Caricamento...
Post-Sanremo
Purtroppo è arrivato nuovamente il periodo più odioso di ogni edizione del festival della canzone italiana:
L’uscita degl’album contenenti i nuovi singoli presentati a Sanremo.
La curiosità mi spinge ad ascoltarli tutti, per capire quale sia il percorso dell’artista e che cosa abbia portato i vari cantanti da esibirsi al festival.
Uno di quei classici vizi da togliersi, ma che rimangono per sempre.
Elisa, 27 brani per Sanremo
Il disco tipico post partecipazione al festival è il seguente: un ep breve o un repack di un vecchio album contenenti la canzone incriminata che viene conseguentemente contornata da altri brani meno radiofonici.
A quanto pare alla nostra Elisa questa opzione sembrava troppo battuta o funzionale.
Di conseguenza la sua scelta è stata quella di ripetere ‘O forse sei tu’ per 13 volte.
E gli altri 14?
In inglese.
Quindi, credo che la costruzione del disco da parte della cantante sia stata quella di creare 13 brani uguali e sentire l’urgenza di metterne altri 14 con una leggera differenza di fondo: la lingua nel testo.
Non ho mai capito a pieno il successo internazionale dei cantanti pop italiani, ma a quanto pare Elisa sembra pronta a scommetterci tutto, dando addirittura più spazio alle canzoni non scritte nella sua madrelingua.
Mi viene da chiedermi se si aspettasse il secondo posto.
O era per l’Eurovision?
E sinceramente questo pensiero mi gela il sangue.
Perché sarebbe la prova di un barbaro coraggio che non concepisco.
Credo che Elisa sia una ottima cantante, ma credo anche con tutto me stesso che non sarebbe stata capace di rappresentare l’Italia com’è ora e com’è vista in questo momento dal punto di vista globale.
Alcuni sono rimasti indietro
Abbiamo ancora una concezione della musica globale come anglofona, quando ormai ha smesso di essere così.
Il successo dei Maneskin, di Blanco, di Mahmood e molti altri del panorama musicale italiano avrebbe dovuto mandare un messaggio chiaro e forte ai grandi produttori italiani, ma invece ne sembrano completamente sordi.
La barriera linguistica è un ostacolo superato, passato in secondo piano, finalmente.

Un prodotto da vecchi
Ed è dopo l’elucubrazioni di cui sopra che mi è arrivata l’ulteriore illuminazione: Elisa viene trattata come un prodotto per boomer, un contentino per mantenere buoni gli ascoltatori di una certa fascia d’età.
E finché si rimane sul palco dell’Ariston la cosa ha anche senso, alla fine il festival della canzone italiana deve rappresentare anche solo in parte tutto lo Stato.
Ha invece senso che un progetto del genere rappresenti l’Italia ad un festival europeo?
Non credo di dover rispondere.
Paragonata alla vittoria dello scorso anno non reggerebbe il confronto.
E credo sia giusto così.
Ben venga la gioventù italiana, almeno portano in alto un cambio di gusti generazionale, una giusta trasformazione del pop italiano.
Un nuovo pop italiano apprezzato ovunque, e finalmente non più rinchiuso nella nostra piccola Italia.
Un po’ dispiace
Davanti a questa rivoluzione del gusto della generazione zeta italiana un po’ dispiace che i contendenti per l’eurovision possano essere solo il duo Mahmood e Blanco, ed infatti Achille Lauro ha pensato bene di aggirare le regole partecipando con San Marino.
Un’occasione che non poteva farsi sfuggire, giustamente, anche se spero ancora Tananai possa candidarsi con la Città del Vaticano.

Un amore rinnovato per l’Eurovision
Ed è anche questa voglia di mettersi in gioco a livello europeo a rendere bene l’idea di quanta voglia ci sia da parte dei giovani cantanti italiani di uscire dai nostri confini, con idee interessanti, per cui siano riconosciuti a livello internazionale.
Una rivoluzione nel gusto e nei costumi, senza grosse innovazioni musicali, ma che sicuramente ci fa fare un passo avanti, a prescindere da chiunque questa sia rappresentata.
Cara Elisa io e te, alla fine, siamo nella stessa lacrima. Ridici sopra!
Caricamento...