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viaggio felicità

Viaggio di sola andata. 1a destinazione? La felicità

Tra serie tv e docu-film per riscoprire tutto il bello che (forse) ci stiamo perdendo

Ordine, progresso e…regresso

Ci hanno insegnato che la vita è dura, che al giorno d’oggi è sempre più difficile trovare lavoro e che lo stesso lavoro non sarà mai quello dei tuoi sogni. Il posto fisso? Un ‘posto in paradiso’ e se riesci a raggiungerlo ogni tua preoccupazione terrena sparirà magicamente. Tutto normale, prendere o lasciare.

Adulti, giovani adulti, generazione z. Tutti alla ricerca di quell’elemento essenziale nella trama di quel film che è la propria vita: la felicità, pura e semplice, liscia e non corretta. Non pervenuta, per alcuni, messa da parte per altri. Addirittura scambiata per qualcos’altro: la macchina nuova, l’ultimo modello di smartphone, la foto in giro con gli amici.

Vogliono che tu obbedisca, che tu sia una pecora come loro sono pecore. Macchina obbediente e indiscussa. Siediti quando ti viene detto di sederti, alzati quando ti viene detto di stare in piedi. Vogliono che rinunci alla tua umanità, alla tua autonomia per uno stipendio, una stella d’oro, una TV più grande. L’unico modo per essere umani, l’unico modo per essere liberi, è ribellarsi

Ted Kaczynski (Paul Bettany) nella serie tv ‘Manhunt: Unabomber’

Ma come si raggiunge questa felicità? E’ solo la monotonia quotidiana ad allontanarci progressivamente da essa, o c’è dell’altro? In quest’articolo sicuramente non troveremo la ricetta miracolosa. Piuttosto, una serie di spunti interessanti che cinema e serie tv sanno fornirci, e ai quali potremmo dare attenzione per arricchirci ulteriormente.

Dall’Alaska a Panama su uno scuolabus

Spedizione felicità serie tv in viaggio

Se c’è una cosa che film e serie tv ci hanno insegnato, è che il modo migliore per fuggire via sia viaggiare. Un viaggio spirituale oltre che fisico, una sorta di allontanamento, per aprire nuovi orizzonti, per conoscere le cose aldilà del nostro quotidiano. Il classico “mollo tutto e cambio vita”.

Ci sono infiniti modi per viaggiare: a piedi, due ruote, quattro ruote, rotaie, aereo. C’è chi decide di viaggiare per trovare una nuova vita, una nuova casa, un nuovo ‘posto nel mondo’. E c‘è chi decide di viaggiare a bordo della propria casa: un autobus trasformato in un loft!

Mettete insieme un cineasta, una musicista, un cane e un autobus scolastico del 1996. Coordinate sul gps? Felicità! Si chiamano Felix Starck e Selima Taibi (con il loro cane Rudi) la giovane e folle coppia tedesca che ha deciso di intraprendere un viaggio incredibile dall’Alaska al Sud America. La loro avventura è stata documentata ed è possibile seguirla su Netflix nel docu-film ‘Spedizione felicità’.

Due viaggiatori (e sognatori) alternativi

Il progetto è stato un vero e proprio salto nel vuoto: l’autobus è stato acquistato per 9.500 dollari online, vedendolo solo in foto. La coppia di certo non era estranea ad avventure originali: già nel 2014 Felix (grande appassionato di viaggi in bicicletta) aveva deciso di pedalare per 18.000 chilometri, visitando 22 nazioni in 365 giorni e riprendendo il suo epico viaggio traendone un documentario (che nel 2015 è diventato il più popolare in Germania). Selima, in quel caso, ne aveva composto la colonna sonora con il nome d’arte ‘Mogli’.

Così, nel 2016, la giovane coppia ha fatto una scelta di vita apparentemente folle: stanchi della vita da grande città (vivevano a Berlino) sembravano non riuscire a trovare ‘il posto adatto’. Quel posto adatto che si è rivelato essere meno fisso e più dinamico di quel che ci si sarebbero mai potuti aspettare.

Non trovavamo un posto adatto, così ci siamo chiesti: perché restare a Berlino? Perché stare in Germania? e infine, perché stare fissi in un unico posto? …Non sapevamo se saremmo riusciti nella nostra impresa, ma sapevamo che sarebbe stata sicuramente una grande esperienza.

