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Nayt

Doom di Nayt, gli altri rapper chiudono i battenti tra 3,2,1

Oppure vanno a lezione di rime, metrica e poesia, magari da Nayt

Alle 6 è ancora notte, passo e chiudo

doom
Artwork di ‘Doom’

Suona la sveglia, ore 6. Mi alzo a fatica. La testa ancora attaccata ai sogni, non vorrebbe staccarsene e mi chiede una tregua. Non gliela do. Apro la finestra, nudo, il freddo mi lacera ogni parte del corpo. È ancora buio, mi sporgo sul davanzale alla ricerca del sole ma ancora non una piccola luce ha il coraggio di affacciarsi sul nero.

È uscito Doom, l’album di Nayt. Mi vesto con quello che trovo in giro per la camera, controllo con ansia che le cuffiette siano cariche (è andata bene) ed esco fuori.

Sulla strada non c’è un’ anima viva, è notte, la luna splende insieme alle stelle emettendo una luce che si sta preparando ad uscire di scena. Sarà respinta ben presto da quella del sole. Si respira freschezza, anticipo e filosofia.

La prima dell’album s’intitola Doom, proprio come il disco. Nayt ci dà subito dentro. Schiaccio play che mi sono da poco incamminato sulla salita davanti casa. La camminata inizia, la musica parte, si va in scena.

Un’atmosfera paralizzante

Ad entrare è una melodia che mi sorprende. Non tanto per la sua natura malinconica e poetica, che mi aspettavo da questo nuovo album di Nayt, quanto più per la calzante perfezione con la quale s’inserisce tra le mie sensazioni.
4 giri di riff, questa chitarra sembra il suono di un’ambulanza ovattato, smorzato e distribuito sul pentagramma.

È dolce e triste, trasmette un forte senso di speranza. Entra Nayt. Nel giro di due versi le mie gambe si arrestano, quasi involontariamente. Sarebbe impossibile continuare a camminare.

“Delle volte nello specchio mi vedo secco e troppo basso
Tu continui a dimagrire, ma ti senti un botto grassa
Un colpo d’ansia, fuori a nessuno va di ascolta’ la tua vita
Non credono alla mia riuscita, cercherò una via d’uscita
Mi è successo di pensare di ammazzarmi


Mi chiedevo se non lo faccio per me oppure per gli altri
Penso non sia tanto triste, che succeda a tutti quanti
E che dire certe cose ad alta voce è un passo avanti
Forse è giusto interrogarsi, condividere i dettagli
Tu mi fai troppa paura a volte per come mi guardi


È normale che se ti senti sempre solo, a furia di sentirti dire ‘non sei solo’ un po’ ti stanchi”

Doom, Nayt

Ormai mi muovo con Nayt, nel giro di qualche secondo sono già entrato nella canzone e non voglio perdermi neanche una sfumatura. Nayt parla di sé. E non vorrei aggiungere altro perché parla di sé come ben pochi rapper avrebbero le palle di fare. Non parla di sé, né ‘con’ né ‘attraverso’: parla di sé punto e basta. C’è subito un parallelismo tra la percezione che ha della sua immagine riflessa nello specchio e quella che la ragazza a cui si rivolgerà spesso nel corso dell’album ha della propria.

Nayt+3D=fiamme d’Australia

Nayt

Autocritica, stizza e insicurezza descrivono i pensieri più intimi di Nayt, quelli più difficili e crudi da condividere con qualcuno. Poi improvvisamente la melodia s’interrompe e riparte con un’intensità sonora esponenziale. È qui che Nayt cambia flow, sale verso note più alte e allunga le vocali, distende la voce rendendola ancor più soave per descrivere se stesso attraverso le parole della ragazza.

È solo l’inizio. Quando il riff di chitarra torna sull’intensità iniziale, Nayt smette di cantare e con un urlo smorzato e rinchiuso (‘musica!’) lascia partire una delle basi più straordinarie che abbia mai sentito.

3D, produttore di fiducia che lo accompagna nel suo percorso musicale da un po’ di anni, aggiunge alla chitarra un basso incredibilmente carico e nubiloso. Inizialmente Nayt lo dipinge con la sua voce, con una ‘o’ chiusa prolungata e armoniosa per poi lasciar spazio ad una sorta di flauto all’ennesima potenza, trionfale e colmo di emotività. È a questo punto che torno a camminare. È adesso in momento in cui i brividi si fanno talmente intensi da accendere il motore della mia cinetica.

Il rap arriva forte, salve sig. Giocoliere

La seconda traccia di Doom, intitolata ‘Cose che non vuoi sentirti dire‘, entra con un piano che mi ricorda quello di ‘Giornate vuote’. Non a caso la produzione è di Gemitaiz. Nayt entra sulla prima strofa con un’attitudine diversa dalla prima traccia, ora la sua attenzione si sposta sul mondo esterno, descritto sempre con la sensibilità di chi vive ricercando costantemente una certa profondità. La prima parte della strofa scorre sull‘assolo di piano, ma nella seconda si inserisce un bass drum legnoso e vecchio, rilassante e leggero, impattante e opaco, ovattato.

