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Rondodasosa, il più discusso
Non nascondo di avere un certo debole per la nuovissima scena drill italiana.
Inutile quindi precisare come sia riconoscente al figliol prodigo che l’ha portata alle luci della ribalta: Rondodasosa.
A lui va sempre il merito di aver messo sotto i riflettori non solo il suo collettivo Seven7oo, ma anche scene collaterali provenienti da ambienti simili, come Baby Gang e la No Parlo Tanto.
Un cambio generazionale segnato da un’America sempre più presente: la storia di Rondo un vero sogno del continente oltreoceano, il suono invece, viene precisamente da Chicago e Atlanta.
Al primo ascolto di ‘Face to face’, il singolo da cui è nato il successo di Mattia Barbieri, i più informati avranno riconosciuto la base del brano di King Von ‘Exposing Me’: insomma, Rondodasosa non ha mai nascosto i suoi idoli e a chi si rifacesse.

Il primo album
Il primo di una nuova generazione, questo basta per far capire la sua difficile posizione di apripista, con critiche per ogni suo atteggiamento e affermazione.
La giovanissima età poi, non aiuta assolutamente: l’arroganza di essere uscito da una situazione così difficile si accresce, rendendo il suo rapporto difficile con le personalità esterne a una certa scena.
In una situazione così, dopo i primi due anni di carriera musicale, i toni sembrano calmarsi, e Rondo prende la palla al balzo per sfruttare al meglio questo periodo post-covid, lanciandosi nel suo primo progetto LP: ‘Trenches Baby’.
Un progetto maturo?
Non siamo ancora pronti a definire ‘Trenches Baby’ come un progetto maturo, la descrizione più corretta sarebbe di un ‘Giovane Rondo’ (il suo primo EP ufficiale) più lungo e completo.
Rondo infatti, non si discosta per tematiche e sound dai suoi inizi, rimanendo legato a un certo tipo d’immaginario basato su “Crips” e criminalità, com’è facilmente deducibile dalla stessa copertina.
Risulta più completo solo per alcune sperimentazioni: Rondodasosa non rimane legato unicamente alla sonorità “drill” che l’ha portato alla ribalta, ma si affianca ad altri producer oltre allo storico NKO, come Low Kidd e Miles.
Con quest’ultimo il giovane rapper fa i brani più particolari di tutto l’album, in cui sentiamo influenze addirittura old school.

Non ancora abbastanza
L’album però, non si concretizza, rimanendo più un enorme mixtape con buone idee che un progetto ben strutturato.
La lunghezza poi, non aiuta: 17 tracce per 52 minuti di ascolto risultano troppe, contando che alcune di questi brani sono già usciti come singoli.
Un ascolto che risulta un po’ troppo ripetitivo, e stucca rapidamente.
Le tematiche poi, non aiutano a diversificare un album ripetitivo: per quanto lo slang americanizzato di Rondo renda il ragazzo capace di utilizzare svariati flow, la scrittura è troppo lasciata a sé stessa, senza particolari evoluzioni dai vecchi progetti.
Un compilation album
Un esercizio di stile e una piena di dimostrazione di capacità, ma che poteva stare in meno spazio.
Un progetto d’esordio insomma che convince e rende curiosi, ma che rischia di passare un po’ sottotono.
Un disco che abbonda, ma che mi ha lasciato solo la voglia di sentire ancora più sperimentazione da parte dell’artista, che ha ancora tanto spazio per poter evolversi.
Un plauso finale poi alla coppia Miles e Rondodasosa, che risultano la cosa più convincente del progetto.
Il sodalizio del rapper con NKO non sembra assolutamente cedere, ma sarei curioso quanto questa giovanissima coppia sperimentale possa dare.
Quindi: a quando un disco Rondo & Miles?

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