Felix e Selima
spedizione felicità, protagonisti
Felix e Selima

Per sempre…finchè ne abbiamo voglia

La storia di questa giovane coppia di viaggiatori dimostra che “mollare tutto e partirenon deve essere per forza per sempre. A volte basta fare un lungo viaggio lontano dalle proprie abitudini per provare emozioni incredibili e indimenticabili.

Un docu-film per persone intraprendenti, che avrebbero sempre voluto provare cose nuove, per le quali le mille paure e preoccupazioni (soldi? Lavoro? certezze?) li hanno sempre tenuti con un piede sull’uscio di casa, senza mai attraversare completamente quella porta.

Un percorso, da seguire sul piccolo schermo, della durata di 1 ora e mezza, durante il quale potremmo scoprire che viaggiare è davvero soltanto una questione di priorità, nient’altro. E’ che a volte bisognerebbe essere più positivi, fare di più e preoccuparsi di meno. Se non siamo felici di qualcosa, abbiamo il potere e il doverle di poterla cambiare, commettendo anche errori che verranno sempre ricordati, ma mai rimpianti.

L’idea è molto originale, tutto molto bello e anche romantico. Ma se volessimo avere anche una buona dose di follia e divertimento nel nostro viaggio?

Jack Whitehall: Travels with my father

Jack whiteall Travels with my father serie tv

Il re della stand up comedy inglese Jack Whiteall ha ideato un racconto di viaggio davvero fuori dal comune che Netflix ha deciso di produrre come serie tv originale. ‘Jack Whitehall: Travels with my father’ è una serie tv che va ben oltre la semplice serie pensata per chi ama viaggiare. Si tratta infatti di un prodotto che rappresenta un ibrido fra una docu-serie ambientata nel Sud Est asiatico e una comedy a tutti gli effetti.

Jack Whitehall in UK è una vera celebrità: classe ’88, è uno degli stand up comedian più apprezzati e seguiti di tutto il panorama del Regno Unito. I suoi spettacoli di stand up comedy sono seguitissimi e puntualmente da sold-out. Qualcuno ricorderà Jack anche per la partecipazione a due famose serie comedy britanniche, ‘Fresh Meat‘ e ‘Good Omens‘.

Il miglior anno sabbatico della mia vita

L’idea di base dello show è tanto semplice quanto originale e interessante: Jack si prende un anno sabbatico lontano dagli impegni quotidiani per spendere del tempo con il padre, l’anziano Michael, affermato produttore teatrale (77 anni quando è stata girata la serie, nel 2017).

Lui un gentleman inglese vecchio stampo, dal carattere freddo e riservato, l’altro un comico frizzante ed energico: la strana coppia ha tutti i presupposti per vivere un viaggio indimenticabile nel Sud Est asiatico, per rafforzare un rapporto che non è mai stato troppo stretto né affettuoso e per scoprire ovviamente posti mai visti prima. In alcuni casi, infatti, le ambientazioni scelte da Whitehall sono davvero molto insolite e lontane dai tipici documentari, e ciò rende il tutto più fresco e intrigante.

Una divertente docu-comedy in Asia

La serie ci mostra da un lato la parte documentaristica, nella quale la simpatica voce di Jack presenta posti esotici e affascinanti della Cambogia, del Vietnam e della Thailandia; dall’altro le fasi puramente comedy, caratterizzate dal continuo punzecchiamento di Jack nei confronti del padre, dal quale tenterà di far uscire fuori la vena più allegra e festaiola. I risultati sono davvero molto divertenti: tra strani templi, donne che curano le persone prendendole a schiaffi in faccia e mezzi di trasporto molto particolari, sarà riuscito Jack a convincere il padre a farsi fare un tatuaggio?

‘Jack Withehall: Travels with my father’ è una serie leggera, fresca ed originale, sia per chi vuol farsi quattro risate spensierate sia per chi cerca un buon documentario fuori dal comune. E, dopo aver guardato i sei episodi della prima stagione (30 min circa ciascuno) sarà difficile non voler continuare a seguire tutte le altre (5 in totale).

La bellezza di “vivere con i piedi per terra”

vivere con i piedi per terra

Tutti conosciamo l’espressione “vivere con i piedi per terra“, spesso considerata una vera e propria esortazione ad abbandonare i sogni e i propri ideali per tornare alla triste e dura realtà. Soprattutto quando il mondo materialista e frenetico mette al bando fantasia e libertà, ricordandoci che la spiritualità è roba da film.

