Il fuoco di Artemisia Gentileschi
“Ma vien voglia di dire questa è la donna terribile! Una donna ha dipinto tutto questo! …che qui non v’è nulla di sadico, che anzi ciò che sorprende è l’impassibilità ferina di chi ha dipinto tutto questo ed è persino riuscita a riscontrare che il sangue sprizzando con violenza può ornare di due bordi di gocciole a volo lo zampillo centrale! Incredibile vi dico!”
Con queste parole Roberto Longhi, storico e critico d’arte italiano, descrive l’opera di Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne.

Un dipinto ricco di dettagli, come il bracciale d’oro con camei antichi di Giuditta, la sua acconciatura, la veste in damasco giallo, il merletto della camicia, così come le pieghe del velluto rosso della coperta del generale assiro, il sangue che spruzza a fontanella sembra quasi uscire dal quadro. Questa è solo una delle tante opere di Artemisia Gentileschi, pittrice romana di scuola caravaggesca.
La vita di Artemisia Gentileschi
Roma a quei tempi era uno dei più grandi centri artistici in Europa. La Riforma Cattolica portò al restauro di numerose chiese e di conseguenza le committenze aumentarono. Il padre Orazio era un importante pittore di scuola caravaggesca e introdusse Artemisia nel mondo dell’arte, insegnandole a preparare i vari materiali, i colori, gli oli, i pennelli e le tele. Col tempo Artemisia acquista dimestichezza con gli strumenti del mestiere, e perfeziona giorno dopo giorno le sue doti artistiche riproducendo le xilografie e i dipinti che aveva il padre. Nel 1600 viene inaugurata la Cappella Contarelli, a San Luigi dei Francesi, qui Artemisia Gentileschi ammira i dipinti di Caravaggio, e ne rimane affascinata.
“Questa femina, come è piaciuto a Dio, avendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere.” Orazio Gentileschi in una lettera inviata alla granduchessa di Toscana, 3 luglio 1612
Quando lascia Roma per seguire il suo sposo, Pierantonio Stiattesi, anche lui pittore, si trasferisce a Firenze. Grazie alla politica di Cosimo II de’ Medici, Firenze stava vivendo un periodo di vivace fermento artistico. Artemisia viene accolta nella sua corte e coltiva delle nuove amicizie tra le personalità più di spicco dell’epoca, come Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane, il nipote di Michelangelo. Proprio grazie a lui Artemisia ottiene numerose commissioni e altri potenziali clienti. Allegoria dell’Inclinazione è un opera commissionata proprio dal Buonarroti, e rappresenta l’allegoria dell’inclinazione, cioè della predisposizione naturale per un’arte.

“…nel chiederle un dipinto per uno dei cassettoni del soffitto, ne aveva formulato chiaramente il programma iconografico: voleva che rappresentasse una giovane donna che abbia del ardito, che fosse svestita e incarnasse l’Allegoria dell’inclinazione, l’allegoria di tutte le propensioni artistiche del divino Michelangelo. Con una libertà sconcertante, Artemisia aveva raffigurato sé stessa, completamente nuda. Oggetto del desiderio degli uomini ed oggetto dei propri dipinti, rivendicava contemporaneamente in quest’opera la bellezza del proprio corpo e il genio del suo pennello.” Alexandra Lapierre nel suo romanzo su Artemisia
Il 19 luglio 1616 Artemisia Gentileschi viene ammessa alla prestigiosa Accademia delle arti del disegno di Firenze, la prima donna a godere di questo privilegio.
Le incredibili opere di Artemisia Gentileschi sono ora esposte al Palazzo Ducale di Genova. La mostra, aperta fino al primo aprile 2024 e curata da Costantino D’Orazio, ci mostra la personalità geniale, determinata e coraggiosa, di una delle più importanti artiste di tutti i tempi, attraverso 50 opere provenienti da tutta Europa.
Fonte:
- Wikipedia
- Gentileschi. Padre e figlia, Roberto Longhi