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Trentasette anni, di origine napoletana, laureata in Lingue e letterature straniere, Antonella Riccio è anima, cuore, vita di Gglamour, anzi è Gglamour. Profilo Instagram da quasi 140k, un negozio in centro a Sarzana di grande successo e tanto altro.
E come dice lei, nel frattempo: “Ho vissuto sette vite”. Ma prima di essere la donna e madre (di Santiago) razionale di oggi – seppur spesso agisca ancora d’impeto – , ha percorso da testa calda la sua gioventù. Altrimenti da ragazza non si sarebbe diretta a Milano, prima di finire gli studi, per coronare il sogno di quand’era bambina.
Una vera e propria ‘pazzia’?
“Avevo 21 anni e per un anno e mezzo sono stata un’assistente di volo. Ero sempre in viaggio, nelle tratte lunghe fra Messico, Kenia e Maldive, ho visto posti bellissimi, ma alla fine mi ero annoiata e invidiavo le amiche e il loro aperitivo con lo sguardo sul golfo di Napoli”.
Comunque, dopo quell’esperienza, ha lavorato per alcune associazioni, distribuiva le carte, lei che non aveva mai neanche giocato a Scala quaranta, però poi ha mollato per finire gli esami. A quel punto si è trasferita a Palma di Maiorca ed è diventata pr nelle discoteche, lavorando in un grosso villaggio turistico.

Eri già una group leader e amavi il contatto col pubblico?
“Il carisma non mi mancava, per sei anni ho vissuto lì le mie estati, con il mio compagno, poi d’inverno a Madrid, dove ero la responsabile di una catena di pizzerie siciliane. Tutto quello che guadagnavamo, lo spendevamo in viaggi e divertimento. Tranne gli ultimi tempi”.
Ma perché a Sarzana?
“Due delle dieci persone con cui condividevamo la casa nella capitale spagnola erano proprio di quella cittadina. Per questo l’ho preferita a Massa, città del mio compagno. Prima di aprire il mio negozio fisico, lavoravo attraverso Asos, un portale che spediva solo in Inghilterra e Spagna, comprando vestiti su Facebook che rivendevo in Italia. Parlo del lontano 2009”.
Come è nato il brand Gglamour?
“Agli albori di Instagram ho aperto la mia pagina. Era il 2010 e la crescita dei follower è stata graduale. All’inizio non c’era molta concorrenza, al top c’erano solo Ferragni, Biasi e poche altre. Ho collaborato con loro gratis e loro mi hanno fatto delle sponsorizzazioni a zero euro, indossando i miei capi donati.
Anche con la Marcuzzi è andata così. Forse non avevano ancora compreso fino in fondo le loro potenzialità. Adesso servono non meno di 20mila euro per avvicinarle e per me sarebbe davvero difficile investire quelle cifre. Fu un volano eccezionale e pure Melita Toniolo ci ha sponsorizzato: la foto è apparsa addirittura su Tgcom24, ma lì è un discorso diverso, lei è un’amica”.
E fuori dal mondo virtuale?
“Il mio primo negozio era molto piccolo, più o meno quanto i camerini di oggi, meno di 20 metri quadrati, insomma. Avendo però già strutturato un buon pubblico attraverso i social, si è cominciata a spargere la voce facilmente e siamo decollati in breve tempo”.
Ma il tuo compagno Alessandro cosa fa?
“Si occupa del backstage. Il sito è opera sua, poi aggiunge i prodotti e pianifica le sponsorizzazioni su Facebook e Instagram. L’anno scorso si è impegnato nel comparto uomo ed è il punto di riferimento della pagina maschile, con Davide nel ruolo di modello. Alessandro è sempre stato un antisocial, mentre io li ho sfruttati dal principio, almeno per diminuire la distanza sociale: è sempre stato un ottimo modo per comunicare e tenere i contatti con famiglia e amici”.