La verità è che forse siamo così circondati da social alienanti, tecnologia e digitalizzazione in ogni aspetto della nostra vita che tornare a vivere con i piedi per terra risulterebbe molto più complicato di quel che potrebbe sembrare (o forse addirittura irraggiungibile).

Possiamo allora dare un nuovo significato a questo semplice modo di dire: un grande obiettivo, una sfida da raggiungere, seguendo e incoraggiando quel lato sognante di noi. La via per riconnetterci alla natura, alle cose semplici e fondamentali. Una docu-serie è riuscita a rivoluzionare quest’espressione, invitandoci metaforicamente a togliere scarpe e calzini per camminare scalzi (e liberi). Il tutto con un presentatore d’eccezione.

Natura e sostenibilità in giro per il mondo

Il titolo originale è ‘Down to Earth with Zac Efron’ (‘Zac Efron: con i piedi per terra’), una docu-serie targata Netflix del 2020 che vale la pena recuperare. Mettiamo da parte ‘High School Musical’: il nostro Zac dimostra una maturità non indifferente in questa serie itinerante in compagnia dell’esperto di wellness Darin Olien. Da una strana coppia all’altra, insomma, e il risultato sembra ugualmente funzionare.

Soprattutto per due personaggi che potrebbero sembrare in antitesi: da un lato Olien, esperto di salute e autore del libro ‘Superlife’, che affronta il viaggio con un certo background ed atteggiamento più consapevole; dall’altro Zac Efron e quella gran voglia di scoperta e di rinascita (in cui potremmo tranquillamente immedesimarci) unita a quel desiderio di voler “aprire la mente” e riflettere su errori del passato ( lo stesso Zac confessa un passato da gran consumatore di proteine e un presente definito stressante).

Francia, Porto Rico, Londra, Islanda, Costa Rica, Perù, Sardegna. Un viaggio meraviglioso in giro per il mondo, alla scoperta di usanze e modi di fare a contatto con la natura. Ogni tappa un pretesto per ammirare luoghi lontani, tra vulcani, coltivazioni spontanee, antiche tradizioni culinarie e centrali energetiche basate su risorse rinnovabili. Ed anche un modo per porsi delle domande e indurci a riflettere: le comunità più attente alla sostenibilità vengono scoperte nei luoghi più lontani e propongono il loro concetto di ‘progresso’ in senso più ecologico, sano e naturale.

Il viaggio come vera esperienza

Zac Efron: con i piedi per terra  serie tv

‘Zac Efron: con i piedi per terra’ è a tutti gli effetti una docu-serie per chi vuole scoprire un modo alternativo (e forse migliore?) per stare in un mondo sempre più frenetico. Il suo punto di forza è sicuramente il fascino dei luoghi visitati, oltre allo spirito avventuroso con cui i protagonisti affrontano le diverse esperienze.

Un modo per tornare al viaggio come pura esperienza di vita, un’occasione per aprire i propri orizzonti in una serie leggera e gradevole da gustare in otto episodi su Netflix.

E se l’elemento ‘viaggio’ da solo non dovesse bastarci, ci sono 2 amici che hanno deciso di spingersi ancora oltre. Il loro budget? 1 dollaro!

Vivere con un dollaro al giorno

C’è chi pensa a come poter affrontare la dura giornata di lavoro che lo aspetta il giorno dopo, e chi ha l’ansia del lunedì dopo il weekend. C’è l’indecisione sull’ultimo modello da comprare, sulla pizza o il sushi e sulla casa al mare. E c’è chi pensa ad inventarsi un modo per arrivare semplicemente a vedere l’alba e il tramonto del giorno dopo.

Per molti di noi (me compreso) vivere con 1 dollaro al giorno sarebbe una cosa letteralmente impensabile. Non per tutti è così, non lo è per Chris Temple e Zach Ingrasci, due studenti americani iscritti al secondo anno della facoltà di economia. I due ragazzi sono rimasti tanto colpiti dai dati relativi ai loro studi sulla povertà in diverse parti del mondo da decidere di sperimentarla sulla loro pelle. E’ nato così ‘Vivere con un dollaro al giorno’ (‘Living on one dollar’), un documentario girato in Guatemala, dove una persona su due vive potendo spendere solo un dollaro al giorno!

