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Giappone on the road

Made in Japan: superare la barriera della combo pesce+riso

Food lover del Sol Levante: verità e varietà della cucina giapponese

Cena giapponese? Oltre l’all you can eat

barca sushi
Barca di sushi e sashimi

Onesti: quante volte vi è già capitato di sentire, se non di dire, la frase “che ne pensi di andare al ristorante giapponese?” per poi fare semplicemente un’uscita in cui, nella maggior parte dei casi, le portate saranno perlopiù composte da sushi, o al massimo da sashimi?

Complici da un lato mode e tendenze e dall’altro il prezzo abbordabile dello sciame di all you can eat che ha iniziato a proliferare da qualche anno a questa parte (raramente però a gestione giapponese), si è potuto assistere a quella che in termini letterari potrebbe essere definita come una sineddoche, in cui la parte viene definita direttamente tramite l’intero. Ecco allora come mangiare giapponese sia poco alla volta diventato sinonimo di (ingozzarsi di) sushi.

La parte (della parte) per l’intero

per le strade giapponesi
Strada facendo… Made in Japan

Senza nulla togliere a quest’ottima (ma solo se ben fatta) combinazione di riso acidulato e pesce (non necessariamente crudo), i ricettari dell’Impero del Sol Levante dispongono in realtà di un patrimonio culinario ben più consistente, fatto di zuppe, stufati e street food per tutti i gusti… più uno.

È vero che il sushi è forse uno degli alimenti più rappresentativi dell’arcipelago nipponico, la cui conoscenza, per inciso, è però meno profonda di quanto si possa credere. Tuttavia, soffermarsi solo su questo, sarebbe un po’ come ridurre il patrimonio gastronomico italiano alla sola pizza o ai tortellini. A onor del vero, gli stessi giapponesi lo consumano saltuariamente e solo in determinate occasioni, preferendo altri piatti ben più casalinghi.

Lo stesso sushi, inoltre, presenta a sua volta una notevole varietà tanto in termini di formati quanto di ingredienti, i quali vanno ben oltre i classici nigiri e maki a base di salmone, tonno e gamberi, andando a comprendere anche, giusto per citarne un paio, oshizushi, realizzato con un una sorta di pressa, e temarizushi, la cui caratteristica principale è data dalla forma sferica da non confondere però con gli onigiri, classico cibo da picnic sempre a base di riso.

Fuoco e fiamme… ai fornelli

Il sushi è per i pigri. Se vengo nel tuo ristorante alza il sedere e cuocimi il pesce!

2 Broke Girls

A questo punto – non ce ne vogliano gli amanti dei luoghi comuni – è necessario senza dubbio sfatare il mito secondo cui il cibo giapponese sia tutto crudo (esattamente come quello cinese non è tutto fritto). Salvo alcune cose, come appunto il sushi, il grosso della cucina nazionale, che può tra l’altro rivendicare fieramente il riconoscimento dell’Unesco, prevede piatti cotti a puntino.

mangiando ramen
Bon ton del ramen

Un classico se non banale esempio, ci viene offerto praticamente subito dal ramen, una zuppa che gli appassionati di manga e anime conoscono grazie al ninja Naruto, composta fondamentalmente da un brodo particolarmente saporito, la cui cottura può richiedere addirittura una decina di ore, noodles, uova marinate e carne di maiale. Esistono, anche in questo caso, numerose varianti, come frutti di mare, pollo o manzo.

Diffuso soprattutto a partire dal secondo dopoguerra come pasto per classe operaia, questo ricco e super carico piatto, altrimenti disponibile anche nella sua versione istantanea, ha visto nascere negli anni una vera e propria etichetta per il relativo consumo, che prevede tra le varie cose il mangiarlo rumorosamente per dimostrare il proprio apprezzamento.

Dalla padella, anzi dalla pentola, alla piastra

okonomiyaki su piastra
Okonomiyaki

Facendoci sempre accompagnare dal mondo dell’animazione, un altro must di origine giapponese è ovviamente l’okonomiyaki, tipico cibo da strada dell’area di Ōsaka facilmente associabile all’universo di Ranma Mezzo, cult di Rumiko Takahashi dove il protagonista è assiduo cliente del chiosco di una delle sue spasimanti, Ukyo, specializzato appunto nella preparazione di questo piatto.

