Murakami, Tòru e la palude

È un periodo strano. Il mondo è tornato a correre da un po’ e io con lui. La mia continua ricerca di calma persiste. Mi tocca uscire a camminare la mattina presto e la sera tardi per incrociare il minor numero di gente possibile e godermi questo angolo di mondo in solitudine. Ho bisogno di farlo per uscire temporaneamente dalla palude. Già, è come se salissi su un albero nel bel mezzo di una palude. L’ambiente circostante di certo non cambia ma il punto di vista si, la prospettiva. Mi sento come Keating in piedi sulla cattedra.
Io vivevo alla giornata, senza quasi mai sollevare la testa. Quella sconfinata palude era l’unica cosa che si rifletteva nei miei occhi. Procedevo mettendo a terra il piede destro, sollevando il sinistro, mettendolo a terra, e così via. Non sapevo dove mi trovavo, e niente mi diceva che la direzione verso la quale mi muovevo fosse quella giusta. Ma siccome non potevo restare bloccato lì per sempre, un passo alla volta, mi spostavo
Norwegian Wood, Haruki Murakami
Quando scendo e torno in palude non sono solo. C’è vento: è l’aria smossa dalla gente che mi sfreccia di fianco. Tutti corrono nella stessa direzione, qualcuno nel verso opposto ma essendo in spaventosa minoranza finisce sempre per essere calpestato dalla mandria. Io avanzo lentamente. Sono in qualche modo costretto a farlo: le mie gambe, verosimilmente, sprofondano nella melma e devo faticare per tirare fuori un piede dopo l’altro. A dire la verità non so come facciano tutti gli altri a correre, ma ormai ho smesso di chiedermelo. Corre anche Silent Bob che è uscito questa notte con l’album ‘Piove Ancora’.
Silent Bob, un salto ‘da 0 a 100’

È una musica che apparentemente segue la direzione della mandria ma qualcosa mi ha colpito: Silent Bob prende consapevolezza della palude. La descrive, seppur di sfuggita, procede a testa alta. O almeno ci prova. Non è facile perché si accorge di quanto sia triste e melmosa ma in fondo c’è abituato: fa parte di quei corridori che sfrecciano in solitudine da tempo, per necessità virtù. Quanto sono tristi i gruppetti di runners?
Piove ancora inizia con ‘da 0 a 100’. Silent Bob si presenta senza filtri, mette a nudo la sua storia partendo dall’inizio: un bambino timido cresce sommerso dal silenzio, pochi gli amici. La situazione peggiora quando suo padre se ne va di casa, Silent Bob non ne capisce il motivo e la rabbia lo spinge lontano, alla ricerca di situazioni migliori e figure di riferimento.
La narrazione autobiografia è raccontata dal Silent Bob di adesso, nel pieno di un’esplosione artistica che lo sta portando ‘da 0 a 100’. Le ferite restano aperte, come le linee melodiche dopo la prima strofa. Il timbro basso e grattato si alza seguendo un flauto dolce che completa una base di Sick Budd triste ma speranzosa.
Un riscatto, una luce, una speranza

La seconda canzone di ‘Piove ancora’ che mi ha colpito è la quinta traccia, intitolata ‘Baci di giuda’. È un altro racconto in rima autobiografico di Silent Bob, ma stavolta ha come protagonisti gli amici stretti e i conoscenti del rapper milanese. Le storie di strada non suonano di certo nuove, tra ‘fra in galera’, ‘blitz e pacchi in auto’. Eppure, in questa ripetitività tematica c’ho trovato una dialettica interessante, un dialogo interiore tra la sensibilità di Silent Bob e questa cruda realtà che descrive.
“Mi godo il tramonto da una panca in Piazza Nuova
Aspettando la notte, aspettando che la pazzia esploda”
Baci di Giuda, Silent Bob
È evidente dall’intonazione e dal lessico (usa espressioni come ‘trappola’, ‘libertà fittizia’ e ‘topi schiacciati’) che l’obiettivo di ‘Piove Ancora’ non sia usare questo pretesto criminale per atteggiarsi da gangster. Silent Bob trasmette dolore e differenza, un ciclo auto-rinforzante di disperazione che nutre le anime più sovversive della periferia. Io qui ci sento una voglia travolgente di riscatto, una sensibilità repressa dalla rabbia e la verità trasparente sputata in rima. Ci sento l’hip hop, assonanza bilabiale con Silent Bob.
Real fanboy, c’ho pure la felpa!
E poi, in questa quinta traccia di ‘Piove Ancora’, c’è un featuring importante che risveglia il mio animo da fanboy. Il ritornello è cantato da Drast degli Psicologi e puntualmente i brividi di freddo delle ore 6, mentre avanzo su questo asfalto vuoto ed esponenzialmente schiarito dal sole che sorge, si uniscono a quelli da pelle d’oca.
“La notte qua porta consiglio, non porta fortuna
Spero solo che arrivi il sole in quella stanza chiusa
Perché, quando arriva la fine, non chiede mai scusa
Perché, quando il fondo è tuo amico, nessuno ti aiuta”
Baci di Giuda, Drast
Drast segue gli archi del ritornello con linee melodiche intime e nostalgiche, ampliando il tema della disperazione con immagini più casalinghe ed accessibili ai più. L’attitudine psicologica è mesta, la denuncia sociale di situazioni difficili permane. Questo ritornello da una marcia in più ad una canzone che funge da spalla per chiunque avesse bisogno di soffrire provando empatia. Della musica di Silent Bob apprezzo questa peculiarità: trasformare storie crude di strada in emozioni accessibili ai più, con la consapevolezza di una realtà difficile che sfocia in una musica profonda e sentita.
Fuga dalla realtà, la tempesta come costante