Una vacanza alternativa in Guatemala

vivere con un dollaro al giorno

Tutto è nato nel 2010 quando, durante le vacanze estive, Chris e Zach si sono recati a Pena Blanca, un piccolo villaggio rurale del Guatemala. Accompagnati da una piccola troupe cinematografica composta da altri due studenti, hanno trascorso due mesi in condizioni di assoluta povertà cercando, proprio come gli altri abitanti del villaggio, un modo per sopravvivere giorno dopo giorno.

Sapevamo che non saremmo stati comunque in grado di vivere in uno stato di vera povertà, ma eravamo convinti che sarebbe stato importante raccontare e condividere le storie di quelle persone

Niente roba da isola dei famosi e reality affini: scordiamoci letti, lenzuola e acqua corrente. Menù fisso a base di fagioli, riso e banane, per un totale di 800 calorie al giorno. Servizio in camera all-inclusive compresi gli assalti di pulci durante la notte. E non sono mancate attività giornaliere, una fra tutte la lotta contro le infezioni.

Questi -un tempo benestanti- ospiti sono riusciti a farsi accettare dalla comunità locale, toccando con mano le realtà più difficili ed intervistando le persone più povere.

Con il materiale raccolto, i due ragazzi hanno aperto un video-blog, che ha ottenuto un grande successo (oltre 600mila visualizzazioni su Youtube). E’ stato proprio questo successo a spingerli a realizzare un vero e proprio documentario, prodotto da Jeff Klein, ex general manager del ‘Los Angeles Times‘, e Mike Lang, ex CEO di Miramax.

In una situazione estrema come quella presentata, c’è sempre posto per speranza e motivazione, quella che ha portato i due ragazzi a superare difficoltà inimmaginabili, a stretto contatto con persone nuove, diverse, con poco da dare ma tanto da offrire.

Siamo sempre lì, spostandoci dal tanto al poco. Le due facce della medaglia, i cui sguardi non riusciranno mai ad incrociarsi. In fondo, c’è chi ha tutto e c’è chi ha niente. O forse no? Se esistesse qualcuno che nel tutto si sentisse vuoto?

Qual’è il vero valore delle cose?

Ryan era pieno di soldi, con un lussuoso appartamento, una bella automobile, vestiti di sartoria, l’ultimo smartphone e qualsiasi cosa acquistabile. Stipendio da capogiro e quella sensazione di pienezza ricolma di vuoto. Pieno di cose, ma senza felicità, anche quella facile, quella suggerita con un semplice click da Amazon.

Joshua invece, dopo la perdita della madre, si era reso conto di quanto quella donna fosse legata al passato, tanto da esser finita a viverci all’interno: aveva decine di oggetti conservati in casa, decorazioni, perfino set di tazze e bicchieri, alcuni mai utilizzati. Tante cose a rappresentare un vissuto-non vissuto. Joshua aveva così deciso di regalare o vendere tutto, buttando ciò che era inutilizzabile o senza valore. Da quel momento in poi decise di cambiare radicalmente la sua visione della vita, e con essa quella del suo amico Ryan: i due sono diventati, infatti, i fondatori del ‘Less is more’.

Quando e cos’è il Minimalismo?

minimalismo: il meno è ora

Dopo il grande successo del movimento minimalista come stile di vita e il documentario Netflix del 2016 ‘Minimalism: A documentary about the important things’, i due amici, Ryan Nicodemus e Joshua Fields Millburn tornano su Netflix con ‘Minimalismo: il meno è ora’, un nuovo e interessantissimo documentario per approfondire alcuni concetti riguardo al loro modo di vedere il mondo, le piccole cose e la felicità.

Con una durata di 53 minuti, i due ragazzi (amici da sempre) raccontano la loro storia: i vissuti di un’infanzia difficile tra povertà, genitori assenti o tossicodipendenti, l’inizio della loro carriera che li ha portati a diventare uomini d’affari ricchi e benestanti. E poi il punto di non ritorno, di stravolgimento delle loro esistenze.

