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canzoni da combattimento

Ecco 5 “canzoni da combattimento” per dire no alla guerra

Resistiamo con cinque brani struggenti e coraggiosi

La guerra non era così vicina da decenni, per fortuna ci sono le canzoni

Canzoni da combattimento perché la guerra non cambia mai. Da migliaia di anni, dietro alle divise e alle parate, dietro alle bandiere e ai proclami, ci sono macerie, corpi dilaniati, famiglie distrutte e il dolore. Oggi, come non mai, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, o le immagini strazianti dall’Afghanistan di nuovo in mano ai Talebani – solo per citare alcuni dei più gravi e drammatici conflitti in giro per il globo – l’esigenza di ergersi contro la follia della guerra è più forte che mai. E da millenni, lo fa (anche)la musica.

Cinque brani per resistere

Un megafono per coloro che si ostinano a gridare “no”, per coloro che non intendono voltarsi dall’altra parte. Per coloro che vogliono dare voce alle vere vittime della guerra con le canzoni: civili e anche loro, i soldati. Un quadro che racchiude gli orrori dei conflitti e la volontà di resistere: di opporre a chi vuole dividere la forza della coesione che l’arte ha sempre avuto. Di certo, la musica ha sempre cercato di essere uno scudo contro i potenti – quelli che la guerra la vogliono, ma non la fanno, e in un pianeta sconvolto dalle ostilità, ecco le nostre cinque canzoni per dire no alla guerra.

La storia del sergente obiettore Camilo Mejìa

State Radio canzoni contro la guerra
Gli state Radio con il loro inno alla disobbedienza

La prima delle “canzoni da combattimento” per resistere all’incubo delle armi è Camilo, degli State Radio (The Barn Session, 2007). La canzone racconta la storia di Camilo Mejìa , il primo obiettore di coscienza del secondo intervento USA in Iraq. Figlio del compositore sandinista Carlos Mejìa Godoy, dopo sette anni nell’esercito e otto mesi di combattimento in Iraq, il sergente Mejìa chiese – approfittando della licenza – lo status di obiettore di coscienza. Dichiarato prigioniero di coscienza da Amnesty International, Camilo è stato condannato a nove mesi di prigionia per essersi rifiutato di tornare in Iraq.

Is blood money just money to you?

Punish me for not taking your orders

But don’t lock me up for not leavin’ my home

State Radio – Camilo

Un inno alla disobbedienza civile “Puniscimi per non aver seguito i tuoi ordini, ma non rinchiudermi per non aver lasciato la mia casa”.

Eminem e gli adolescenti con un fucile in mano

Eminem canzoni contro la guerra
Marshall Bruce Mathers III, in arte Eminem

Controverso, sopra le righe, sarcastico e spesso volutamente inopportuno. Ma Eminem, al secolo Marshall Bruce Mathers III, quando c’è da metterci la faccia per smascherare le ipocrisie della sua America – e nostro avviso, coraggiosamente, della società che lo ha creato – è sempre in prima linea.

Così non solo il rapper di Detroit ci omaggia di stoccate all’amministrazione Bush prima e Trump poi, ma, non troppo insospettabilmente , è stato tra i primi a levare la testa contro l’intervento in Iraq e alla propaganda che accompagna le marce dei soldati. . Sostenendo un’argomentazione inoppugnabile: a morire in guerra ci vanno i giovani. Lapidarie e devastanti le punch lines in Square Dance ( The Eminem Show, 2002).

To join the army or what you’ll do for their Navy
You just a baby, gettin’ recruited at 18
You’re on a plane now eatin’ their food and their baked beans
I’m 28, they gon’ take you ‘fore they take me

Eminem -Square Dance

“Io ho ventott’anni, prenderanno prima te che me”. Inutile aggiungere altro.

Il dolore di chi resta

La terza delle nostre canzoni contro la guerra prosegue sulla stessa linea: i ragazzi vengono trascinati sui campi di battaglia con l’ordine “di andare avanti” e il consiglio di “vendere cara la pelle”. Struggente il sarcasmo e la disillusione di Fabrizio De André, che diceva “non esistono poteri buoni” quando ne La ballata dell’eroe, (singolo del 1961) ci racconta come i ragazzi vengono strapparti dai letti caldi di amore e trascinati in trincea. E il dolore devastante di chi, a casa, si ritrova con una medaglia d’onore e resti dilaniati.

ma lei che lo amava aspettava il ritorno
d’un soldato vivo, d’un eroe morto che ne farà
se accanto nel letto le è rimasta la gloria
d’una medaglia alla memoria.

Fabrizio De André -La ballata dell’eroe
Fabrizio De André canzoni contro la guerra
Faber ha sempre “combattuto” contro le bugie dei potenti

Gli innocenti che pagano il prezzo e gli Zombie che stanno a guardare

the Cranberries canzoni contro la guerra
L’indifferenza all’odio nello struggente brano del gruppo irlandese

La quarta canzone per resistere alla guerra è la celeberrima Zombie (No need to argue, 1994) del gruppo irlandese Cranberries. Concepita inizialmente come un toccante lamento funebre per la morte di un bimbo, ucciso da una bomba dell’Irish Republican Army a Warrington (Inghilterra), è diventata un inno universale contro la guerra e contro il prezzo che pagano gli innocenti e chi probabilmente neanche capisce perché le bombe esplodono. E sullo sfondo, una platea di zombie, assuefatta dalla violenza e dalla disumanità.

In your head they’re still fightin’
With their tanks, and their bombs
And their bombs, and their guns
In your head
In your head they are dying

Cranberries -Zombie

“Con i loro carrarmati e le le loro bombe e le loro bombe e le loro pistole stanno ancora combattendo”. E tutta l’innocenza di chi non può spiegarsi la violenza.

Noi possiamo non girare la faccia dall’altra parte

Bob Dylan Canzoni contro la guerra
Bob Dylan ci dice di non restare impenetrabili al dolore degli altri

“Quanto a lungo un uomo può voltare la faccia, fingendo di non vedere?” Se lo chiedeva Bob Dylan nella regina delle canzoni antimilitariste: uno degli inni di pace per eccellenza, la sua Blowin’ in the wind (scritta nel 1962 e pubblicata nel disco The freewheelin’ Bob Dylan, 1963). Dylan, all’epoca, non nera ancora il paladino della controcultura che sarebbe diventato in futuro, ma da “umile cantastorie” di un villaggio minerario del Minnesota, sfoderava già la sua diffidenza verso le politiche militariste che avevano portato alla Guerra Fredda e che sarebbero sfociate, successivamente, nel tritacarne della Guerra del Vietnam.

Il messaggio del menestrello è chiaro e forte. Dipende da noi resistere a chi ci vuole soldati, chi ci vuole divisi, chi ci vuole indifferenti. Le risposte per spostare un sistema granitico sono a portata di mano, basta ascoltarle mente “soffiano nel vento”.

How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, and how many times must
the cannonballs fly
Before they’re forever banned?

Bob Dylan -Blowin’ in the wind

Per quanto ancora dovranno volare le palle di cannone? La risposta, amici, sta soffiando nel vento.

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