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ferris bueller disco house

Tra disco e house c’è di mezzo il mare (1977-1983)

Come si è passati, in pochi anni, dalla disco music all’house

Anzitutto, dove ci troviamo?

Tutti abbiamo visto ‘La febbre del sabato sera’ e sappiamo bene che la musica da discoteca per eccellenza negli anni ’70 è proprio la disco music, un’affermazione che suona quasi lapalissiana. Nei locali d’oltreoceano si balla tendenzialmente una disco music di matrice nera, guidata da note band come Earth, Wind & Fire, Kool & the Gang, gli Chic di Nile Rodgers, e i Bee Gees (una sorta di riproposizione in chiave disco dei gruppi vocali bianchi degli anni ’50), dove gli strumenti principali restano però quelli tradizionali: chitarra e basso elettrici, batteria, sassofoni e trombe.

Anche grazie al suddetto film, negli Stati Uniti il genere diventa tremendamente popolare, tanto da spingere il conduttore radiofonico Steve Dahl a lanciare il 12 luglio 1979 la ‘Disco Demolition Night’, un evento iniziato con l’esplosione di una scatola di album disco e finito in sommossa coinvolgendo più di 50mila persone. Se letto in una chiave diversa, l’evento può anche leggersi come una rivalsa del mondo bianco americano (principalmente WASP) su un genere musicale che portava alla ribalta artisti neri. Ma nel frattempo cosa succede in Europa?

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Steve Dahl in posa con un celebre slogan della ‘Disco Demolition Night’

Eurodisco e italo disco

Come racconta Giorgio Moroder nel pezzo tributo dei Daft PunkGiorgio by Moroder’, portare i sintetizzatori nelle discoteche era congeniale a creare il suono del futuro. Con i suoi pezzi autoprodotti e le collaborazioni con la cantante statunitense Donna Summer, Moroder introduce massicce dosi di elettronica nella disco music, rendendo ormai superate le varie big band con strumenti a fiato annessi. Il vero ballabile non sta più nel semplice uso ritmico degli strumenti tradizionali, ma nelle forsennate drum machine che si spingono ben oltre le possibilità umane (un’intuizione che si può attribuire già ai Suicide di Alan Vega e Martin Rev), rendendo decisamente più dinamico il genere.

Moroder non è da solo in tutto questo: non si può non citare Cerrone, musicista francese celebre per jam come ‘Love in C Minor’ e ‘Supernature’. Da sottolineare anche il fenomeno apparentemente underground dell’italo disco, con artisti come Righeira, Raf, Kano e Gazebo.

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Giorgio Moroder in uno scatto recente

Post-punk e post-disco

Come abbiamo già più volte detto parlando di gruppi come i New Order, gli Human League etc… la new wave e il post-punk si trasformano rapidamente in synth-pop e in interessanti esperimenti, come il celebre dance-punk di ‘Heart of Glass’ di Blondie e i primi successi synth-pop di Gary Numan come ‘Are ‘Friends’ Electric?’ e ‘Cars’. Il la alla musica house viene dato a Milano nel 1982, quando viene pubblicato a livello underground ‘Dirty Talk’ di Klein + M.B.O., un pezzo manifesto della musica post-disco.

Il brano trova enorme successo oltreoceano, particolarmente a Chicago e nei vari night club newyorchesi: l’influenza del brano è enorme, considerando che anche la stessa ‘Blue Monday’ dei New Order, uno dei primi pezzi da club della storia, cita alcuni suoi elementi. A Chicago, ‘Dirty Talk’ diventerà uno dei brani seminali della nascente scena house locale, fondamentale per il futuro sviluppo del genere.

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Debbie Harry, cantante dei Blondie

Il ruolo della tecnologia

Ovviamente, tutto questo cambiamento nell’arco di pochi anni non può essere attribuito solo alla verve creativa di diversi artisti tra Europa e Stati Uniti. La musica elettronica di Moroder non sarebbe stata possibile dieci anni prima non solo per la mancanza di Moroder ma per la mancanza della strumentazione adeguata: i sintetizzatori esistevano già da metà anni ’60, ma non erano tremendamente versatili, richiedevano conoscenze piuttosto specifiche per maneggiarli e non erano assolutamente programmabili.

Con l’arrivo a inizio anni ‘80 dei primi sequencer e campionatori digitali per uso commerciale, come i celebri Emulator I e II della E-mu, una tecnologia molto più potente, relativamente semplice da gestire ed economicamente abbordabile permetterà a una nuova generazione di artisti di esprimersi come meglio ritiene, inaugurando definitivamente l’era della musica elettronica, ancora lontana dal chiudersi.  

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Un Emulator II+ con floppy da 5 pollici e un quarto
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