Mano nella mano con la tecnica
Che cos’hanno in comune il Panarmonicon, l’automa musicale progettato e realizzato da Johann Nepomuk Mälzel nell’800, e MuseNet, Aiva o Jukebox, programmi di Intelligenza Artificiale che combinano vari generi e strumenti musicali per creare composizioni credibili all’orecchio umano?
Di certo non la tecnologia, né le materie prime con le quali sono realizzati. Il primo, un insieme di tubi, meccanismi e pompe, è un parente dell’organo capace di replicare autonomamente – fornito di adeguato spartito – le sonorità di un’intera orchestra. Le altre, intelligenze artificiali di deep learning, sono in grado, partendo da abbondante materiale di riferimento, di analizzare ed estrapolare pattern e regolarità, da restituire ricombinate secondo le richieste dell’utente.
Eppure si tratta di figli dello stesso percorso. Figli di un desiderio, implicito o esplicito a seconda dei casi, di produrre lo strumento perfetto per ogni attività umana. Acquisita la straordinaria resa di uno Stradivari, oltre ad affidarlo al talento di un grande violinista, si può far poco se non cercare di incidere parte di quel talento nello strumento stesso. Allora, il passo dal Panarmonicon alle IA musicali è piuttosto breve e naturale.

Cyber-Sinatra e altri illustri
Come al solito, quando si parla di Intelligenza Artificiale, per una radicata tradizione letteraria e mediatica o per la naturale paura verso ciò che non comprendiamo se non superficialmente, le domande si concentrano attorno alle conseguenze: gli automi musicali, se vogliamo chiamarli così per omaggiarne il mito, hanno o no la capacità di sostituire la produzione umana? Quelle che nell’800 erano solo fantasie acerbe, nel contemporaneo sono prospettive in avvicinamento, prossime alla realizzabilità tecnica. Che potrebbe esserne, quindi, della musica, del musicista, del compositore?
MuseNet, partendo dalle prime sei note del Preludio di Rachmaninoff, Op. 23 No. 4 in D maggiore, produce un brano di poco più di tre minuti, composto riferendosi ad una vasta quantità di materiale originale, un qualcosa che, Rachmaninoff stesso, avrebbe potuto scrivere. Allo stesso modo Jukebox realizza un simil-live di Elvis Presley e un brano pop classico con voce sintetizzata di Frank Sinatra, decisamente credibili se si esclude la (per ora) scarsa ottimizzazione del suono.

Arlecchini musicali per ascoltare il passato
Siamo pur sempre di fronte ad un collage di sample musicali e vocali combinati ‘à la Frankenstein’, e si sa che spesso un pioniere è accompagnato da una certa rozzezza nell’approccio. Ad ogni modo, la voce di Sinatra è nell’aria, e canta parole che non aveva mai cantato in vita. Se potessimo congelare i più potenti geni della musica e riascoltarli in eterno, cosa ce ne faremmo di innovazione e progresso musicale?
Ovviamente, lo ripetiamo, siamo ancora ben lontani da questo traguardo, ma pensiamo in grande: come un artigiano viene rimpiazzato da un operaio che alimenta un sistema più efficiente, cosa impedirebbe ad un musicista di essere sostituito da un tecnico musicale, un operatore di una Intelligenza Artificiale che accompagna il canto di fantocci o si esibisce autonomamente sul palco?
Suoni dal futuro e ologrammi giapponesi
«
僕みたいな君, 君みたいな僕, 似てるけど違って 違ってるから似てる
»«Sei un po’ come me, sono un po’ come te, diversi ma simili, simili perché diversi»
Hatsune Miku – Love Words
In effetti, il potenziale c’è. Campionatori e voci cantanti virtuali esistono e tengono persino concerti live. Vocaloid, il sintetizzatore vocale ha cominciato a dare spettacolo in Giappone nel 2009 vestendo i panni di Hatsune Miku, Idol e cantante olografica che radunava ogni anno (e raduna tutt’ora, anche se in versione esclusivamente online per ovvie ragioni) migliaia di spettatori paganti.
Effettivamente, le condizioni del momento, favoriscono il proliferare di approcci musicali alternativi e virtuali, pronti per essere recapitati live sul pc di casa. Anche l’accompagnamento digitale alla voce cantante umana è ormai fuori da ogni tabù, con strumenti correttivi come l’autotune, il cui uso è molto frequente – se non quasi onnipresente – nella musica pop contemporanea.

A.I.utami a non stonare
Il futuro di quei software è, nemmeno a dirlo, l’integrazione con l’Intelligenza Artificiale, che trasformerebbe quello che è al momento un bisturi affilatissimo nelle mani di un abile chirurgo (un tecnico del suono), in una panacea per l’autoproduzione se le capacità tecniche che consentono di manovrare il programma, venissero trasferite nel programma stesso.
Una IA sufficientemente ben sviluppata, anche in questo frangente, saprebbe trasformare la complessa operazione di correzione della voce cantata, in una procedura elementare. Tutti grandi performer allora? Non è detto. L’uso di quei software ha dimostrato di portare con sé il rischio di indebolimento del pathos e dell’unicità musicale. Questo tipo di approcci, insomma, trova davvero una genuina applicazione artistica solo nelle avanguardie.
Chi l’artista, chi lo strumento?
Dunque, cosa rispondere alla nostra domanda d’apertura? Il Panarmonicon e le IA musicali si inseriscono in un flusso, una consuetudine storica: ogni volta che l’uomo realizza uno strumento che superi lo status quo anche solo di un passo, non riesce a trattenersi e lo libera. Questo vale per l’arte, per la musica e, in generale, per ogni forma di espressione creativa.
Non siamo di fronte, in questo caso, a nulla di diverso: abbiamo creato uno strumento dalle infinite potenzialità e non riusciremo a tenerlo a freno. Anche una creazione così autonoma e indipendente, però, resta una creazione, una forma di espressione, una forma d’arte. Anche un sistema di Intelligenza Artificiale musicale è, a suo modo, una complessa e meravigliosa opera d’autore.