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Anna Tatangelo e il lungo percorso verso la trasformazione artistica
Che Calvino mi perdoni se prendo in prestito le sue parole: stai per cominciare a leggere […] prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca, se hai un’amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga. […] Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, sui braccioli del divano, sugli orecchioni della poltrona, sul tavolino da tè, sulla scrivania, sul pianoforte, sul mappamondo. Togliti le scarpe, prima. Se vuoi tenere i piedi sollevati; se no, rimettile.
Bene, adesso possiamo iniziare: l’Italia è un paese bigotto.
Partendo da questo presupposto si capiranno molte cose. E’ sempre doveroso fare una premessa del contesto socio-culturale nel quale si svolgono i fatti, di qualsiasi natura essi siano, anche artistici. E come nei migliori manuali che si rispettino, scopriamo insieme il perché.
Il primo motivo verrà fuori dalla reazione al titolo: Anna Tatangelo non può essere la Regina del Pop, perché legata a una tradizione fin troppo melodica priva di qualsiasi progressismo e fortemente tradizionale. Il marchio di fabbrica che ti affibbiano all’inizio della tua carriera è difficile da sostituire, perché nel bigottismo i cambiamenti fanno sempre paura; tu sei questo, sei nato così e la miglior cosa che tu possa fare è rimanere come tutti sono abituati a vederti per non far sì che i poveri “giudicanti” non subiscano un trauma.

Il secondo motivo è sempre legato al tuo background, ma stavolta privato. Difficile anche qui toglierti un’etichetta che ti indentifichi in una categoria dalla quale è difficile sdoganarsi. E anche qui fa fede il buon vecchio e ricitato bigottismo.
Perché per qualche strana ragione le due sfere si intersecano sempre, il tuo lavoro va a braccetto con la vita privata, più o meno in tutte le categorie (ricordo che una volta durante un colloquio di lavoro mi chiesero di raccontare la storia della mia famiglia, come se il suddetto albero genealogico potesse influire in qualche modo sulla qualità dell’operato); adesso prendi questo piccolo episodio e moltiplicalo per un numero indefinito di volte.
Il terzo motivo è, ahimè, perché sei donna. Non è forse più facile diventare Re che Regine?
E qui la punta del bigottismo tocca i suoi vertici più elevati, entra nel cosmo stellato e fa capolino direttamente sull’astro più lucente che il creato possa aver disegnato. Sì, lor signori devono sapere che ci sono ancora commenti che recitano: “sei una mamma non dovresti fare certe foto” -perché nel loro dogma è espressamente vietato mostrare il lato femminile e sensuale della donna se la sopraccennata è accompagnata da prole-.

Seguono alte citazioni filosofiche sulla chirurgia e il classico “se posta determinate foto è chiaro che i commenti vadano di conseguenza”, che è un’equazione alquanto pericolosa ma probabilmente troppo difficile da far capire. Bisognerebbe procedere per step e a piccole dosi, e forse tornare all’educazione basilare che impartiscono alle scuole dell’obbligo. Da rivedere.
Quindi sì, è difficile combattere con tutto questo, cercare dei cambiamenti, perché questa è ancora la società in cui se ti scatti delle foto è necessariamente perché vuoi apparire, se hai fatto carriera è necessariamente perché hai avuto un uomo che ti ha aiutato, e se la coppia scoppia è necessariamente colpa di lei (l’altra), con l’unica differenza che non finisce sulla ghigliottina (per ora).
L’album spartiacque
Abbiamo parlato recentemente dell’album Anna Zero. Un progetto che rompe con il passato e che si presenta come il nuovo biglietto da visita della cantante di Sora. Ritmi rinnovati, feat inediti e un banco di prova che vede la contaminazione con altri stili. Per noi questo è l’album del riposizionamento artistico. Il trampolino che potrebbe lanciare Anna come Regina del Pop (bigottismo permettendo).
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