La ragazza che dorme da anni
È un pomeriggio di sole ad Auckland quando Jane Callaghan ,madre di due figli, si siede sul bordo del letto di Alex spazzolandole i capelli mentre lei dorme. Tutto normale o quasi: una mamma spazzola i capelli della figlia che dorme. Ma la figlia non si sveglia.
Chiunque non sappia che Alex, 16 anni, è affetta dalla sindrome di Kleine-Levin (KLS), detta anche ‘sindrome della bella addormentata‘, troverebbe questa scena perlomeno preoccupante. Alex non batte ciglio, non riesce a svegliarsi, nonostante i tentativi di sua madre di farle riprendere conoscenza. Alex non è in coma, lei dorme sempre o quasi, da 5 anni.
Aveva 11 anni quando ha manifestato per la prima volta i sintomi della KLS, una condizione estremamente rara che provoca attacchi di ipersonnia e cambiamenti comportamentali. In uno dei suoi episodi più lunghi ha dormito per 14 mesi, svegliandosi solo per poche ore al giorno.
Quando si sveglia le viene una fame eccessiva. La fame eccessiva è proprio uno dei sintomi della KLS .
Il problema riguarda anche la memoria a breve termine. Nel momento in cui ha un episodio, Alex dimentica tutto, è necessario ricordarle di fare cose semplici come lavarsi i denti o fare la doccia.

Alex sognava di diventare medico, ma non è ovviamente riuscita a dare i suoi primi esami e ha richiuso il suo sogno nel cassetto del comodino, accanto al letto sul quale nel 2018, ha dormito fino a 20 ore al giorno per 58 giorni di fila.
Una sorta di batteria di un telefono che perde la carica e si mette in modalità risparmio energetico, dove tutto è rallentato, fino a voler dormire. Ma durante il sonno la batteria non si ricarica.
Sindrome di Kleine-Levin: una vita dormendo
La sindrome di Kleine-Levin (KLS) è una malattia rara caratterizzata da episodi ricorrenti di ipersonnia e da vari gradi di compromissione comportamentale o cognitiva, che vanno da anomalie del comportamento alimentare all’ipersessualità. Colpisce principalmente i ragazzi adolescenti.
Il primo caso di KLS è stato riportato da Brierre de Boismont nel 1862. È doveroso precisare che questo caso si è verificato decenni prima dell’epidemia di encefalite del 1916-1927. Diversi casi di ipersonnia ricorrente sono stati poi raccolti a Francoforte da Kleine Levin che ha evidenziato l’associazione della sonnolenza con la fame patologica, lo studioso Critchley ha poi rivisto 15 casi pubblicati in precedenza, ha aggiunto 11 casi personali, e ha battezzato la malattia ‘sindrome di Kleine-Levin’ chiamata anche ‘Kleine Levin Critchley Syndrome’ proprio come tributo ai due medici.
Nel 1990 la sindrome di Kleine-Levin è rientrata nella Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno, dove è stata definita come una sindrome che consiste in episodi ricorrenti di sonnolenza della durata di diversi giorni, che possono o meno essere associati a iperfagia e comportamento anormale.
Come per altre malattie rare, ad oggi non si conosce ancora quale sia la causa. Tuttavia, i sintomi che compaiono in questa sindrome indicano un malfunzionamento dell’ipotalamo e del talamo nel cervello. Queste due parti del cervello svolgono un ruolo proprio nella regolazione dell’appetito e del sonno.
Uno dei tanti sintomi della malattia consiste nella difficoltà a distinguere tra sogni e realtà.
La sindrome della bella addormentata si ripete ciclicamente. Ogni episodio può durare diversi giorni, settimane o addirittura mesi. Durante un episodio, la persona non è in grado di svolgere attività normali, come andare al lavoro o a scuola. Perché più della metà della giornata sarà dedicata al sonno. Al risveglio il soggetto non è carico bensì si sente eccessivamente stanco, non ha energia ed è disorientato.
Uppgivenhetssyndrom: il rifugio dalla realtà

Ma non solo chi è affetto dalla sindrome di Kleine-Levin dorme così a lungo. C’è un’altra condizione simile a questa che viene definita sindrome della rassegnazione o sindrome da ritiro traumatico o sindrome del sonno profondo.
Si tratta di una condizione psicologica che porta a uno stato di riduzione della coscienza. La sindrome della rassegnazione è stata descritta per la prima volta in Svezia negli anni ‘90, nei figli dei richiedenti asilo che provenivano dai paesi dell’ex Unione Sovietica, dalla Jugoslavia e più recentemente dalla Siria.
Si tratta di una condizione che colpisce soprattutto bambini e adolescenti tra gli 8 e i 15 anni dopo il trauma delle violenze vissute nel paese d’origine e della migrazione. Immaginate la sensazione di sonnolenza che avvertite quando succede qualcosa di brutto e moltiplicatela per un milione. Ecco, forse questo è ciò che provano questi bambini. Dormono per non vivere, dormono perché non riescono a sopportare, dormono per fuggire dalla realtà. Una realtà che non è alla loro portata.
Quando il trauma è insopportabile si dorme

Questa condizione era già stata descritta nel 1958 dalla psichiatra infantile e adolescenziale svedese Anna-Lisa Annell. La psichiatra l’aveva definita come una malattia molto rara che si manifestava principalmente dopo un grave trauma psicologico. Al tempo non venne riconosciuta come malattia dai pediatri e dagli psichiatri infantili per molti anni. Ma a partire dal 1 gennaio 2014, il Consiglio nazionale svedese per la salute e il benessere ha identificato questa sindrome con una diagnosi ufficiale.
Chi ne è affetto è totalmente passivo, immobile, muto, incapace di mangiare e bere, incontinente e non risponde agli stimoli fisici o al dolore.
Questi sintomi sono stati riscontrati in 60 bambini rifugiati nel 2016.
Le persone a cui è stata diagnosticata questa sindrome raggiungono uno stato tale da dover essere alimentate con tubi. Questa condizione assomiglia a un fenomeno che si verificava nei campi di concentramento nazisti quando i detenuti perdevano la voglia di vivere.
La uppgivenhetssyndrom è generata dall‘insicurezza di questi bambini costretti ad adattarsi a una realtà sociale diversa.
Lasciatemi dormire ancora un pò
Questa condizione dissociativa (ci si dissocia dalla realtà) non colpisce solo bambini ma anche gli adulti: non si riesce a sopportare la realtà, non si riescono a gestire le emozioni e le situazioni e quindi ci si ritira dal mondo esterno. Ci si rifugia nel sonno. Lasciatemi dormire ancora un po’ come canta Nilla Zilli.
Ma quando si parla di bambini, in particolare dei casi avvenuti in Svezia tra il 2015 e il 2016, il tutto si infittisce di mistero. Ben 169 bambini migranti in diverse città svedesi sono andati a letto e non si sono più alzati, per mesi, alcuni per anni. Una dissociazione profondissima.
Il sonno in questo caso non funge da rigeneratore bensì da rifugio: mentre fuori la vita scorre loro dormono, mentre i mesi passano loro dormono. Il sonno diventa un posto sicuro dove nessuno potrà fare loro del male e dove potranno stare in compagnia solo dei loro sogni, in attesa di ricevere quel bacio, non dal principe azzurro come nella favola, ma dalla mamma o dal papà, un bacio rassicurante che significa “svegliati che va tutto bene“.