Tutto ciò che credi sia importante, non lo è

Minimalismo: il meno è ora’ riesce ad introdurci in maniera semplice ed immediata al suo concetto fondamentale. Il minimalismo non è una visione francescana sul buttare via tutto, spogliarsi di ogni cosa e farsi bastare un pasto caldo e un paio di jeans. Né tantomeno spinge a rifiutare i piaceri terreni della vita. Piuttosto staccarsi da tutte le cianfrusaglie inutili per dare più spazio al ‘materiale’ affettivo. Quel possedere solo ciò che aggiunge valore alla nostra vita.

E’ facile illuderci che desiderio e appagamento possano essere “la causa di” e “la soluzione” a tutti i mali. Materialismo e consumismo, shopping sfrenato con acquisti compulsivi e quel carrello online che amplifica e moltiplica gli effetti di una medicina semplicemente inadatta. I nostri reali bisogni emotivi e psicologici sono ben altri.

Come si può arrivare, quindi, a raggiungere e godere i piaceri della vita (talvolta diversi da quelli che siamo abituati a pensare) imboccando strade diverse? Forse facendo spazio nella nostra vita per poterci schiarire le idee e per riuscire a concentrarci su dubbi reali. “Perché avevo bisogno di tutte queste cose?” Un viaggio minimal in un documentario che ci lascerà esplorare la nostra vita con un nuovo punto di vista.

Se ti dimentichi di averlo, non ti serve più

Tratto da ‘Minimalismo: il meno è ora’

La comicità non ha confini!

Torniamo nuovamente in viaggio, stavolta con l’obiettivo di alleggerire un po’ l’atmosfera. Per questa serie, infatti, ci sarà davvero da ridere! La leggenda della Tv ‘late night’ Conan O’Brien ci porta in giro per il mondo in una docu-serie Netflix dal titolo ‘Conan without borders’ davvero divertente e stimolante.

Conan O’Brien ha lanciato nel 2015 la sua interpretazione umoristica del format dello spettacolo di viaggio, quando ha visitato Cuba. Poi, nel 2017, ha visitato il Messico in risposta ai tentativi di Donald Trump di costruire un muro tra i due paesi. Da allora ci ha preso gusto, girando per la serie ‘Conan Without Borders’. Le tappe? Corea, Haiti, Israele, Armenia e ancora Giappone, Australia, Groenlandia, Ghana e persino Italia.

Conan fornisce uno sguardo irriverente agli aspetti culturali più bizzarri di ogni paese che visita. Tutto fatto in tono gentile, con quello stile autoironico che lo caratterizza, e che gli permette di prendere in giro gli altri senza sembrare mai crudele o di cattivo gusto. Lo show sembra esser fatto su misura per il suo talento.

Sebbene “Conan Without Borders” sia una serie davvero divertente, lascia comunque spazio alla riflessione quando tocca problemi seri: il conflitto arabo/israeliano in Israele, le discussioni con le folle problematiche ad Haiti. Un giusto equilibrio tra l’informare il pubblico e divertirsi, da gustare in episodi da 40 min l’uno.

La ricetta segreta esiste?

Minimalismo, sostenibilità, natura e viaggi, rapporti vecchi e nuovi, orizzonti sempre più vasti. La ricetta per vivere felici sembra passare attraverso questi ingredienti, e tutti desiderano conoscerla. Negli ultimi anni siamo stati costretti a restringere le nostre relazioni, la nostra socialità e a limitare il nostro lavoro. Tutto ciò ci ha dato la possibilità di passare più tempo con noi stessi e con le nostre domande, riconsiderando la nostra quotidianità e le piccole gioie. Un viaggio dentro noi stessi, per riscoprire anche il valore del tempo.

Attraverso i social abbiamo sempre visto cosa accade nella vita degli altri, quella che ai nostri occhi appare sempre più bella rispetto alla nostra. Adesso possiamo permetterci di non dover apparire agli altri e come gli altri. Possiamo permetterci di non dover competere con amici e conoscenti sacrificando noi stessi per motivazioni inutili.

Il passo in più forse è davvero da fare con i piedi per terra, a piedi nudi e liberi, per cercare di avvicinarci all’irraggiungibile. Cos’è per me la felicità? E’ dare una pulita al quotidiano e rimettersi in gioco. Ascoltare noi stessi, chiederci cosa ci piace, cosa ci fa stare male, e poi tentare di raggiungere il primo ed evitare il secondo. Avventurarsi in questo viaggio unico, interminabile, e soprattutto nostro.

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