Caricamento...
Questioni alimentari-esistenziali

Cosa abbastanza comune tra gli appassionati di cibo, ma non solo, è probabilmente farsi mille e mille domande su quello che mangiano e/o cucinano. Tra le infinite combinazioni di quesiti in materia, uno di quelli decisamente più ‘piccanti’ potrebbe essere: “ma cosa cos’è davvero il curry?”.
Ed ecco, però, come subito si complichi la faccenda, dal momento in cui la stessa parola curry, tendenzialmente riferita semplicemente a una non sempre ben definita miscela di spezie ed erbe, cela in realtà una varietà di sfumature tale da far impallidire l’arcobaleno.
In più, come se tutto ciò non bastasse, insieme alla generalizzazione di tutte queste misture si va contemporaneamente a inserire la lunga sequela di piatti che ne prevedono l’impiego, basti pensare alle varie declinazioni di pollo, gamberi o agnello.
Il curry che si mangia con le persone che si amano ha il sapore della felicità
Ringo – Mawaru-Penguindrum
Risalendo al principio

Ci dovrà però essere almeno qualche certezza? Sicuramente. In effetti è indubbia l’origine geografica riconducibile al subcontinente indiano, area da cui il curry si è quindi diffuso andando a insaporire Paesi tanto vicini quanto lontani.
Commercio, migrazioni e anche la parentesi coloniale britannica hanno infatti contribuito nel tempo a far aumentare il numero di cucine nella cui dispensa sia presente il curry in una qualche sua variante, grazie a cui è stato possibile non soltanto replicare i piatti indiani, ma anche dar vita a vere e proprie reinterpretazioni nazionali.
Prima di partire in un lungo viaggio intorno al mondo, tuttavia, è forse il caso di fermarci per un un po’ proprio là dove il curry è nato, appunto in India, dove però i vari mix speziati sono meglio identificati con un altro termine derivante dalla lingua urdu, masala.
Effettivamente, l’utilizzo della parola curry è autoctono solo in parte, dal momento in cui venne introdotto per la prima volta dagli inglesi nel XVIII secolo partendo da una base tamil, per poi diventare d’uso comune nel resto del globo.
Mille mila masala (se non di più)

Tornando quindi ai nostri masala, ne esistono di moltissimi tipi, differenziati soprattutto in base alla loro composizione, su cui incidono in maniera alquanto consistente le diverse influenze regionali dell’India.
In sostanza cosa c’è nei masala? A seconda della tipologia in questione, possono essere presenti diversi ingredienti, che nel caso della mistura più diffusa, il garam masala, comprendono di norma alloro, semi di finocchio, cannella, pepe, chiodi di garofano, macis, cumino, cardamomo, coriandolo e peperoncino.
Prendendo invece in considerazione il chaat masala, la musica, o meglio la lista, cambia, andando a comprendere, oltre ad alcune spezie già menzionate, anche zenzero, assafetida, ossia una resina essiccata dall’odore pungente, e amchoor, che si ricava dai frutti acerbi del mango disidratati.
Non mancano poi ulteriori versioni come il tandoori masala, usato specialmente per le pietanze che andranno poi cotte nel tradizionale forno tandoor, come il Madras reso giallo dalla presenza della curcuma, o come il più recente Bollywood curry, la cui composizione lo rende adatto anche a preparazioni di pasticceria, andando decisamente a nozze con il cioccolato o con le mele.
Spezie migratorie in giro per il mondo

