Lupi mannari: chi ha inventato queste creature della notte?
No, non sono nate per aiutare chi non sapeva come travestirsi ad Halloween. Assolutamente no: i lupi mannari si annidano nei meandri della nostra cultura fin dalle sue origini. Anche le nonnine più fantasiose dell’antica Roma raccontavano storie di paura ai nipotini, e tra le più gettonate troviamo proprio quella degli uomini-lupo.

Una delle conferme della presenza di questa figura nell’immaginario popolare antico viene da Petronio Arbitro, un eccentrico personaggio attivo alla corte dell’imperatore Nerone. Nel Satyricon (61-62), egli riporta l’inquietante resoconto di un avvistamento del mostro. Nicerote, uno schiavo, ha un’amante che raramente può permettersi di andare a trovare. Dato che, però, il suo padrone è fuori città e – finalmente! – il marito di lei è morto, il giovane non perde tempo e corre a consolare la vedova.
Spaventato, però, dall’affrontare un viaggio di notte, chiede a un soldato di passaggio di accompagnarlo. I due improvvisati compari iniziano la loro passeggiata notturna. Giunti in un cimitero, il soldato decide di fermarsi a urinare su una lapide. Il protagonista, sconcertato, attende che il rozzo compare abbia finito ma…questo inizia a spogliarsi, completamente nudo. Ma non è tutto: il suo corpo si ricopre di peli e inizia a ululare.
Terrorizzato, Nicerote corre dalla sua amata. Mentre cerca di consolarlo, lei gli racconta che un lupo ha appena attaccato il villaggio, ma fortunatamente un contadino è riuscito a ferirlo mortalmente. Nicerote vuole vederci chiaro: alle prime luci dell’alba corre a casa per scoprire che….il soldato è in fin di vita, colpito nello stesso punto del lupo.
Per Petronio, questa storia è la prova dell’esistenza dei licantropi.
Ma noi siamo pronti a fidarci di lui?
Se si parla di fantasia, il nostro autore ha ben pochi rivali. Non si può certo dire lo stesso in materia di veridicità: le sue storie riprendono spesso motivi letterari popolari, e non trascurano superstizioni così assurde da mettersi in ridicolo da sole.
Eppure, oltre alle leggende di derivazione già greca che vedevano i licantropi (dal termine “lykos”, “lupo” e anthropos, “uomo”) come protagonisti, vi sono testimonianze di altri autori latini di cui è più difficile dubitare.

Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2020/12/licantropia-sindrome-licantropica/
Primo fra tutti, Plinio il Vecchio, coevo di Petronio. Autore di un’opera enciclopedica, la Naturalis Historia, Plinio era così affascinato da qualunque aspetto del mondo in cui viveva da dedicare ogni momento libero allo studio. Si racconta che continuasse a studiare persino mentre faceva il bagno. Suo nipote, Plinio il Giovane, scriverà in una lettera che suo zio, il Vecchio, vedendo il Vesuvio eruttare, abbia voluto avvicinarsi per osservare il fenomeno, trovando la morte.
Proprio Plinio il Vecchio (NT, VIII, 81) ci racconta di una strana famiglia dell’Arcadia, caratterizzata da un potere speciale: un uomo, estratto a sorte, subiva la trasformazione in lupo, dopo essersi denudato e aver attraversato uno stagno a nuoto. Non è la luna, dunque, ciò che determina il manifestarsi della mutazione, ma in entrambi i racconti pare si tratti di una regressione alla vita agreste, caratterizzata da assenza di vestiti, simbolo della civiltà, e luoghi isolati (cimiteri, campi).
Virgilio, il celeberrimo autore dell’Eneide, nelle Bucoliche (VIII, 95-99) riporta una spiegazione ben diversa del fenomeno: per trasformarsi in lupo occorre assumere una pozione specifica. E non è nemmeno l’unico a pensarla così.
Insomma: lupi mannari si nasce o si diventa? Basta fare i nudisti o bere intrugli poco invitanti? La risposta non è certa, ma gli autori antichi hanno sicuramente molto da dire sull’argomento.