Nayt non condivide la concezione di amore che gira tra le opinioni comuni, non apprezza le attitudini diffuse nella scena e preferisce mantenere pura la sua chiave di lettura della realtà, esterna ed interna a sé.

“Fuori c’è un mondo folle, non farmici stare
Il flow fa magie astrali, suona’ è meglio di farmaci strani
Ho fatto qualche sciocchezza ieri, ma già sai
La pancia aveva troppa fame, adesso mangia assai, mhm
Tu sbagli e poi ti senti in colpa per sentirti buono


Cambi se inizi a sentirti solo
Penso al perdono e poi alla pace che può conferire
Ma dispiacersi non è uguale a non ferire”

Cose che non vuoi sentirti dire, Nayt

Nel ritornello si rivolge nuovamente alla ragazza, con un tono romantico e nostalgico che aumenta l’effetto sorpresa della seconda strofa. Qui la base inizia a viaggiare su bpm più elevati, il rap arriva forte e Nayt si diverte con le rime e gli incastri come un giocoliere che manipola con destrezza svariati oggetti. Lo sguardo critico sul mondo si acutizza, vengono descritti gli atteggiamenti di ‘mostri pronti a dirti cose ideali’ e a metterti di fronte a scelte unilaterali. Finisci così per crogiolarti in una solitudine che forse non volevi, fissando un’immagine nello specchio che sfuma la percezione che hai di te.

Fratè

La spinta avventurosa della partenza

La quinta traccia di Doom (la terza e la quarta sono due singoli già usciti in precedenza, meritano l’ascolto e s’inseriscono perfettamente nella tracklist) s’intitola ‘(partenza)’ ed è una delle più sorprendenti; vediamo perché. Nella intro si sente una persona (ipoteticamente Nayt) che sale in macchina e parte, verso dove?

A quanto pare verso una dimensione riflessiva e interiorizzata, che si allontana dalla realtà per entrare nell’atmosfera avventurosa del viaggio.

“Ti dirò quello che penso a costo

Di sembrare presuntuoso anche se è l’opposto

Viaggio low cost perché è il mio habitat

Scrivo di più se è scomodo il posto

Ho un estraneo accanto e penso che un po’ lo conosco”

(partenza), Nayt

È qui che Nayt trova l’ ispirazione, dove la lontananza sforna dosi di nostalgia e il sentimento del tempo assume sfumature esotiche nella distanza. Nayt osserva tutto con distacco materiale ma non emotivo, dalla ragazza sola alle ricchezze effimere, dall’esasperata e diffusa attitudine di strada all’ansia di non arrivare al cuore delle persone con le sue rime. Poi entra qualcosa di veramente inaspettato che mi lascia sbigottito: il silenzio. Dal minuto 1:30 al minuto 4:30 solo il silenzio riempie la canzone. Letteralmente il silenzio.

Ragazzi aiutatemi, il comune mi spia!

Questo silenzio è interpretabile come assenza, di Nayt per le altre persone o delle altre persone per Nayt. Ma potrebbe intendersi anche come nullità del tutto o totalità del nulla. Uno stacco di riflessione interiore colta o semplicemente una condizione talmente difficile da recuperare nella quotidianità che finisce per stupire nella sua banale rivelazione. Ormai ho fatto qualche centinaio di metri e il buio di fronte a me continua. Succede qualcosa di altrettanto inaspettato. Come se l’ambiente circostante percepisse la mia spiritualità, i lampioni si spengono.

Razionalmente, il comune avrà sancito un orario in cui interrompere l’illuminazione notturna in vista del buongiorno. Inconsciamente, questa coincidenza mi scaraventa in un momento talmente intimo e singolare che resto immobile durante tutto l’arco di questi 3 minuti.

Non una macchina, non una persona, non una finestra, non un animale, nessun rumore intorno a me. Lascio scorrere il silenzio senza percepire il tempo, esco da me stesso e mi vedo in terza persona. Improvvisamente mi rendo conto che questo silenzio sia l’espressione più pura della dialettica vitale, un lasso di vuoto nel quale confluiscono passato e futuro, paure e ambizioni, sofferenze e soddisfazioni.

In bilico tra Jessie Pinkman e un Kinder Pinguì

Instagram

È soltanto al minuto 4:30 che qualcosa spezza bruscamente questo silenzio. È una passeggiata filosofica? M’immagino i due protagonisti di questo dialogo dialogo immersi in un pomeriggio di primavera, su di un sentiero sdrucciolo e grigio polvere.

Il cielo è una distesa di Napisan, il verde è un mucchio sfumato di libertà. A voi l’ascolto. Il continuo di ‘(partenza)’ è ‘(arrivo?)’, la decima traccia di Doom. Nayt decide di completare (?) l’esplorazione sentimentale del viaggio. È poesia. È pura poesia.

