Una storia vicina a tanti quella del “Dead Boy” di Etra
Dead boy di Etra è un brano apparentemente semplice, quasi leggero, che racconta al suo interno un profondo ed attuale messaggio.
Il sound Rap Rock riesce ad esaltare benissimo il significato del testo; Il tema del fallimento, il non arrendersi mai, l’essere continuamente schiacciati dagli altri e, in ogni caso, non mollare (per non essere più emarginati da questa nostra società): ecco il vero filo conduttore della canzone.
Il dramma adolescenziale del giovane escluso si fa sentire con una stesura del testo molto cruda ma veritiera.

“Qua sono i falliti che diventano gli eroi”
Questa frase incarna perfettamente la condizione di tantissimi adolescenti: sentirsi dei perdenti, essere aggrediti o ricevere degli appellativi negativi che porta, necessariamente e fortunatamente, al rovescio della medaglia. Prima o poi anche gli ultimi si alzano e possono diventare degli eroi. Perché la vita, proprio come una favola, può sempre celare un lieto fine inaspettato.
Dai quasi 2 milioni di like su tiktok alle editoriali di spotify il passo è breve
Influencer con un seguito crescente su tiktok, il giovane Etra ha voluto con questo brano mettere a disposizione la sua notorietà per portare in luce un problema che, proprio con l’avvento dei social media, è andato tristemente ad amplificarsi: il bullismo tra i giovani. Ed ecco che la soluzione può solo arrivare da chi, come Alessio, si è guadagnato una fetta di popolarità ed è giusto (come lui stesso dice) poter dare indietro qualcosa di positivo.
Di chi stiamo parlando?
Etra, al secolo Alessio, nasce a Trieste nel 1999. Dopo anni di studio di batteria, solfeggio e canto moderno, a 16 anni, sente il sacro fuoco dentro della scrittura che brucia dentro ed inizia la sua produzione. Scrive quello che vorrebbe dire o racconta il vissuto personale dove in molti possono rispecchiarsi.
Nel 2020 pubblica “Come va?” in cui si rivolge ad un amore passato che ormai è andato via: quelle che, ad oggi invece, sono rimaste sono le più di 110.000 streams su Spotify. Con l’ultima release “Lisboa” ha avuto l’occasione di entrare in alcune playlist editoriali, arrivando quasi a 100.000 streams solo nel periodo estivo.
Gli abbiamo fatto qualche domanda

Come hai capito dopo tanti anni di studi riguardo campi come batteria e solfeggio , che poi la tua vera passione sarebbe stata la scrittura? Cosa ti ha spinto a scrivere?
Mi ricordo di una persona che disse: “per creare una tua personalità musicale dovrai scrivere canzoni tue che descrivano il tuo mondo”. Inizialmente non l’avevo capito; iniziai col creare un mio stile intorno alle cover , poi ho sentito il bisogno di dover scrivere ciò che non riuscivo a dire con le parole: così ho iniziato. Non ero bravo a parlare, ma a mettere nero su bianco in rima quello che provavo dentro mi veniva bene.
Le canzoni che scrivi ti rispecchiano completamente o prendi spunto da storie anche vicine a te?
Mi piace partire da qualcosa che ho vissuto, da una storia che voglio raccontare o scrivere ciò che non riesco a dire. Sono però una persona che osserva molto, infatti alcuni miei brani parlano di cose che ho visto, storie che mi sono state raccontate; ciononostante mi piace parlarne come se fossi io in prima persona a raccontarle.
Per esempio “Dead boy”, canzone con un tema molto forte, ha un che di autobiografico o l’hai scritta pensando a tutti coloro che hanno avuto delle difficoltà?
“Dead boy” parte da un vissuto personale, dagli ostacoli che ho avuto di fronte a me. La mia idea era però quella di coinvolgere altre persone, aiutandole a non farsi sottomettere dalla società, incitandole a non porsi mai limiti e a rendersi unici non imitando nessuno. Spero di dare forza a chi come me si è sentito piccolo ed impotente davanti al mondo; sono come la “voce del popolo”. È il “dead boy” il giovane che finirà morto se non si farà valere.