Patti Smith Robert Mapplethorpe

L’ amore tra 2 ragazzini: Patti Smith e Robert Mapplethorpe

Quel amour!? Viaggio nell’universo dei due artisti

di Emanuela La Mela

Patti Smith, la sacerdotessa maudite del rock

Patti Smith
Patti Smith live

La nostra storia inizia molto prima dell’incontro con Robert Mapplethorpe.

Nevica forte quando lunedì 30 dicembre 1946 Patti Smith viene al mondo nel North Side di Chicago, sotto il nome di Patricia Lee Smith. La sua è una famiglia devota che le tramanda l’amore per la preghiera, dalla quale deriverà il carattere altamente somigliante a delle orazioni rock.

Patti e la famiglia si sposteranno in Pennsylvania, negli alloggi-baracche destinati alle Forze armate, trascorrendo l’infanzia a raccogliere lucciole per farne anelli, a intrecciare collane di margherite e a giocare a Un due tre stella.

Sin da piccola, impressionata da una preghiera volta a richiedere a Dio la salvezza dell’anima, sorveglia quest’ultima durante la notte, perché teme che possa fuggire via durante il sonno. Stanca delle solite preghiere, decide di idearne di nuove, scrivendole personalmente, così da esprimere ciò che proviene dal profondo del suo spirito.

Già da questo periodo potremmo ricondurre la genesi nascosta della ‘sacerdotessa del rock’. Amante della poesia francese, ne trarrà ispirazione per le sue canzoni.

“L’arte canta di Dio, e a lui appartiene in ultima istanza”

Patti Smith, ‘Just Kids’, 2010

Robert Mapplethorpe, l’esteta sacro e maledetto

Robert Mapplethorpe nasce nel Queens il 4 novembre del 1946, da una famiglia cattolica di origini irlandesi. Cresciuto in un ambiente domestico severo e ordinato, passa la sua adolescenza a Floral Park, Long Island. Monelleria ed estetismo farciranno la sua giovinezza. Fotografo celebre per aver ritratto artisti del calibro di Andy Warhol, Amanda Lear e la stessa Patti Smith fra il 1970 e il 1973, immortala la sottocultura omosessuale nella New York degli anni Sessanta e Settanta.

Esteta per vocazione, da piccolo amava costruire collane di perline indiane per la madre, oltre che dipingere soggetti astratti. Il sacro presenzia anche la vita di Robert: la madre lo vuole chierichetto e Mapplethorpe soddisfa tale desiderio, accedendo ai luoghi della chiesa per un mero interesse estetico. Il sacro e il provocatorio si mescolano nella vita di Bob, tant’è che durante la prima comunione indossa una fascia al braccio richiamandosi ad Arthur Rimbaud e un grande papillon à la Baudelaire.

Descritto da Patti Smith come un essere emotivo, la sua giovinezza trascorre tra LSD, marijuana e speed. Morirà a Boston il 9 marzo 1989, stroncato dall’AIDS.

L’ancora di salvezza: un affetto inconsueto

Patti Smith e Ropert Mapplethorpe
Patti Smith e Robert Mapplethorpe, 1970

Due individualità forti e un’arte sacra e dissacra al contempo, che fa irruzione da tutte le parti. Patti Smith e Robert Mapplethorpe vengono immortalati dalla storia come una delle coppie più affascinanti e popolari del mondo della musica e dell’arte in genere.

Un amore da ragazzini, puro, sincero, ascetico, un’amicizia sentimentale. Legati da un destino che ha riservato loro tanta bellezza e sofferenza, dimostrano di trarre forza e linfa vitale l’uno dall’altro.

Percorrono una vita intera uniti, anche quando intraprendono altre vie d’amore e professionali. Un patto di sorveglianza speciale rende unico il loro rapporto: Patti era solita vegliare su Robert quand’egli era sotto Lsd e Robert rappresentava un faro nella notte per Patti, quando sopraggiungevano momenti di tristezza e depressione per la vita o la preoccupazione per la figlia.

Galeotta fu quella collana persiana

Non si sono mai definiti una coppia, non lo erano. Non erano neanche due classici amici, qualcosa di speciale li legava. È l’estate di ‘Crystal Ship’ e della morte di John Coltrane, alla Libreria Brentano entra un uomo in camicia bianca e cravatta, è Robert Mapplethorpe, che acquista una collana persiana, la preferita di Patti Smith, che lavora lì. È il 1967 quando avviene quello che la ‘sacerdotessa del rock‘ definisce un incontro fortuito che rivoluzionò la sua vita. A pochi giorni di distanza, Bob riappare, salvandola da un incontro obbligato con uno scrittore di fantascienza. Fanno una passeggiata nell’East Village, mano nella mano: da quel giorno saranno inseparabili, perfino nei momenti di sconforto e depressione.