Anche la settima traccia di Piove Ancora, che da il titolo al disco, prosegue sulla linea tematica dell’abbandono esistenziale. Un testo apparentemente spocchioso e superficiale, tra fiumi d’alcol e culi che si muovono, nasconde la sofferenza di Silent Bob. Chiaramente stanco di una realtà che lo ha tradito e sfiancato più volte, prova a distrarsi con la ‘voglia di alcol e figa’. Per carità, un binomio senz’altro efficace ma che di certo non risolve i problemi sul lungo termine.
Il ritornello di ‘Piove ancora’ ce lo conferma: Silent Bob aspetta invano ‘che la tempesta passi’, vive nella ‘same shit’ di sempre tra la paura di incontrare ‘un’altra che non lo capirà’. Conserva la fotta di chi si è rialzato talmente tante volte che ormai non cade più (?). Forse è un‘iperbole.
Sick Budd, in ogni caso, ha sfornato un’altra produzione mastodontica. Note alte di pianoforte magicamente prolungate da acuti di chitarra elettrica, una coppia che scoppia definitivamente quando entra il ‘boom bap’ delle strofe.
Il punto d’incontro tra due opposti
L’undicesima traccia di ‘Piove ancora’ è la più bella del disco. S’intitola ‘Me vs. Me’ e le doti artistiche di Silent Bob esplodono in tutto il loro potenziale. La penna del rapper di Barona si sdoppia: l’io parla con sé stesso, due parti della stessa persona dialogano in rima. È un flusso di coscienza, una riflessione interiore colta che mi lascia senza fiato. Due personalità quasi opposte si confrontano sullo stesso tema: la vita del ragazzo che hanno in pugno. Una biforcazione d’identità che, nel corso della canzone, assume diversi significati metaforici: la coscienza contro l’incoscienza, la sobrietà contro l’alterazione psico-fisica, la sensibilità che si scontra con l’attitudine sovversiva.
Dovresti curare il tuo aspetto
Per me conta più quello che hai dentro
Si, ma il fatto è che dentro sei marcio
Perché ho chiuso il passato nel petto
Allontani sempre chi ti ama
Forse perché ho paura non credi?
Stare solo è quello che ti meriti
Così sia, pensi mi freghi?
Me vs. Me, Silent Bob
La rabbia minaccia e travolge le restanti emozioni, volersi bene o desiderare soltanto la propria morte? Me vs me tocca corde estremamente delicate dell’arpa che suona dentro me. Scuote e ravviva il punto d’incontro tra due opposti. Mi sdraio nell’erba ancora fradicia, l’alba è bianca e azzurra. Silent Bob, forse inconsciamente, ha dato voce all’ago della bilancia, a quella terza personalità che prende consapevolezza dello scontro riflessivo tra due opposti.
L’acceso scambio di opinioni di sé si estende per tutta la canzone grazie alla tecnica sublime di Silent Bob. Un tono più acuto e impetuoso risponde a quello più calmo e grave. L’autocritica è alle stelle, Sick Budd fa un lavoro incredibile alla produzione. Chapeau, arte.
The end of games

Dopo questa batosta psicologica c’è ‘Come il Mondo’, la dodicesima traccia di Piove Ancora. È molto interessante la metafora tra la condizione critica e precaria del mondo e quella della vita di Silent Bob. Così come la maggior parte delle persone se ne sbatte dei cambiamenti climatici e del declino del pianeta Terra, Silent Bob si abbandona agli eventi vitali con rassegnazione.
La sua vita ‘fa schifo come il mondo’, si chiude in casa se fuori c’è il sole consolandosi con qualche birra, e con le basi di Sick Budd. Mi sento di consigliarvi anche ‘9×19’, la penultima traccia del disco: Silent Bob+Speranza=manata in faccia.