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La situazione mondiale porta il desiderio di “dare nuova vita” attraverso il vintage
La pandemia mondiale che stiamo combattendo, non senza sforzi, negli ultimi due anni sembra aver modificato non solo il nostro stile di vita, ma anche il nostro modo di pensare. Possiamo suddividere il nostro lifestyle in due periodi storici: Avanti Covid-19 e Dopo Covid-19. Anche la moda è stata fortemente influenzata dalla pandemia sotto svariati punti di vista e, in particolare, nel “dare nuova vita” a capi vintage precedentemente utilizzati, godendo del magico sapore di ciò che ha una storia da raccontare.
Qual è la causa morale del nostro cambiamento?
La domanda è: come mai questo cambiamento non è avvenuto prima d’ora? La risposta non è immediata, ma è facilmente individuabile se si analizza il mutamento a livello globale nel quale ognuno di noi sta facendo la sua parte. Siamo più consapevoli del mondo che ci circonda, di cosa accade, di ciò che ci danneggia e di ciò che, invece, ci appaga. Sembriamo tutti più inclini a fare del bene.
La dannosità del fast fashion e la riscoperta dell’usato
Sappiamo da sempre che il fast fashion porta altissimi livelli di inquinamento a livello globale. Eppure, solo oggi, percepiamo questo fatto come intaccante nelle nostre vite. La soluzione? Il vintage. Questo termine inflazionato appartenente al vocabolario della moda assume spesso significati poco chiari. “Ho uno stile vintage”, “il mio look di oggi è vintage”, “ho comprato al mercatino questo capo vintage per pochi spiccioli”. Questo stile non si traduce in un maglione infeltrito o in una giacca economica: è molto di più.

Questa nicchia ha una storia tutta sua
Il termine vintage deriva dal francese antico vendenge (dalla parola latina vindemia, cioè vendemmia), che a sua volta indica i vini d’annata di pregio. Con questo termine si indicano capi che vantano alle spalle almeno 20 anni, prodotti con materiali di qualità e che hanno segnato lo stile dell’epoca a cui risalgono, rendendoli pezzi di inestimabile pregio e valore. Un capo vintage è un vero e proprio pezzo di storia, da non confondere con il semplice usato. La curiosità verso questo misterioso mondo o, meglio, verso questa “nicchia” del mondo della moda sembra essere esponenzialmente cresciuta.
La caccia sul web e le vintage boutique
Il tempo che abbiamo passato chiusi tra le nostre pareti domestiche sembra aver regalato ai fashion addicted lo spazio da ritagliare per “cacciare” sul web capi introvabili. Siti web come Vinted, Depop o Vestiaire Collective, già esistenti in precedenza, hanno aumentato nettamente il loro numero di iscritti negli ultimi due anni. Anche numerose boutique vintage hanno ben pensato di imporsi sul web, aprendo e-commerce e pagine social.
Lampoo e il vintage di lusso
Un esempio è Lampoo, Il marketplace online con sede a Milano, operativo livello globale con una rete di utenti e collezionisti appassionati di firme lussuose, con una positiva attenzione per la moda circolare. Enrico Trombini, fondatore di Lampoo descrive in tal modo l’obiettivo del marketplace:
“vogliamo innescare un ciclo positivo e continuo, grazie al quale i prodotti di abbigliamento possano mantenere il più alto livello di utilizzo nel tempo, riducendo lo spreco e preservando le risorse naturali.
L’industria tessile è tra le più inquinanti al mondo, Nel nostro piccolo, vogliamo favorire la nascita di un nuovo movimento, una community composta da persone che approcciano la moda in modo più coscienzioso e sostenibile.”
Enrico Trombini, fondatore di Lampoo

Un’esperienza di acquisto dedicata alla scoperta

Con la riapertura della vita urbana, pertanto, la curiosità nei confronti di questo lato della moda finora quasi inesplorato, è sfociata nel divertimento di aggirarsi per negozi vintage scoprendo aree delle proprie città mai visitate.
”Sicuramente, l’aumento dell’interesse [per il vintage] sta crescendo e questa crescita è diventata più forte con la pandemia del Covid-19″, osserva Marie Blanchet, la fondatrice di Mon Vintage, store di vintage di lusso online.
“Il nostro patrimonio, le nostre radici, il nostro pianeta, la storia e la qualità sono sempre più essenziali per le persone”.
Marie Blanchet, fondatrice di Mon Vintage
La speranza è che la curiosità continui ad accrescere e che in futuro, il numero di chi preferisce riportare i capi alla luce piuttosto che barattarli con nuovi vestiti di scarso valore, aumenti a vista d’occhio.
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