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Una conversazione a tu per tu dopo un lungo tour
Dopo lo spettacolare tour di concerti disegnati del fumetto ‘Quando tutto diventò blu‘, il musicista, fumettista e grafico Alessandro Baronciani non si ferma: di recente ristampa è ‘Monokerostina’, il suo ‘farma fumetto’, un esperimento innovativo e originale. Baronciani si è dimostrato un poliedrico innovatore, amante della sinestesia e del connubio fra le arti. Noi di Where Magic Happens lo abbiamo intervistato in seguito alla performance di cui vi abbiamo parlato nella scorsa settimana (clicca qui per leggere l’articolo), al Fumetto Opera Festival di Pesaro.

Dopo il Rof (Rossini Opera Festival) e il Bof (Burattini Opera Festival), Pesaro si cimenta nel Fof (Fumetto Opera Festival). Come vedi questa contaminazione della graphic novel con la lirica di Rossini?
“Quello che mi ha sempre affascinato di Rossini è che è stato, a suo tempo, una vera rockstar: andava in giro con la carrozza per l’Italia come le band oggi con i furgoni, aveva date a Milano, poi a Venezia e Napoli. Questa cosa mi ha sempre fatto impazzire. Molti fumettisti hanno una seconda identità che fa coppia con la musica, e il bello del festival Fof è quello di provare a vedere cosa succede mettendole insieme.
Mi vengono in mente i cantastorie, figure sensazionali che giravano per le fiere raccontando storie ai ragazzi cantando canzoni e facendo vedere tele con immagini dipinte in cambio di qualche soldino. Se ci pensi è alla base della musica pop: spillare pochi soldini agli adolescenti, offrendo loro canzoni, sogni, sonorità, visioni!
La tradizione del cantastorie è lunga e si dirama in tutto il mondo. In Giappone ad esempio c’erano i Kamishibai, veri e propri teatrini che raccontavano storie. Nel dopoguerra, molti disegnatori si ritrovarono per strada a raccontare – o meglio inventare – storie di Fantaman, un vero e proprio eroe dei fumetti dell’epoca. In alcuni libri ho letto che spesso i disegnatori si trovavano a fare accordi con pasticceri della città, per vendere caramelle prima degli spettacoli”.
E il detto ‘non accettare caramelle dagli sconosciuti?‘
“Ecco perché si pensa che gli artisti, e le rockstar, siano brutte persone. Caramelle, canzoni e fumetti sono alla base dell’economia dei ragazzini: costano poco!”

L’idea di intrattenere persone leggendo un fumetto, crea una sensazione a metà fra la contemplazione estatica e silenziosa come davanti a un bel quadro, ma al contempo ti fa saltare, cantare, piangere e ridere, come a un concerto…
“Si crea una sorta di spaesamento nel pubblico. In ‘Quando tutto diventò blu’, verso metà spettacolo, ci siamo accorti che il pubblico rimane quasi ipnotizzato: non sa se applaudire o meno. Tant’è che mi sono ritrovato più spesso a dire ‘se volete potete applaudire‘. E lì gli spettatori si sciolgono, si liberano dai loro dubbi per immergersi ancor di più nello spettacolo. Probabilmente non sanno come comportarsi. Si chiedono: è teatro o è un film? Oppure un concerto? Cosa devo fare? Dopo l’input dell’applauso, la tensione degli spettatori si scioglie e il concerto diventa qualcosa di collettivo”.
E che dire della tua posizione di narratore-disegnatore in platea?
“Non avere nessuno che fisicamente parla sul palco è strano. Non c’è un presentatore. Una voce visibile. Sul palco davanti a te, c’è la band e le canzoni, e uno schermo con delle immagini. Però se guardi in platea, insieme a te che guardi lo spettacolo, ci sono io che parlo e racconto la storia. Se guardi lo schermo la voce che sembra venire da ‘dietro di te’, da dentro, è invisibile, e dunque interiore. Come la voce della Gialappa’s – ride – per certi versi!”.

A me ha ricordato molto Carmelo Bene, che a teatro si proponeva di mettere in scena ‘l’assenza dell’umano’ così da farne risuonare la voce soltanto. Una voce amplificata e pervasiva, staccata dal suo essere, dalla sua presenza fisica.
“Anche perché il corpo di un disegnatore chino su un tavolo – ride – , è la cosa più triste del mondo! Una persona a sedere sul palco è tutto tranne che una rockstar. Restare in platea è una scelta anche complessa. Far arrivare i cavi ai tavoli non è semplice. Stare in platea non è neanche cercare di rompere ‘la quarta parete’ è direttamente il contrario: è la quarta parete a parlare! A raccontare quello che c’è sul palco”.
C’è un pezzo in ‘Quando tutto diventò blu’ che ho trovato molto interessante, e che recita: “Il mal di pancia viene dallo stomaco ed è qualcosa che ho mangiato che mi ha fatto male…. Ma il mal di testa? Cos’ha mangiato la testa”?
“Domanda a cui non ho ancora trovato risposta. Ma è molto collegata, questa frase, al concetto di cura, tema che ho ripreso nel mio ultimo fumetto ‘Monokerostina’, del 2020, stampato grazie a un crowdfunding online. Le persone l’hanno comprato prima ancora che fosse disegnato! Monokeros è l’unicorno in greco, la parola con cui l’unicorno transitò dall’Oriente e arrivò nel Mediterraneo. Il corno dell’unicorno aveva poteri curativi.
Poteva curare tutti i mali. La scatola contiene dodici pastiglie messe in disordine, bisogna riordinarle per capire la storia. Si parte, come con tutti i farmaci, col bugiardino che racconta la storia di Annalisa, una ragazza che si trova da uno psichiatra dopo che il suo unicorno ha ucciso una persona. Lei, affetta da schizofrenia, non riesce più a collegarsi alla realtà.
Prendendo però questi farmaci comincia a ricordare cosa sia successo, addormentandosi e sognando. Sono tutte storie fantastiche, ci sono ragazze di cera, cavalieri inesistenti, re delle riproduzioni, omini verdi, e alieni a forma di fungo. Da principio credevo fosse un libro per adulti, ma poi ho scoperto che alcune scuole medie mi hanno chiesto di partecipare a dei progetti di lettura, e sono stato molto contento di vedere come i ragazzi abbiano scovato significati, simboli, citazioni molto più attentamente di un lettore adulto“.
Grazie Alessandro, anche noi non vediamo l’ora di leggere Monokerostina, e di ascoltare i tuoi prossimi progetti!

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