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Edvard Munch aveva solo cinque anni quando sua mamma muore di una terribile malattia. La sua morte ebbe un impatto molto forte su di lui. Tutto era fuori controllo, si sentiva abbandonato e aveva paura. Poi scopre la pittura e la gioia che provava nel dipingere. Grazie alla pittura poteva far emergere ciò che aveva dentro, la sua anima, tutte quelle cose che non si possono esprimere a parole. Quando dipingeva si sentiva in pace, come se ogni male del mondo lo abbandonava.

La vita di Edvard Munch
Edvard Munch padroneggiava il realismo e l’impressionismo, ma seguì poi la sua strada con il linguaggio che lo ha caratterizzato. A dieci anni perse anche la sorella maggiore per la stessa malattia della madre. Queste precoci perdite gli lasciarono un vuoto incolmabile e lo portarono a soffrire di importanti malattie per tutta la sua vita. Edvard aveva la sensazione che da quando la madre le aveva dato la vita, lui si era diretto verso la morte. Le ombre che lo tormentavano influenzarono la sua carriera artistica e anche la sua sfera sentimentale.

Le relazioni amorose che intrecciò nel corso della sua vita erano sempre complicate e tossiche. Il suo approccio verso le donne oscillava tra ambiguità, timidezza, morbosità e pulsione violenta. Il suo carattere disturbato e ossessivo gli impedì di avere un legame sentimentale stabile. Tulla Larsen era una di queste donne, la incontrò per la prima volta nel 1989 in Norvegia. Era molto bella e diventò la sua amante e modella.
Tullia era come un siero letale. Munch la rappresentava come una donna vampiro. Si era sempre rifiutato di sposarla nonostante le insistenze di lei. La raffigurava come una sagoma inquietante, dai lunghi capelli rossi che si muovevano come i tentacoli di un polipo, pronti a stritolare e soffocare la sua preda.

Il suo dipinto “La morte di Marat” è dedicato alla fine della tormentata relazione con Tullia Larsen, terminata con una violenta scenata durante la quale Munch si ferisce gravemente alla mano. Durante la violenta colluttazione parte per sbaglio un colpa di pistola che gli trapassa la mano sinistra. Tullia cerca di medicarlo come può. Edvard Munch perse un dito e decise che non voleva più avere a che fare con Tullia. La fine della relazione gli lasciò una ferita profonda.

Edvard Munch non applicava il colore in modo preciso e ordinato, non aveva paura di rendere le pennellate visibili e grezze. I suoi colori balzano fuori dai dipinti. Il suo pennello è guidato dal sentimento e ogni pennellata è carica di emozione, di dolore e tensione. Si può captare il ritmo, la sinergia e la sua anima in ogni sua pennellata. Il suo stile era fuori dagli schemi di bellezza tipici di quell’epoca e ovviamente non era molto compreso. Le critiche non tardarono ad arrivare. Ma Edvard Munch rimase sempre fedele alla sua arte e al suo talento. Ci vuole coraggio per fare questo e invece di tirarsi indietro produsse lavori ancora più scandalosi per quell’epoca.

Attraverso le sue opere parla di sentimenti come la gelosia, la solitudine, l’ossessione e l’angoscia esistenziale. Sentimenti di cui non si parlava nemmeno a quei tempi.
“Proprio come Leonardo da Vinci ha studiato l’anatomia umana e ha sezionato i cadaveri, così io cerco di sezionare le anime.”
Edvard Munch

“L’Urlo” rappresenta un’esperienza che ha vissuto una sera d’estate del 1890, poco dopo la morte del padre. Per quasi tre anni Edvard Munch ha cercato di dipingere questo dolore senza riuscirci. Fino a questo dipinto, dove il rosso del tramonto proietta tutto il suo dolore e la sua angoscia, che la sua mente non era riuscita a contenere.
“Passeggiavo per un sentiero con due amici, il sole stava tramontando. Ho sentito salire la malinconia. Improvvisamente il cielo divenne color rosso sangue. Mi fermai, appoggiato contro lo steccato, stanco morto.
E guardai le nuvole sospese sopra il fiordo blu-nero e la città come lingue di fuoco e sangue. I miei amici camminavano avanti. Io restai lì tremante di paura. E sentii un grande urlo senza fine attraversare la natura.”
Edvard Munch
Le storie che racconta nei suoi dipinti sono dei piccoli drammi. Con franchezza e candore rappresentava la sua vita emotiva e riusciva a dar vita a quelle immagini. Non frequentò mai scuole o accademie, era un autodidatta sempre pronto a sperimentare. Quando morì, all’età di ottant’anni, i familiari poterono finalmente accedere al secondo piano della sua casa, da anni chiuso agli ospiti. Dentro vi trovarono stipati 1008 dipinti, 4443 disegni, 15.391 stampe, 378 litografie che Edvard Munch aveva lasciato in eredità alla città di Oslo e che oggi sono conservate presso il Munch Museum.
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