19 luglio 1987, Pesaro, una Fiat Regata con targa falsa si ferma al casello, scendono due rapinatori con le armi puntate contro il casellante. Si fanno consegnare 1.300.000 lire. Da qui comincia la carriera criminale della banda della Uno bianca, passata alla storia non solo per i numeri di crimini commessi, ma anche per gli insospettabili componenti della banda.
I crimini commessi dalla banda della Uno bianca
Tra il 1987 e il 1994, la banda della Uno bianca ha rapinato 22 banche, 18 caselli autostradali, 15 supermercati, 20 distributori di benzina, una tabaccheria, un armeria e 9 uffici postali, per un totale di 2.164.482.219 lire, 24 morti e 114 feriti. Il nome della banda è stato coniato dalla stampa perché nella maggior parte dei loro crimini utilizzavano una Fiat Uno di colore bianco, auto semplice da rubare e molto diffusa a quei tempi.
La strage del Pilastro
4 gennaio 1991, quartiere Pilastro di Bologna, la banda sta cercando un’auto da rubare per compiere una rapina, quando una pattuglia dei Carabinieri li sorpassa. Pensando che i carabinieri volessero prendere la targa della loro macchina, si affianca all’auto dei militari e apre il fuoco. Nonostante risposero a colpi di proiettili, la potenza delle armi della banda non diede scampo ai militari. Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini vengono poi finiti con un colpo d’arma da fuoco alla nuca.

Presero il foglio di servizio della pattuglia e si allontanarono. La Uno bianca viene incendiata e abbandonata in un parcheggio. Sui sedili, il sangue di uno dei criminali, rimasto ferito durante il conflitto a fuoco.

18 agosto 1991, San Mauro Mare, la banda della Uno bianca, uccide due operai senegalesi, Ndiaj Malik e Babou Chejkh, e ne ferisce un altro, Madiaw Diaw, spinta dalle loro idee razziste. Questi sono alcuni degli omicidi commessi dai criminali.

Nel 1994, il magistrato di Rimini, Daniele Paci, crea un squadra di investigatori per risolvere il caso della banda della Uno bianca. Vengono arrestate e rilasciate diverse persone nel corso delle indagini, ostacolate e depistate più volte. L’identikit di uno dei criminali appeso in questura a Bologna era identico al volto di un dipendente che lavorava lì.

L’abilità dimostrata dai criminali con le armi da fuoco, alcune difficili da reperire, il fatto che conoscessero il modus operandi delle forze dell’ordine e riuscivano sempre a evitare posti di blocco, le tattiche militari utilizzate nel corso delle varie rapine, fecero pensare che la banda fosse composta da persone che lavoravano nel settore militare.
Gli investigatori cominciarono a ragionare come loro, appostandosi davanti alle banche delle zone interessate dalla banda, nella speranza di incontrarli.
La sera del 21 novembre 1994, l’assistente capo di polizia Roberto Savi, detto il “monaco”, viene arrestato mentre è in servizio. Tre giorni dopo viene arrestato anche il fratello, Fabio Savi, e in seguito vengono arrestati l’agente scelto Alberto Savi, l’agente scelto Luca Vallicelli, l’agente scelto Pietro Gugliotta e il Vice Sovrintendente Marino Occhipinti.

I processi si conclusero il 6 marzo 1996. I tre fratelli Savi, Roberto, Fabio, Alberto e Marino Occhipinti, vengono condannati all’ergastolo. Pietro Gugliotta viene condannato a diciotto anni di carcere, Luca Vallicelli patteggia a una pena di tre anni e otto mesi.
Sulla banda della Uno bianca sono stati girati diversi documentari e un film:
- Uno bianca, regia di Michele Soavi (2001) con Kim Rossi Stuart, Claudio Botosso, Michele Soavi, Dino Abbrescia, Pietro Bontempo, Bruno Armando;
- Una mattina di novembre, docu-fiction, regia di Fabio Sabbioni;
- La Banda della Uno Bianca, regia di Claudio Pisano, scritto da Simone Passarella;
- La vera storia della Uno bianca, regia di Alessandro Galluzzi (2021).
Fonte: Wikipedia