Ad accomunarli è il fatto di non avere un tetto sopra la testa. Robert la invita a dormire a casa dell’ex coinquilino, a Brooklyn, dove si addormenteranno abbracciati. Successivamente si trasferiscono al 160 di Hall Street, per ottanta dollari al mese, in un appartamento che arredano con tappeti persiani e ritratti di Gesù e della Madonna presi nella notte tra i rifiuti. Rimbaud, Édith Piaf, Bob Dylan e John Lennon popolano l’appartamento. Un affetto navigato ascoltando Joan Baez e Tim Buckley. C’è anche del tormento per il futuro, soprattutto per Robert, mentre Patti si gode più la spensieratezza giovanile.

“Non avevamo soldi a sufficienza per andare ai concerti o al cinema o per comprare nuovi dischi, ma facevamo suonare e risuonare quelli che già possedevamo”

Patti Smith, ‘Just Kids’, 2010

Bonny e Clyde, i tarocchi e Pier Paolo Pasolini

La prima notte, Bob regala a Patti quella collana persiana acquistata alla libreria Brentano, che lei tanto ama. Un amore mistico, Mapplethorpe sosteneva che loro due fossero il matto e lo zingaro dei tarocchi. Arriva anche il classico appuntamento romantico al cinema, a vedere ‘Bonny e Clyde’, film che fece piangere Robert. La locandina recita: “Sono giovani. Innamorati. Rapinano banche”.

Una storia costellata da incantesimi visivi e letture di Blake. Sono come dei ragazzini e anche i loro litigi lo sono. e sullo sfondo, gli anni di Jean Cocteau e di Pier Paolo Pasolini, tanto amati da Patti Smith.

Legati da ogni cosa, questo amore si riversa in tutti gli ambiti e in tutti gli anfratti della loro vita: Patti sente la necessità di essere fotografata da Bob per la copertina di ‘Horses’, scattata in quell’appartamento di Sam Wagstaff sulla 1-Quinta Avenue, dove c’è un triangolo di luce creato dall’ombra proiettata dalla finestra angolare.

Ad allontanarla da Mapplethorpe sarà la conoscenza con Howie. Patti diviene meno sincera e si rivede nella sofferenza di Frida Kahlo. Dopo un viaggio a Parigi, si rende conto che il suo legame con Bob è inscindibile.

‘Just Kids’, il testamento dell’amore sacro

‘Just kids’ è l’opera che cristallizza la liaison tra la ‘sacerdotessa del rock’ e Robert Mapplethorpe. Scritto da Patti Smith e pubblicato nel 2010, è un libro di memorie nel quale l’artista racconta la sua giovinezza, la nascita della figlia – nata nella ricorrenza del bombardamento di Guernica – e ripercorre il suo vissuto a New York con Bob. Ritroviamo nel testo la genesi della nuova vita della ragazza di Chicago, prima di trasferirsi nella Grande Mela, dove adorerà ascoltare ‘Strawberry Fields’ al jukebox con un quarto di dollaro. La narrazione procede con il profetico incontro con Bob, ragazzo che mantiene un certo alone di mistero sulla sua giovinezza e sui suoi affetti familiari.

È un’estate afosa e paranoica per Patti, in lotta per la ricerca di un lavoro, un alloggio e del cibo per sfamarsi. In quel periodo, Robert si lascia abbracciare dall’Lsd, mentre Patti sogna di diventare una poetessa, trovando rifugio nella letteratura del diciannovesimo secolo. La sua vita verrà segnata per sempre, non proverà più quella solitudine che tanto la assaliva in passato, perché Bob sarà sempre e comunque accanto a lei. 

Chelsea Hotel, il tempio dell’epilogo

Chelsea hotel
Chelsea Hotel, New York

L’ultima tappa del viaggio di passione tra i due artisti è il Chelsea Hotel. Nel 1969, i due rimediano, per cinquantacinque dollari a settimana, la stanza più piccola, la 1017, per poi traslocare alla 204. Patti stringe amicizia col suo maestro Allen Ginsberg, mentre assiste Bob, già malato di Aids. In seguito, vivono temporaneamente in un loft pieno di luce per la loro creatività. Giunge l’inizio della separazione, quando Bob si innamora di un ragazzo, mentre Patti diviene l’amante di Sam Shepard, pur continuando a recarsi nella stanza di Mapplethorpe per accudirlo.

Vivranno, in ogni modo, l’uno accanto all’altro, svolgendo le proprie vite. Patti inizia a frequentare il mondo degli artisti, ma sente ancora su di sé il sapore di un’acerba commessa di libri. Non è ancora consapevole della divina poetessa rock che sta per diventare e sogna di essere una poetessa, più che una cantante.

Patti e Robert non riusciranno proprio a separarsi, incontrandosi anche solo nei pensieri, nelle intime polaroid che scattavano di consueto.

Il giorno in cui Mapplethorpe si spegne, Patti si adagia sulla sedia e ascolta la ‘Tosca’, con il libretto dell’opera in mano. Indubbiamente, ‘vissero d’arte’, ‘vissero d’amore’.

Un amore punk, che fa a pugni con la bellezza e le difficoltà della miseria da vivere nella Grande Mela di fine anni Sessanta.

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