Io scoppio in lacrime mentre un’eruzione vulcanica tinge d’incandescenza un’alba mozzafiato. Sarò sincero, non ho più voglia di cercare le parole per descrivere questa traccia di Doom. È così perfetta, lessicalmente e musicalmente, che l’essenza dell’avventura si annida dentro me, mentre il rosso del cielo scalda i 5 gradi percepiti.

Mi alzo da terra come Jessie strafatto di eroina? O mi sciolgo e penetro nel sottosuolo come un Kinder Pinguì lasciato alla mercé dei raggi ultravioletti? Difficile dirlo, ma passo indubbiamente ad un’altra dimensione (sarà colpa delle quinta stagione di Rick e Morty?)

È la canoa di Robert Baden-Powell

‘Collane’, sesta traccia di Doom, potrebbe essere il manifesto del nuovo futurismo musicale. Le ossa di Marinetti, ormai sotto terra da un po’ di anni, scrocchiano come le dita di chi si annoia. È hip hop signori, è la pura e storica essenza del rap calata nell’attualità. Due strofe e un ritornello per insegnare a tutti cosa significhi remare controcorrente nel 2021.

La consapevolezza di Nayt regala perle di saggezza sulla ricchezza materiale. Il rapper d’Isernia s’inserisce e si riconosce all’interno di una corsa al denaro dalla quale è impossibile sfuggire, una trappola del progresso che assume le sembianze di una bolla delicata che non scoppia mai.

Desiderare i soldi per avere il sostegno altrui o desiderare il sostegno altrui per avere i soldi? Alla fine tutto ruota intorno al denaro, no? Beh, anche se impulsivamente mi verrebbe da rispondere con un pulitissimo e secchissimo ‘no’, mi rendo conto che una tale risposta peccherebbe malamente di coscienza collettiva.

La realtà è questa: le nostre vite dipendono dal denaro. Che tu ne abbia tantissimo, pochissimo, troppo o troppo poco, ci sarà sempre almeno una ragione sociale per la quale esso assumerà un’importanza chiave nella tua esistenza. Ma come ci lascia intendere Nayt, prendere consapevolezza di ciò non significa lasciarsi andare nella corrente senza avere una canoa sotto le chiappe.

Filosofia portami via, prima che sia troppo tardi

amore
Nayt

Porsi domande e cercarne le relative risposte, preservare e allenare lo sguardo critico, inserire la propria esistenza all’interno di una dialettica tra umiltà e ambizione. L’elasticità mentale fa letteratura, poesia e arte. Fa rap, fa musica. Due strofe metricamente impetuose sulle quali Nayt si getta nel vuoto intellettuale dei tempi correnti per riempirlo con immagini poetiche altrettanto attuali. Una base libidinosamente e deliziosamente hip hop di Frenetik&Orang3 farcita da uno dei ritornelli più belli di Doom, a mio parere, per le linee melodiche e per il trasporto lessicale.

“Resto fuori, resto fuori, dove sei

Non metto gioielli, resto con i miei

Tu sei una collana che io indosserei

Tra uno schiaffo e un bacio voglio entrambi da te

Sognavamo di volare liberi

Volevo partire, ora non vado più via”

Collane, Nayt

Sono ancora qua, a volteggiare sotto l’aurora come un bambino che si allontana da casa per scoprire il fascino dell’ignoto. Settima e ottava traccia di Doom (‘Tuttok’ e ‘Sopresa’). A Nayt piacciono le melodie di chitarra. Nayt è innamorato e parla di amore con profondità, sofferenza e trasporto romantico. Esterna insicurezza, paura e sazietà dinamica. Nayt prende a pugni, dunque, la debolezza e la sensibilità che contraddistinguono le mie recenti giornate.

Dietro Mixtape c’è un ventenne in tempesta

Abbiate pazienza, anch’io sono umano. Il vuoto che prima riempiva lo stomaco, adesso, è salito fino in cima, dalla pancia al cervello. Mi sono fermato qualche minuto per provare a recuperare il filo del discorso rincorrendo l’ispirazione ma non ce la faccio proprio più. Ora la distanza e la solitudine tornano a fare un male cane.

Ho ascoltato le ultime tre tracce (‘OPSS’, ‘Da zero’ e ‘Ultima confessione’) abbuiando l’analisi e lasciando attaccata soltanto la spina del ‘qui ed ora’. Ho ballato e ho corso fino a dimenticarmi chi fossi, ne avevo bisogno.

Non posso far altro che consigliarvi vivamente l’ascolto di Doom. Quello di Nayt è un rap senza tregua emotiva. Tra lessico flessibile, cuore aperto, pensieri spogliati, metrica, incastri e linee melodiche c’è una costante per certi versi sfiancante: la libidine inarrestabile. A mani basse, Doom, è l’album dell’anno.

Ma che senso ha dirlo? Che senso avrebbe paragonarlo ad altra musica? Doom fa parte di un percorso unico e tutto da assaporare, quello di Nayt. Ora sta a voi scoprirlo!

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