Tutto questo per l’India, ma fuori? Anche per la cucina, come del resto anche in molti altri ambiti, si può tranquillamente usare il modo di dire “paese che vai, usanza che trovi”. Infatti spostandoci nelle diverse nazioni dove il curry si è diffuso anche al di fuori dai ristoranti indiani, andiamo incontro a variazioni sul tema che prevedono l’impiego di ingredienti locali, andando ad assecondare i gusti di nuovi differenti palati.
Considerando la contiguità geografica, è pressoché naturale come il curry sia stato fatto proprio da moltissimi ricettari del Sud-est Asiatico, dalla Birmania al Vietnam, passando per la Thailandia, dove viene spesso e volentieri abbinato a latte di cocco, citronella, lime o kefir.
Proprio alle latitudini di Bangkok hanno visto nascere la propria fortuna i curry rosso e verde, prepotentemente piccante il primo, decisamente più fresco il secondo, i quali si accostano particolarmente bene a maiale, pesce e verdure.
Il viaggio continua: da est a ovest
Ovviamente di questo concerto speziato non può che far parte anche la Cina, specialmente nelle sue province più meridionali, dove il curry fa capolino in molte pietanze, spaghetti di riso compresi, nella sua forma indorata dalla curcuma.

Benché più lontano, anche il Giappone col tempo è stato raggiunto da una speziata ondata indo-discendente, grazie è cui cuoche e cuochi del Sol Levante hanno potuto dare alla luce il karee-raisu, un corposo stufato di carne addensato con del roux a cui si è soliti accompagnare riso in abbondanza.
E l’Europa? I traffici dei commercianti delle Compagnie delle Indie, tanto britannici quanto neerlandesi, hanno reso possibile l’approdo del curry anche sulle dispense di Londra o di Amsterdam, dove i sapori sono stati a loro volta mitigati e addolciti con varianti meno intense.
Dai Paesi Bassi alla Germania, quindi, il passo è stato breve affinché anche qui si diffondesse una miscela che ha trovato nei tipici wurstel dei compagni ideali da cui è nato uno degli street food più amati dai tedeschi, i currywurst.
Anche dove meno te lo aspetti

Parte del blocco euroasiatico lo abbiamo visto, ma il resto del mondo? Sebbene da alcune parti il curry abbia riscosso decisamente più successo che in altre, come nei casi appena visti, è comunque innegabile la sua diffusione pressoché su scala globale.
Oltre che nei Caraibi o in diversi altri territori che furono parte dell’impero britannico, anche se in scala minore, il curry è ormai più presente di quanto si pensi anche in realtà come quella italiana, comunque sempre fedele alla sua vocazione mediterranea, comparendo come ingrediente principale di dressing per l’insalata o salsine d’accompagnamento.
A proposito poi di diffusione planetaria, un ruolo a parte viene ricoperto dagli Stati Uniti, dove, similarmente al Regno Unito, è presente una cospicua comunità indiana che ha portato con sé usi e costumi anche a livello gastronomico, ambito che ovviamente non può prescindere dal curry.
Non dimentichiamo il verde!
That’all folks? Certo che no! In un universo fatto di chicken tikka masala (probabilmente il piatto più famoso del suo genere), khao soi (una zuppa thai) e chi più ne ha più ne metta, è ancora necessaria un’ultima doverosa precisazione.

Se, come abbiamo visto, per curry si intendono normalmente le misture e le pietanze con queste condite, non bisogna tralasciare l’esistenza di un’omonima piantina anch’essa fortemente impiegata nella cucina indiana.
Messe da parte salse e polveri profumate, si hanno quindi le foglie dell’albero del curry, ricavate da una pianta che cresce rigogliosa nelle zone sub-tropicali come la regione indiana del Kerala, caratterizzate da un particolare sentore agrumato che potrebbe quasi ricordare quello del limone.
Piccola alchimia in cucina

A prescindere da miscele in polvere, foglioline e via dicendo, sicuro è che le spezie nella loro versatilità possono essere un valido alleato per chi decide di mettersi ai fornelli.
Se in più, quelli con un particolare estro volessero dare un ulteriore tocco personale, nessuno vieta anziché usare un curry già pronto, di tostare da sé le proprie spezie e armarsi di pestello e mortaio per dar vita a un qualcosa di unico.
Magari serviranno diversi tentativi ed esperimenti per arrivare a qualcosa di decente, o forse il primo colpo sarà quello fortunato, in ogni caso il risultato finale, senza dubbio, non potrà che essere sorprendente. Spice up your life!
Caricamento...