Chi prova i vostri vestiti?
“La modella amo essere sempre io e vi spiego perché. Le persone non si affezionano più al capo o al prezzo, occorre trasmettere qualcosa di diverso per sconfiggere la concorrenza. Ed è per questo che spesso mi riconoscono per strada. Due anni fa all’aeroporto di Pisa, mi hanno fermato con un ‘Tu sei Gglamour? Compro sempre da te online!’. Sono emozioni bellissime.
Nei giorni scorsi hanno riconosciuto anche il mio compagno, ma a lui viene da ridere. Lo accetta anche se non si sente parte di quel mondo. Stiamo usando bene i social, poiché se c’è una persona che ci mette la faccia, i clienti sanno di avere un punto di riferimento. La prova? Quando negli shooting ci affidiamo a modelle taglia 40 dal fisico perfetto, non abbiamo lo stesso positivo riscontro”.
Si può diventare come te?
“Siamo riusciti a creare un social lab, in cui io e altre professioniste proponiamo dei corsi di social marketing, per insegnare proprio come gestire profili Instagram e TikTok. Istruisco la concorrenza? Non la vedo così, quella non c’è e non la sconfiggi neppure con il prezzo più basso. La gente va soprattutto a sensazione, dunque simpatia o antipatia, seppur la prima cosa resti la professionalità. Noi diamo il 1000 per cento, siamo fieri ad esempio del nostro metodo di spedizione. Insieme ai colossi come Amazon e Zara, siamo tra le poche realtà medio-piccole ad offrire il reso con rimborso”.
Quanto ti piace sentirti influencer?
“Nella cerchia dei miei amici sono sempre stata quella non al centro dell’attenzione. In fondo in fondo sono timida. Una spruzzata di vita personale, sui social, la devo raccontare, diciamo un trenta per cento, altrimenti la gente non mi segue. Non mi sento e non mi sono mai sentita una influencer. Mi espongo tanto, questo sì, se ho qualcosa dire non mi trattengo, così come per esprimere un mio stato d’animo”.
Un conto sono i post, un altro stories e dirette. Quando hai vinto la timidezza del metterti in mostra?
“Credo sia necessario raccontare un aneddoto: quando sono andata a vivere a Palma di Maiorca, avevo in tasca qualche centinaio di euro, quindi mi ha ospitato una persona che conoscevo. Dopo due settimane mi sono sentita in dovere di contribuire e non riuscendo a trovare un lavoro, diciamo, ‘normale’, accettai di trasformarmi in pr. D’altra parte, ormai, avevo soltanto 10 miseri euro in tasca. Con in mano un blocchetto da 50 biglietti e la prospettiva di un guadagno di 4 euro, sui 5 che costava ognuno di essi, li esaurii in una giornata. Una sfacciataggine incredibile. Potevo farcela e ce l’ho fatta”.
Esporsi sempre, tra gioie e dolori. Quali sono stati i commenti che più ti hanno motivato e quali invece ti hanno ferito maggiormente?
“Mi ritengo abbastanza forte caratterialmente. So bene che esistono i ‘leoni da tastiera’ che magari, senza metterci neppure la faccia, offendono gratis senza alcun motivo. Non ho mai ricevuto critiche che mi abbiano fatto star male. Per contro, quando le ragazze che hanno comprato i vestiti mi taggano nelle foto delle cerimonie o di una loro giornata particolare, mi rendono felice nell’anima”.

Quali altre grandi soddisfazioni?
“Intanto la linea di costumi che produciamo. E abbiamo intrapreso una campagna pubblicitaria molto forte per la linea curvy, con una festa in spiaggia e tante ragazze, con taglie dalla 38 alla 50, oltre ad Alessandro e al modello Davide. Una grande gioia quando tutte hanno acquistato il costume al termine delle riprese. Perché? Ognuno è bello a modo proprio. Io stessa ho preso 10 chili in due anni, ma sto bene col mio corpo”.
I feed rispecchiano le personalità e guardando quello di Gglamour viene subito in mente la parola allegria. È questo il mood a cui aspiravi?
“Allegria, intrattenimento. Giusto! E la tranquillità. Immagino le mie follower sul divano con il compagno che non sopporta più il suono della mia voce amplificata nelle stories”.
Secondo te, cosa rende unico il tuo profilo?
“Non mi sono mai risparmiata in niente, sono sempre stata me stessa. E non parlo della maniera in cui indosso i capi. Qualsiasi ragazza si può mettere davanti ad uno specchio e farsi una foto. È solo che metto un pizzico di personalità reale, non fingo di essere qualcun altro”.
Question Time: le più gettonate dei tuoi follower?
“Sul mio lato privato sono trasparente. Mi chiedono spesso semplicemente come sto, perché magari quel giorno notano un velo di tristezza. E il conforto giunge immediato con qualche misurato ‘non ti abbattere’. Le persone mi sono affezionate e così anche a Monica e Arianna, entrambe di Sarzana (una si occupa del negozio da donna, l’altra delle spedizioni) e ad Alessandro”.
Quanto è importante e che impegno è necessario per tenere aggiornati sito web, social, shop on line e tutto il resto?
“Fondamentale. Il modo per fidelizzare e avere un contatto più diretto con i follower sono le stories. Quando vi sono dei nuovi arrivi, spacchetto, indosso e descrivo i prodotti. Poi vi sono i quasi 30.000 iscritti alla newsletter, che non è soltanto un veicolo commerciale, poiché in essa, oltre ad offrire dei codici sconto, lasciamo anche i nostri pensieri. La scrive Alessandro. Inoltre c’è un canale Telegram e delle liste broadcast, con contenuti inediti”.

