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Attualmente nessuno è in grado di stabilire con precisione dove sia nato lo yoga: ogni testimonianza, per quanto antica, tende a mostrare già l’esistenza di una disciplina evoluta. Per cercare di comprenderne le origini, può essere utile tracciare un quadro sintetico che tenga conto di alcune tappe fondamentali.
Le prime rappresentazioni

Negli anni Venti del Novecento a Mohenjo-Daro – città costruita nel III millennio a.C. e abbandonata nel XVIII sec. a.C., attualmente in Pakistan – è stata rinvenuta una statua di un precursore del dio Shiva che può essere considerata la prima rappresentazione plastica dello yoga: la divinità ha tre volti, le corna ed è seduta con le gambe incrociate e i talloni che si toccano.
Oltre a questa rappresentazione, è stata portata alla luce una statua che probabilmente raffigura uno yogin: la figura, assisa nella posizione del loto, non possiede le corna (simbolo divino) e tiene gli occhi rivolti verso la punta del naso con le palpebre abbassate in atteggiamento meditativo. Ciò fa supporre che all’epoca esistesse già lo yoga, sebbene non se ne conoscano le forme praticate.
Etimologia
La stessa etimologia del termine “yoga” può fornire alcuni spunti di riflessione utili per capirne la concezione in tempi remoti: anticamente questo termine veniva impiegato per indicare l’atto di aggiogare cavalli o buoi a un carro, rendendo gli animali ubbidienti agli ordini dell’auriga; in seguito, a questo concetto vennero assimilati i sensi e gli istinti dell’essere umano che devono essere dominati dall’intelletto in una pratica destinata all’ascesi spirituale.
Le Upanisad
I fondamenti più solidi dello Yoga si trovano nelle Upanisad, testi filosofici e religiosi scritti in forma di dialogo il cui numero è generalmente fissato a 108, sebbene i più antichi, composti verosimilmente a partire dal IX secolo a.C., siano 14.
In alcuni di questi, per la prima volta, compare l’uso del termine “yoga” in senso tecnico
«Allorché la virtù dello Yoga in quintuplice modo è sorta da questo corpo costituito di terra, acqua, fuoco, aria ed etere, non vi è più malattia, non vi è più vecchiaia, non vi è più morte per cui il quale ha conseguito un corpo siffatto foggiato dal fuoco dello Yoga».
Śvetāśvatara Upaniṣad
Il vero progresso segnato dalle Upanisad, dunque, sta nello spostamento della ricerca spirituale dal mondo fisico a quello interiore, dal pensiero magico alla gnosi: non si pregano più gli dei per ottenere prosperità e felicità, ma per essere liberati da dolore e ignoranza.
Bhagavadgītā

Nel Mahabharata, poema epico composto intorno al VI secolo a.C., troviamo i 18 capitoli che costituiscono la Bhagavadgītā, particolarmente ricca di informazioni sullo yoga.
Nel testo, Krishna, che espone una vera e propria rivelazione manifestandosi come “Essere supremo”, fornisce alcune definizioni interessanti relative allo yoga: «La mente in continuo equilibrio nella calma interiore è detta yoga»; «Yoga è abilità nell’agire»; e ancora «Lo yogin è superiore agli asceti, lo yogin è superiore anche agli uomini di conoscenza, lo yogin prevale sui sacrificanti».
La novità della rivelazione della Bhagavadgītā consiste nel comunicare agli esseri umani che la meta della realizzazione spirituale è raggiungibile solo attraverso lo yoga.
Lo Yogasutra di Patanjali

Lo Yogasutra di Patanjali è il più autorevole testo sistematico sullo yoga giunto fino a noi. Ancora oggi si studia e si interpreta, nonostante sia di grande difficoltà interpretativa.
Esso è il risultato di un enorme sforzo inteso non solo a passare in rassegna e classificare una serie di pratiche ascetiche e norme contemplative conosciute da secoli, ma anche a valorizzarle da un punto di vista prettamente teorico.
«Gli otto mezzi dello yoga sono: yama (autocontrollo), niyama (osservanze), asana (posizione), pranayama (controllo del respiro), pratyahara (astrazione), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione), samadhi (contemplazione)».
Yogasutra II,28
Tantra
I libri dei Tantra costituiscono un’evoluzione del pensiero relativo allo yoga. Con “tantrismo” si indica quella fase dell’induismo che trova la sua più ampia espressione appunto nei Tantra, scritti a partire dal V d. C., secondo i quali, i mezzi tradizionali delle ere precedenti – rivolti a uomini più virtuosi – non erano più adatti ai contemporanei.
Di conseguenza, si rendevano necessarie misure più drastiche, capaci di allo stesso modo di aprire la strada dell’illuminazione: «Nella via tantrica della vita, il godimento (bhoga) diventa yoga, il cosiddetto vizio diventa virtù, e il mondo, altrimenti considerato la causa della schiavitù, diventa un mezzo per la liberazione».
In questi testi si crede fermamente che la realizzazione spirituale possa cominciare anche dalle realtà più banali.
«L’universo tantrico è costituito da una serie indefinita di analogie, di omologazioni e di simmetrie; partendo da un livello qualsiasi è possibile stabilire comunicazioni mistiche con gli altri livelli, per ridurli alla fine all’unità e dominarli».
Mircea Eliade
Yoga e sessualità
Nella Brhadaranyaka – probabilmente la più antica delle Upanisad vediche – troviamo anche istruzioni di tipo sessuale, tra le quali il riassorbimento del seme durante l’amplesso, per fini magici o per la longevità.
Tali idee sono state in seguito riprese e approfondite nel tantrismo, secondo cui, anche la sessualità, ritenuta generalmente peccaminosa da altre fonti, può diventare un mezzo per connettersi con il divino.
«L’effluvio di beatitudine che è prodotto dall’amplesso della coppia divina del Supremo Shiva e la Suprema Dea, questo è l’unico e vero significato dell’unione sessuale. Chi in altro modo si unisce a una donna, non è altro che un animale che copula».
Kulārṇava Tantra
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