Bob Dylan: musicista, poeta, premio Nobel
Robert Allen Zimmerman (si, è questo il vero nome di Bob Dylan per coloro che non ne fossero a conoscenza) è un cantautore e musicista americano. Così recita la pagina di Wikipedia sotto il nome di Bob Dylan. Ma mi piace pensare che il grande Robert, il Menestrello, l’autore degli autori sia molto più di questo: una figura rivoluzionaria, dalla sensibilità e dalla vena poetica spiccate, che spinse la musica popolare a diventare letteratura.
Letteratura, ce ne rendiamo conto? Mica parliamo di Leopardi, D’Annunzio, Pirandello… parliamo di musica. Quando è che la musica diventa letteratura? Quando è che la sottile linea tra ciò che viene scritto sulla carta per essere letto e ciò che viene scritto per essere cantato, suonato, urlato, viene superata? Vediamolo insieme oggi con Bob Dylan.
Dalla parte degli esclusi

Lo scorso semestre ho seguito un corso all’università solo per il programma che proponeva: Beatles, Beat Generation, Bob Dylan (e molto altro, giuro). Da quel momento mi sono resa conto del potere che le parole possono avere. Le parole giuste, mica versi a caso.
Uno dei protagonisti della marcia su Washington del ‘63, Bob Dylan interviene diventando un’icona, un simbolo e una svolta sia per la musica che per la cultura di massa americana. Molto lontano da questo mondo, Bob Dylan rappresenta il cantante impegnato, quello dei diritti civili, delle marce di protesta, dei valori, sebbene il suo impegno non si traduca in militanza a favore di un partito preciso.
Con una grande affinità con la Beat Generation, Bob Dylan incarna il ruolo di portavoce di una nuova generazione: quella dei marginali, che guarda in modo diverso alla società, assumendo nuovi stili di comunicazione e diventando il cantore dell’infelicità delle famiglie. I protagonisti delle sue canzoni sono gli antieroi, gli abbandonati, gli esclusi, le prostitute, gli emarginati: tutti quelli che la società condanna da sempre.
The Answer Is Blowin’ In The Wind
“La risposta soffia nel vento”. Con questi versi mi soffermo su quella che è sicuramente una delle pietre miliari della musica rock. In un universo di testi ottimisti e spensierati, che non sollevano problemi, non spingono a pensare e a formare uno spirito critico, ecco che le canzoni di Bob Dylan emergono con temi eticamente rilevanti, problematiche che non appartengono neanche lontanamente alla cultura di massa.
Degno di essere paragonato ad una poesia, ‘Blowin’ In The Wind‘ è il testo in cui l’autore meglio cerca di portare l’ascoltatore alla riflessione. Si parla del male che è la guerra, dei mali del nostro mondo più in generale, che vengono lasciati, però, senza risposta, lasciando un ampio margine di libera interpretazione a chiunque ascolti i suoi versi.
Yes, ‘n’ how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, ‘n’ how many deaths will it take till he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the windE quante orecchie deve avere un uomo
Blowin’ in the Wind, Bob Dylan
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
la risposta, amico mio, soffia nel vento,
la risposta soffia nel vento
I mille volti di Bob Dylan

Folksinger, cantautore, poeta, premio Nobel per la Letteratura (che ha ritirato con molta fatica circa un anno dopo), rivoluzionario, anticonformista e anima sensibile. Queste sono le cose a cui penso quando sento parlare del Menestrello, quando ascolto ‘Don’t Think Twice (It’s Alright)‘ in macchina con mio padre, e tutto le volte mi rendo conto di quanto sia triste e di come le canzoni tristi colpiscano in modo differente.
Sicuramente un pensatore illuminato, la cui musica continuerà ad affascinarmi, meravigliarmi e toccarmi ogni volta in un modo diverso, più intenso, più personale. Probabilmente per sempre.