Sebbene molti tendano a fare una quasi immediata associazione con le crepe, in realtà l’impasto è simile solo per la presenza di uova e farina, visto che, al posto del latte, si vanno ad aggiungere brodo dashi, ricavato da un tipo di tonnetto affumicato, zenzero, cavolo e cipollotto.

Quanto al condimento, normalmente è ‘a scelta libera’, specialmente per via del fatto che la traduzione letterale di okonomiyaki significhi ‘quello che piace alla piastra’, e tendenzialmente, a rigor di statistica, ciò che di solito è più apprezzato sono pancetta affumicata e gamberi, il tutto ulteriormente irrorato da maionese e una salsa apposita.

‘Yaki’ per tutti i gusti

takoyaki in corso
Takoyaki in preparazione

Altro piatto sempre ‘yaki’ e sempre originario di Ōsaka sono inoltre i takoyaki, delle polpette di polpo in una pastella nuovamente a base di dashi, le quali richiedono per la giusta preparazione un’apposita piastra a incavi ma soprattutto una discreta manualità, necessaria, oltre per non bruciarsi e non carbonizzare tutto, per realizzare una perfetta forma sferica.

Dal momento in cui sembriamo apprezzare questo alquanto rovente metodo di cottura, rimaniamo fedeli al genere per spendere due parole sulla yakisoba, consistente nello specifico in un particolare tipo di pasta lunga a base di grano saraceno, presente anche in diverse altre ricette, che, dopo essere stata scottata velocemente in acqua bollente, viene condita e piastrata a dovere.

Di piatto in piatto fino al dessert

Cambiando un po’ il genere, è impossibile non dare il giusto spazio anche a tori kara age e sukiyaki. Il primo consiste, nello specifico, in bocconcini di pollo marinato con zenzero e salsa di soia debitamente fritti dopo essere stati panati nell’amido di mais.

sukiyaki
Sukiyaki

Quanto invece al secondo, si tratta di un ricchissimo bollito misto in cui sono presenti, tra i vari ingredienti, fettine sottili di manzo (l’ideale sarebbe il pregiato wagyū), il tutto cucinato in una grossa pentola posta su un fornelletto a centro tavola, grazie al quale i presenti possono condividere allegramente il pasto.

Menzione d’onore spetta poi ai dolci, soprattutto quelli tradizionali, anche noti come wagashi, che però sono totalmente diversi da quelli a cui sono abituati i palati degli occidentali, sia per gusto che per consistenze. In effetti non sono affatto inusuali i gommosi mochi, realizzati con farina di riso glutinoso e normalmente farciti con crema di fagioli rossi (gli azuki), o il gelatinoso yōkan, sempre ricavato dal medesimo legume a cui vengono aggiunti semplicemente zucchero e agar agar.

Dalla tavola alla politica e all’oltre-sushi

street art
Japan, il nuovo e l’antico

Arrivati a questo punto serve però sottolineare come, specialmente negli ultimi anni, la cultura alimentare sul Giappone abbia finalmente iniziato a discostarsi da un’immagine di solo sushi, fatto dovuto verosimilmente a una sempre maggiore conoscenza di questo fantastico Paese e a un dilagante interesse verso il mondo della cucina, probabilmente favorito dal proliferare di programmi televisivi dedicati.

Bisogna poi aggiungere che lo stesso governo di Tōkyō sia ormai impegnato da anni in una vera e propria campagna promozionale multi-settoriale volta a offrire un’immagine positiva e più approfondita nonché attraente del ‘Cool Japan‘, secondo un progetto che rientrerebbe a sua volta nell’insieme di una ben più vasta operazione di politica estera.

Dopo questa generale infarinatura su alcuni piatti tipici, non resta che sorpassare il sushi, o meglio ancora, accompagnarlo con l’immane varietà di portate provenienti da questo affascinante angolo dell’Estremo Oriente.

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