Sì è tutto vero, è proprio così

Quando ci credi, quando lo vedi, quando ci pensi, quando è davvero accaduto. L’Italia è sul trono dell’Europa calcistica, più forte dell’Inghilterra, più forte della sfortuna e degli episodi, più forte anche di un Wembley stadium soltanto macchiato di azzurro, ma che esalta comunque la forza di un gruppo incredibile.

Anche durante la spettacolare cerimonia di chiusura… che ha aperto la finale tra italiani e inglesi si nota il muro della gente di casa.

Un Uefa Euro 2020 tra un ‘po-popopo-popo-po’ di berliniana mondiale memoria e un inno cantato con quanta più aria si ha nei polmoni. Poi, fra un umile e coraggioso clacson mescolato fra milioni di altri, e i suoni illuminati di smartphone di ogni modello (la gente si riversa sulle strade e nelle piazze italiane a festeggiare), arriva la schiaffo ai bookmakers, la forte sculacciata a chi si vanta di aver inventato proprio questo sport.
Questioni di tonalità o di testo?
Quanta forza questi inni, quanto materiale da confrontare. Inghilterra ed Italia caricate fin dal primo minuto, dopo aver cantato insieme ai rispettivi tifosi, quelle magiche righe stampate finalmente nella mente e nel cuore. In entrambi i testi, figura ciò che speravano le due squadre in campo questa sera: la vittoria. Che poi sia un dono da offrire ad un popolo o più devotamente ad un regnante, poco importa.
Fratelli d’Italia
Segmento dell’inno italiano
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò

Lo possiamo tranquillamente confrontare con quello degli ‘altri’, che vede impegnato anche il principe William in tribuna d’onore.
Dio salvi la nostra graziosa Regina,
Segmento dell’inno inglese
lunga vita alla nostra nobile Regina,
Dio salvi la Regina!
Donale la vittoria,
la felicità e la gloria,
possa regnare a lungo su di noi;
Dio salvi la Regina!
Quando i pochi hanno più voce
Cori, urla, incitamento, perfino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a cercare di emulare Sandro Pertini che, 39 anni fa, nello stesso 11 luglio (ed era il 1982), aveva esultato con i pugni stretti e un largo sorriso al successo dei ragazzi di Bearzot.

Pare siano soltanto 10mila sui 65mila di Wembley i colorati di verde, bianco e rosso, ma i fischi dei più, non coprono le emozioni dei meno. Ed i sorrisi restano a lungo sui volti di tutti, perché quando un grande evento si sviluppa, le sensazioni forti, danno energia da guinness (non la birra dei cugini irlandesi).
Ma in campo allora?
I nomi li sappiamo, erano già previsti alla vigilia, con Donnarumma in porta, la difesa con Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini e Emerson, il centrocampo con Barella, Jorginho e Verratti e l’attacco con Chiesa, Immobile e Insigne. In panchina insieme al ct Roberto Mancini ci sono Sirigu, Meret, Locatelli, Belotti, Pessina, Acerbi, Bernardeschi, Bastoni, Cristante, Berardi, Florenzi, Toloi, e di loro entrano Cristante, Berardi, Bernardeschi, Belotti, Locatelli e Florenzi. Gli avversari guidati da Gareth Southgate: Pickford; Walker, Maguire, Stones; Trippier, Phillips, Rice, Shaw; Mount, Sterling; Kane. A disp. Ramsdale, Johnstone, Grealish, Rashford, Mings, Coady, Sancho, Calvert-Lewin, Henderson, Saka, James, Bellingham., e a subentrare tocca a Saka, Hernderson, Grealish, Sancho e Rashford.
Chi c’era e chi manca (sul serio)

L’inizio è difficile, molto molto difficile. Ed è forse quello che non ti aspetti, perché se capita un errore banale, una mancata copertura di un centrocampista sull’imbucata di Shaw (su cross di Trippier dalla destra), gli azzurri vanno subito sotto. Sono passati soltanto 120 secondi, un’inezia niente, ma c’è già chi pensa all’assenza di Spinazzola (“perché Emerson è meno negli schemi”), ma soprattutto si ragiona su quale chiave (di violino o di basso?) sia giusta per suonare la melodia di gol agli inglesi.

È giusto chiamarla ‘vecchia guardia’ e dire grazie
Settant’anni in due al centro della difesa italiana, tutti e due nati nei grandi anni Ottanta, però Chiellini e Bonucci accidenti se si fanno rispettare. Il secondo riportando pure la gara in parità e così i supplementari sono garantiti. E dopo il palo di Verratti, che segue il fallo da rigore (inutile fischiarlo) subito da Chiellini, la sinfonia azzurra ritrova i suoi accordi con la sfera alle spalle di Pickford.

E se Mancini si toglie anche la giacca…
Sono ancora una volta i rigori a decidere i vincitori di un grande evento e il tecnico della nazionale italiana Roberto Mancini, dopo aver scelto i cinque rigoristi, si leva la giacca ed è pronto a dirigere i suoi.
Questo lo spartito dei penalty: la prima nota è di Berardi che è ben intonato (spiazza il portiere), così come Kane, mentre stecca Belotti (Pickford respinge) e Maguire resta nel coro. Bravo Bonucci, non altrettanto Rashford e si rimane sul 2-2. Bernardeschi lancia il suo acuto senza spostarsi dal centro del pentagramma (tira centrale, ma bene) e se Sancho fallisce, lo imita Jorginho. E Saka? Ci pensa Donnarumma a farlo andare fuori tono. Finisce 4-3. L’Italia è campione d’Europa.

Mancini? “Siamo stati bravi, i ragazzi meravigliosi”. Il bis continentale arriva a distanza di 53 anni (vittoria precedente datata 1968) e a festeggiare (vicino a Mattarella) c’è anche chi, come Matteo Berettini ha conosciuto la sconfitta, sempre oggi su suolo inglese, a Wimbledon. Avrà modo di battere il ‘maestro’ Djokovic al prossimo concerto.
