A Napoli è Liberato mania
Le strade di Napoli, attorno a Piazza del Plebiscito, sono fiumi di ragazzi che agitano una rosa rossa e indossano magliette larghe e nere con su scritto: “LIBERATO”. A poco a poco, la piazza transennata si riempie fino a diventare una fantastica mescolanza di vite, tutte in attesa di un cantautore di cui nessuno conosce il volto. Così, sotto un cielo di stelle offuscate da caldo, smog e fumo, si abbassano le luci, e sul palco cala un sipario leggero, dietro cui si intravedono diverse figure.
Un coro di voci accoglie Liberato. Subito sullo schermo si alternano immagini ipnotiche e parte l’intro, poi la piazza si infiamma con “Guagliò”: tutti saltano, tutto si muove, dai lati del palco svariati lanciafiamme cacciano lingue di fuoco. <<Guagliù l’ata appiccià ‘sta piazza??!>> incita il cantante, mentre la folla salta, suda, canta. La felicità è palpabile in ogni dove! Brani come “Nun ce penzà”, “Nunneover”, “Partenope”, “Anna”, “Guagliuncella napulitana”, tratti dall’ultimo album dell’artista, “LIBERATO II”, si alternano a parentesi jungle, reggaeton, house e tutto diventa un flusso che trascina con sé ogni persona lì presente.

Venticinquemila persone…in estasi. ll mondo musicale del cantautore prende vita su quel palco, la cultura da clubber londinese sposa la tradizione napoletana e tutto si contamina alla perfezione. “Cicerenella”, reinterpretata da Liberato in chiave techno e contenuta nel suo secondo lavoro in studio, e “Tammurriata nera”, con una base house, ne sono la prova.

E ancora ” ‘O surdato ‘nnamurato” che scivola in “Gaiola portafortuna”, con un passaggio quasi impercettibile. Liberato parte così dallo struggente canto di un soldato in guerra, lontano dalla donna amata, e arriva alla freschezza di un amore adolescenziale consumato sull’isola napoletana. L’artista porta sul palco anche una decina di ballerini del collettivo FUNA, che, vestiti con abiti tradizionali, danno il via ad un suggestivo spettacolo sulle note delle canzoni popolari.
Il concerto, tra un mix e l’altro, si snoda poi tra le malinconiche “Niente“, “Oi Marì”, e quelle canzoni su cui è davvero impossibile non ballare: “Tu me faje ascì pazz’ “, “Me staje appennenn’ amò”, “Nunn’a voglio ‘ncuntrà”, “E te veng’ a piglià” e “Je te voglio bene assaje”. Tutti sono nel vortice, la piazza sana balla, esplode e i problemi sembrano appartenere ad un altro mondo. ll palco diventa viola chiaro e la tastiera introduce “Nove maggio”, singolo del 2017 che ha consacrato Liberato al successo. A sorpresa, l’artista la canta assieme a Calcutta , anche lui incappucciato. Fantastici i riff di chitarra a impreziosirne la base.

Dopo circa due ore di concerto, si va verso la fine. Tra luci rosse e blu che riempiono il cielo, riecheggiano le note di “Tu t’e scurdat’ ‘e me”. La folla canta all’unisono, ma poi nel silenzio si insinua l’ultima canzone: “O core nun te ne padrone” e la piazza viene giù, sprofondando in un luogo così intimo che non si può descrivere.
Occhi umidi e magliette di Maradona, si trovano improvvisamente di fronte ad uno spettacolo pirotecnico che, a metà della performance, scoppia dai lati del palco ed abbraccia la folla. “Uà!”…tutti i nasi all’insù a godersi l’incanto dei fuochi d’artificio, mentre dal microfono arriva: <<Napoli chest’ è p te, amo’…>>. Qui davvero tutta la città canta Liberato, che tra gli applausi lascia il palco e torna nel suo anonimato. È una piazza magica.
