Era il 2011 e I Cani se ne uscivano con “Il sorprendente album d’esordio de I Cani”, c’era Roma, c’erano i suoni Synth Pop, c’era una busta in testa e c’erano i testi appiccicosi conditi da un lessico sgrammaticato. Tutto questo per dire che sono passati 12 anni da quella piccola rivoluzione, che seppur piccola, è stata un solido ponte con la scena indipendente (per davvero) retta dagli Afterhours e da Il Teatro degli Orrori sino ad allora.

Roma, Roma
Se parliamo di indie contemporaneo, si parla di Roma. Da Piazza Venezia a Corso Trieste, dal Monk all’Ex Dogana, Roma è stata scenario delle ultime tendenze musicali, di moda, locali e stili di vita. Tutto si è adeguato all’indie e alle sue diverse inclinazioni: quello pop dei TheGiornalisti e di Gazzelle, quello rap di Coez, quello autorale di Franco 126 o quello, nella sua declinazione pura, di Niccolò Contessa (I cani).
Ed è da I Cani che voglio iniziare.

C’era parecchia attesa, il 3 giugno 2011, intorno all’uscita de Il sorprendente album d’esordio de I Cani, tant’è che già dal titolo la one man band di Niccolò Contessa cercò di esorcizzare il tutto. Niente di troppo ricercato e soprattutto niente a che vedere con ciò che oggi avvolge ogni singolo di Calcutta & co, anche solo per numeri – l’album fu presentato al Circolo degli Artisti, a Roma ovviamente, che a stento avrebbe potuto ospitare l’aftershow di un concerto it-pop da 800 paganti al Palazzo dello sport. Però si parlava già di hype e in quegli anni per la musica indipendente italiana era comunque un passo avanti.
Erano gli albori di un nuovo modo di relazionarsi con il pubblico senza passare per i canali tradizionali. Così Niccolò Contessa aprì uno squarcio dal quale, negli anni a seguire, sarebbero passati tutti quei cantautori che con le loro produzioni hanno contribuito a dare un nuovo volto al pop fatto in casa: da Levante a Calcutta, Colapesce, i Thegiornalisti di Tommaso Paradiso, fino allo stesso Liberato. Contessa, Paradiso, Calcutta, la triade che ha permesso a Roma di tornare ad essere la culla del cantautorato italiano, vent’anni dopo Il Locale di Fabi, Gazzé e Silvestri.
Nascondersi di più

Almeno una volta nella vita chi non è stato vittima del gioco del nascondino?
Nascondersi per non farsi trovare dagli amici, nascondersi per non farsi trovare dai genitori, nascondersi per non farsi trovare e basta. Farlo a dieci anni è divertente, farlo a venti è meno divertente per chi ti sta cercando, farlo a trenta è il segno che forse è ora di iniziare a crescere, a meno che tu non sia un artista, in quel caso la faccenda si fa intrigante. Vi faccio dei nomi: Banksy, M’Horò, Daft Pank, Gorillaz, Liberato.

Non dico nulla di più di quanto non sia già stato detto sul fascino dell’ignoto, aggiungo solo che anche Contessa, al suo esordio, e per qualche tempo ancora dopo, ci incantò con una semplicissima busta di cartone in testa, nascondendo un’identità ancora ignota, nonostante I pariolini di 18 anni e Wes Anderson avessero fatto il panico su Soundcloud nel 2010. La sua era più una trovata ideologica che una paraculata: la toglieva dopo qualche canzone, e la sensazione davanti a quel viso semplice, ordinario era che la faccia non fosse necessaria, contava solo il resto.
Indie – ieri, oggi e domani
Possiamo parlare di tre generazioni di indie italiano: dalla fine degli anni Novanta in poi tra i gruppi che introducono il loro indie rock, ci sono soprattutto i C.S.I. (Consorzio Suonatori Indipendenti) con Giovanni Lindo Ferretti, lo stesso dei CCCP, a tirarne le redini; gli Afterhours dopo “Germi” (1995) e “Hai paura del buio?” (1997), i Marlene Kuntz con il loro “Catartica” (1994) e, per chiudere con stile, i Verdena con “Verdena” (1999).

Il nuovo millennio si apre con l’arrivo di una seconda generazione, un po’ meno post-grunge della prima ma non per questo meno alternativa. Segnano il 2000 i Baustelle, con il “Sussidiario illustrato della giovinezza” e i Tre Allegri Ragazzi Morti che nello stesso anno pubblicano “Il principe in bicicletta”. La stessa etichetta, La Tempesta Dischi, pubblicherà lavori di altri artisti del momento, tra cui Il Teatro degli Orrori, Giorgio Canali e Le Luci della Centrale Elettrica. Questi ultimi marcano il passaggio a un indie più attuale, generazionale, che si limita a raccontare “canzoni d’amore e di merda dalla provincia”, per dirla alla Vasco Brondi.
I gruppi hipster, indie, hardcore, punk, electro-pop. I Cani.
Ritorno ancora una volta all’ album d’esordio, in tutti i sensi, de I Cani. Non solo perché quelle tracce tutt’oggi mi accompagnano, specialmente quando viaggio, ma più che altro per la potenza, inesauribile, di questo prodotto genuino.
All’epoca nessuno poteva immaginare cosa avrebbe significato questo disco per la musica italiana dagli Anni Duemiladieci in poi. Uscito proprio all’inizio della decade, “Il sorprendente album d’esordio de I Cani” è stato l’album che ha segnato uno spartiacque nella storia del pop nostrano contemporaneo e, colpo di scena, tutto questo senza conquistare Dischi d’oro o di platino. Non esagero quando dico che a partire da questo album è iniziato un sottile fermento musicale che nel giro di pochi anni avrebbe permesso all’indie di diventare pop e/o al pop di diventare indie, portando i giovani cantautori italiani, prevalentemente romani, a diventare le nuove star del mainstream.

Fu proprio Niccolò Contessa, con questo disco, a portare nuova linfa al sistema discografico italiano, all’epoca ancora incentrato sui dischi delle popstar fresche, fresche di talent, promuovendo la sua musica in maniera insolita, puntando sulla viralità e sul social.
E a proposito di modi insoliti di fare, proprio qualche tempo fa ha sorpreso tutti partecipando a una puntata di “Una pezza di Lundini”, il programma condotto dal comico romano Valerio Lundini dove ha suonato una sua canzone inedita. Così, de botto. Ma con tanto senso.
Ancora una volta, poche certezze e tanto ignoto ed è per questo che non ci stanchiamo mai di farci sorprendere da I Cani.