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La ribellione giovanile va oltre a dei vestiti e del trucco?
Credo che soli i pochi fortunati senza accesso a internet non lo sappiano, ma devo ridare questa notizia: i Måneskin hanno vinto l’edizione del 2021 dell’Eurovision Song Contest.
Si aggiungono dunque alla brevissima lista di italiani vincitori della gara europea, prima di loro solo due nomi: Gigliola Cinquetti con ‘Non ho l’età (per amarti)’ nel 1964 e Toto Cutugno nel 1990 con ‘Insieme: 1992’.
‘Zitti e buoni’ vince tutto, la band romana all’urlo di “Rock ‘n’ Roll never dies“ sbaraglia qualsiasi tipo di concorrenza;
una ventata di aria fresca, giovane, ribelle, attenta a dinamiche sociali e pronta a tutto per essere sé stessa.
Dal vestiario alla sonorità, il loro successo in Italia era totalmente inaspettato: nel Belpaese, quasi privo di una vera e propria scena rock, i Måneskin rimangono un fulmine a ciel sereno.
I paragoni si sprecano, dovendo per forza guardare all’estero per trovarne: Carlo Verdone che li accosta ai Led Zeppelin rimane uno degli esempi più lampanti di quanto poco si sia abituati a trattare il loro genere nella televisione italiana.
Ma sono i Måneskin la nascita (o rinascita) del rock in Italia?
No.
E non tanto per le sonorità da loro portate, sulle quali si potrebbe stare giorni a elucubrare se siano etichettate giustamente, ma per la ribellione inesistente di cui si rendono simboli.
Uno scandalo di cui l’intera Europa ha parlato

Credo che chiunque, più che della vittoria dell’Eurovision, abbia sentito parlare delle accuse della televisione francese a Damiano sul suo presunto utilizzo in diretta, nel post evento, di cocaina: incolpato da un video confuso, ma dalla facile smentita, se osservato con criterio. Il cantante, comunque, si è subito difeso sottoponendosi ad un test antidroga, immediatamente dopo la vittoria.
Giustamente, poiché non avrebbe senso fare altrimenti, trattandosi, l’accusa, di una totale bufala.
Uno scandalo giustamente evitato, ma la ribellione?
Subito prese le distanze dalle accuse, i ragazzi sembrano trasformarsi: da una festa sopra il palco nell’ottica della libertà più totale, si arriva alla pacatezza, pettinati e splendenti così da piacere a grandi e piccini.
Una distanza abissale rispetto a ciò che ci ha sempre trasmesso il rock e i suoi sottogeneri, anche senza citarne le pagine più buie.
Un rock & roll di cui seguire i precetti, ma solo finché non vanno contro ai tabù di una società, in cui la ribellione è cosa buona e giusta, se si rimane nei limiti già imposti.
Noi dal primo giorno ci siamo espressi contro l’uso di droghe
Damiano David durante un’intervista del TG1 dopo la vittoria
Simboli di una gioventù bruciacchiata
Ovviamente, non si deve subito scadere ne ‘il genere che suoniamo incita alla droga’ perché sarebbe anch’essa una visione fin troppo semplicistica del mondo: verrebbe infatti a mancare il senso di libertà di cui la band romana sembra essere la paladina.
Sarebbe negare la realtà e ammettere che non ci sia un processo (soprattutto da parte di giovani) di scoperta di se stessi attraverso sostanze illecite.
Consigliarne l’uso rimane tanto sbagliato quanto proibirle a scatola chiusa. I due poli opposti coincidono in questo caso.
Ma credo fermamente che i simboli di una ribellione giovanile del 2021 debbano andare ben oltre a discorsi così semplici, e che, vista la loro posizione e immagine, potrebbero essere fautori di una forte sensibilizzazione sul tema.
Un discorso complicato, ma da affrontare
Non penso che i Måneskin debbano affrontare da soli (e solo per quell’ormai noto ‘incidente’) l’intero discorso della liberalizzazione della droga, ma credo anche fermamente che non ci sia personalità migliore di loro per muovere un primo passo verso una discussione trattata troppo spesso con poche parole spicce intrise di populismo.
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