Factory Records e post-punk
Come avevo già anticipato qualche articolo fa, la bizzarra storia (artistica e finanziaria) della Factory Records e del suo nightclub ‘The Haçienda’ a Manchester merita un capitolo a parte in questa rubrica. Come sempre quando si parla di Inghilterra alla fine degli anni ’70, l’evento zero della nostra storia è il movimento punk che rivoluziona la scena musicale dell’epoca.
Tony Wilson, giornalista e presentatore televisivo, resta impressionato dal concerto dei Sex Pistols alla Lesser Free Trade Hall il 4 giugno 1976 e capisce che quello è il futuro della musica inglese. Assieme ad Alan Erasmus, Wilson fonda un’etichetta discografica indipendente, la Factory Records, e inizia a mettere sotto contratto le prime band, rigorosamente di Manchester: Joy Division, A Certain Ratio, The Durutti Column e Orchestral Maneuvres in the Dark. I contratti, piuttosto improvvisati e decisamente a favore dei gruppi in termini di diritti sulla discografia, vengono firmati da Wilson con il suo sangue.

L’ispirazione per il nightclub
Nonostante una gestione a dir poco singolare, l’etichetta inizia a guadagnare soprattutto grazie agli incassi dei Joy Division. Una volta (tragicamente) terminata la parabola dei Joy Division, i New Order si iniziano ad interessare alla musica elettronica e hanno modo, una volta in tournèe negli Stati Uniti, di apprezzare la scena dei nightclub newyorkesi (Danceteria, Roxy, The Loft…), dominata da musica post-disco e dai primi accenni di quella che diverrà l’house music.
Ispirato da questo modo rivoluzionario di coniugare musica e socialità, Wilson decide che anche Manchester deve avere il suo nightclub: dopo aver letto un passo di un’opera situazionista che dichiara che “l’hacienda deve essere costruita”, Wilson sceglie proprio ‘The Haçienda’ come nome, aggiungendo la cediglia alla ‘c’ per ricordare un 51, numero che l’Haçienda ricopre nell’originale omni-catalogo della Factory, FAC 51.

Un nightclub (troppo) futuristico
Dopo aver trovato uno stabile dove insediare il club, Wilson dirige i lavori sugli interni assumendo Ben Kelly come designer: l’aspetto finale dell’Haçienda è avveniristico e d’impatto e richiama molto quello di una fabbrica, con pareti grigie e colonne a strisce nere e gialle, ma non è esattamente funzionale. L’acustica non è delle migliori mentre i soffitti troppo alti rendono difficile il riscaldamento e creano un effetto eco decisamente fastidioso, attutito solo quando il locale è pieno di gente: per un errore madornale di progettazione, la cabina del dj non vede la pista da ballo (e infatti verrà spostata dopo qualche mese) e manca la cabina armadio.
Finalmente, il 21 maggio 1982, l’Haçienda è pronta ad aprire i battenti: il primo pezzo ad essere mandato in diffusione è ‘Video 5 8 6’ dei New Order, 22 minuti inediti di ante-techno e antenato illustre di ‘Blue Monday’.

Un’esperienza decisamente caotica
L’Haçienda nei suoi primi anni di attività rappresenta un mezzo successo: la musica proposta incuriosisce ma è troppo avanti rispetto a quello che il pubblico di Manchester vuole sentire. D’altro canto, i principali gestori del locale commettono una lunga serie di errori dovuti all’inesperienza, dai prezzi per l’entrata e per i drink troppo bassi, quasi sottocosto, allo staff troppo numeroso e ‘arraffone’ (parti dell’impianto audio e luci venivano rubate e rivendute regolarmente).
Anche se tenuta aperta 7 giorni su 7, l’Haçienda incassa solo nei fine settimana o per concerti di gruppi indie noti (The Smiths, Simple Minds e ovviamente i New Order): le serate ‘classiche’ a tema funk, soul, jazz e pop vengono gradualmente sostituite da serate house ed electro, così come i concerti dal vivo. All’Haçienda va anche il merito di aver introdotto in Inghilterra il ruolo di resident dj non come semplice animatore della serata ma come suo cardine, fenomeno già comune nei club statunitensi: i dj diventano anche loro celebrità quasi al pari dei musicisti tradizionali.

Nightclub in giallo e nero, finanze in rosso
Il quadro finanziario dell’Haçienda si rivela invece piuttosto preoccupante: nata come società a responsabilità limitata per tutelare Wilson, Rob Gretton (manager dei New Order) e gli altri soci, il nightclub si trasforma velocemente in una macchina generatrice di debiti. Debiti che si intestano più o meno consapevolmente i New Order, sì soci ma contemporaneamente con i loro beni immobili usati come collaterali per ripagare un’eventuale bancarotta dell’Haçienda.
Già a fine 1983, il suo primo anno completo di attività, l’Haçienda vantava debiti per 8867 sterline (equivalenti a 31837 sterline odierne). Nel 1985, i debiti complessivi accumulati ammonteranno a 112254 sterline (361907 sterline odierne).
Come mi ripete sempre il mio commercialista, “non capirai mai quanti soldi l’Haçienda ha perso sino a che non smetterai di guadagnarli”
Peter Hook, bassista dei New Order e manager dell’Haçienda, dal suo libro “How Not to Run a Club”
That’s (almost) all folks, alla prossima!
Per una città periferica e operaia come Manchester, l’Haçienda è una vera novità, un pesce fuor d’acqua, il centro nevralgico di quella anarchia artistica rappresentata dalla Factory Records. Ma il meglio deve ancora arrivare. Alla prossima puntata!