e sento parlare in inglese mi sento a casa. È una sensazione che provo spesso quando vado a Londra ad esempio, essere circondata da persone che parlano inglese mi rende felice e mi fa sentire a casa. Nonostante questo ho scritto alcuni pezzi in italiano perché comunque ne sentivo la necessità, anche se ancora non sono usciti. Ci sto lavorando e credo che sia importante mettersi in gioco buttandosi su cose meno immediate ma comunque importanti.

Venerus
Arya e Venerus

Al di là dell’emozione di esibirsi cantando la propria musica, com’è stato fare la corista nei tour di Ghemon e Venerus? Si crea un rapporto di amicizia tra artisti quando si collabora per valorizzare la stessa opera musicale?

Sicuramente. Poi io sono stata fortunata -anche se alla fine è stata una mia scelta- perché ho seguito come corista artisti che già mi piacevano quindi non ho avuto difficoltà ad entrare in relazione con la loro musica, la ascoltavo e la apprezzavo già precedentemente.

È ovvio che si crei un forte rapporto di amicizia e complicità, anche perché fare cori è molto più difficile di quello che si possa pensare. Con Ghemon lo è stato ancor di più perché eravamo due coriste quindi era più complesso dal punto di vista vocale, il risultato è stato comunque super soddisfacente. Ci deve essere una connessione, è importante conoscersi bene, dal punto di vista musicale e umano. Un saluto ad entrambi e a tutti gli amici di Where Magic Happens!

Guarda l’intervista completa

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