Difficile conciliare la vita quotidiana con l’impegno sui social e nel negozio?
“Questo è un lavoro-hobby. Se non mi piacesse, chiuderei domani, come è successo negli impieghi precedenti. Nel momento in cui mi ritrovo ad agire controvoglia, abbandono. Sono fatta così. Al di là delle rare visite ai miei in Campania, tutto il tempo che ho lo dedico a mio figlio. Purtroppo, è comunque troppo poco”.
Negozio fisico e virtuale. Il tuo store sarzanese rimane aperto nonostante il successo delle vendite online. Come integri i due segmenti?
“Appena mi alzo, alle 7, subito inizio con i direct. I dati statistici del mio telefono, dicono una media di 11 ore al giorno di utilizzo. A volte mi capita di addormentarmi con il cellulare in mano All’online dedico il 70 per cento del lavoro, ma non dimentico mai il negozio di via Mazzini a Sarzana”.
Hai mai pensato di chiudere il negozio fisico e lavorare solo online?
“Confesso che sia dura mantenerlo. Ma sono nata e cresciuta qua dentro (dove ci accoglie, ndr) e non riuscirei mai a staccarmi. Amo il contatto con la gente, mi piace che vi sia un punto di riferimento personale. Ed è bello ritrovare da clienti, le solite ragazze con cui sono diventata amica nell’arco del tempo. Ho un magazzino di 400 metri quadrati, da cui parte tutto quanto viene movimentato online, con al piano superiore le camere, nelle quali c’è la luce giusta per gli scatti; poi un’enorme stanza con uno schermo e i tavoli dove si svolgono i corsi. Di fronte al negozio da donna, abbiamo aperto anche quello dedicato alla moda maschile e stiamo avendo un buon riscontro”.
Cosa è accaduto durante il lockdown?
“Certo le persone non acquistavano scarpe con il tacco 12 o la minigonna, visto che non si usciva mai e non si potevano mostrare. Sicuramente, all’inizio della fase emergenziale, la gente comprava di più, anche se invece dei vestiti da sfoggiare nei locali, si era passati alle tute e ai pigiami. Poi, però, il momento di maggiore crisi, da ottobre, quando le gravi difficoltà economiche hanno costretto le famiglie a limitare le spese nel superfluo”.
Cosa consiglieresti a chi nel 2021 volesse comunque aprire un negozio fisico?
“Senza il supporto dell’online, nessuna attività può sopravvivere. Neanche in una grande città. Il passaparola ormai viaggia prettamente sui social e chi è ancora legato al vecchio metodo di vendita, che funzionava negli anni ’90 e nei primi 2000, adesso fatica. Nei corsi che offriamo, insegniamo a sfruttare le piattaforme social. Non devono copiarmi, anzi, ma far trasparire la propria personalità”.

I corsi sono dunque indispensabili per qualsiasi negoziante?
“Di recente una persona di una sessantina d’anni, aveva commissionato un sito dove si potevano trovare le diverse informazioni, ma non aveva la geolocalizzazione. Spesso è difficile, a quel tipo di esercenti, far comprendere alcuni concetti. C’era un tempo in cui un imprenditore aveva sui suoi scaffali una marca di abbigliamento e il concorrente più vicino era a 60 chilometri. In quel modo, la gente era costretta a recarsi lì per comprare quel prodotto. Oggi, nell’era globale, devi possedere una serie di caratteristiche e non puoi sbagliare più nulla, se vuoi risultare vincente”.
Non esistono le ferie per una influencer?
“Due volte all’anno, con una perfetta organizzazione. Quando decido di partire, preparo le stories, le registro e le pubblico online con i nuovi vestiti. Sono onesta, lo preciso che sono contenuti preconfezionati. Il problema è che non stacco mai, perché le mie collaboratrici si confrontano con me costantemente via smartphone”.
Diversi gli outfit che proponi, come nascono?
“Due, tre, quattro pezzi all’anno li confezioniamo noi, poi scelgo in alcune aziende selezionate, perché dalle fabbriche devo acquistare almeno 300 pezzi. I costumi sono tutti creati da noi: iniziamo a dicembre a cercare le stampe che ci piacciono di più e i modelli. E quest’anno abbiamo presentato la linea bimbe, con i costumi come quelli delle loro mamme”.
Quale target è interessato ai tuoi prodotti?
“Online nella fascia di età tra i 25 e i 35 anni, forse perché si rivedono nell’età in cui ho iniziato la mia avventura. La mattina in negozio, invece, soprattutto over 60, anche turisti, soprattutto francesi e tedeschi”.
Il tuo universo è soprattutto fashion, potresti allargare un giorno l’orizzonte a qualche altro settore?
“Se qualcuno mi introducesse, mi piacerebbe entrare nella ristorazione. Un Gglamour Cafè molto brandizzato, con gli stessi colori del negozio, magari la tazzina da caffè che ti puoi portare a casa, con il nostro marchio. Un’idea simpatica, raffinata e ricercata”.

Hai ancora un sogno nel cassetto?
“Aprire un Gglamour a Ibiza, un luogo meraviglioso dove continuo ad andare. E con tutto quel bel sole e i turisti, magari coi nostri costumi”.
Infine, quale consiglio daresti ad una giovane realtà imprenditoriale nell’editoria come Where Magic Happens?
“La grafica del vostro magazine mi piace tantissimo. Al primo impatto fa comprendere subito di ciò di cui parlate. È lineare, semplice, senza pasticci. Il sito è fluido e rapido. Mi piacerebbe vedere qualcuno che intrattenesse i follower con delle dirette”.
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