I Duran duran più di un revival
Il simpatico quintetto formato da Simon Le Bon (voce), Nick Rhodes (tastiere), John Taylor (basso), Andy Taylor (chitarre) e Roger Taylor (batteria) è entrato come minimo nella storia del pop inglese degli anni ’80. Etichettati all’epoca come una boy band, un gruppo per ragazzine che avevano bisogno di idoli più che di buona musica, i Duran Duran hanno comunque ricevuto un enorme e duraturo successo commerciale e una rivalutazione successiva. Come tutto ciò che proviene dagli anni ’80 e oggi è tornato di moda, i Duran Duran non fanno certo eccezione e sono anche riusciti a dare un certo riavvio alla loro carriera, in una fase di stanca a cavallo tra anni ’90 e nuovo millennio.

Fenomeni da isteria di massa
In effetti, il loro tratto da boy band è difficilmente negabile: questi cinque baldi giovani, pienamente compatibili con i canoni estetici dell’epoca, sfoggiano dei look estremamente ricercati e alla moda, abiti sgargianti e make-up (quasi un’eresia all’epoca) e la musica sembra quasi passare in secondo piano. La loro fanbase, composta senz’altro in parte da ragazzine in età adolescenziale, spesso si spinge ad atti di pura idolatria come il celebre caso editoriale (e poi cinematografico) di ‘Sposerò Simon Le Bon’, una sorta di diario di una ‘duraniana’ italiana, con un titolo da fan-fiction di quarta categoria. Rimane famosa anche la celebre contrapposizione tra ‘duraniane’ e ‘spandine’ (fan degli Spandau Ballet), l’analogo ottantiano delle risse tra gatti.

Non sarà l’ora di parlare di musica?
Uscito nel 1981, l’esordio omonimo dei Duran Duran è senz’altro un buon album: malgrado alcuni aspetti ancora un po’ acerbi, il gruppo si barcamena ottimamente tra la new wave e il post-punk inglese, la nascente scena synth-pop (di cui Gary Numan resta uno dei pilastri) e l’estetica da dandy bohemien tipica della new romantic (corrente influenzata dai tardi Roxy Music e dai Japan). L’album mette a segno diversi singoli, come ‘Girls on Film’, anticipatore del loro pop molto glam, ‘Planet Earth’ e ‘Careless Memories’, ancora vicine a sensibilità post-punk. L’uso massiccio dell’elettronica, gestita interamente da Rhodes, si sente in pezzi come ‘Night Boat’ e ‘Tel Aviv’.

Un album davvero iconico
Il vero botto arriva però con ‘Rio’ (1982), il miglior album della loro discografia. A partire già dalla copertina, replicata, citata e parodizzata per altre centinaia di occasioni, ‘Rio’ è un disco azzeccatissimo, un passaggio fondamentale per capire il pop inglese anni ’80. Dalle chitarre quasi hard-rock di Andy Taylor ai passaggi elettronici sofisticati e atmosferici di Rhodes e al drumming da drum machine di Roger Taylor, fino al basso funky-disco di John Taylor e alla voce da crooner di Le Bon, l’album non cala mai di livello. La opener, caratteristica dello stile duraniano e dal videoclip ironico ed iconico, è invecchiata decisamente bene, così come il funky elettronico di ‘My Own Way’ e il quasi power-pop di ‘Hungry Like the Wolf’.

In chiusura dell’album troviamo ‘Save a Prayer’, una dolce ballata elettronica, riconoscibile già dai suoi primi secondi, e ‘The Chaffeur’, unico pezzo ancora ancorato ad atmosfere più new wave, oscuro ed enigmatico, interamente giocato su un giro di synth, un assolo di ocarina e qualche effetto elettronico sempre curato da Rhodes. Straniante e dal sapore quasi gotico (soprattutto nel videoclip), ‘The Chaffeur’ probabilmente resta la più celebre canzone dei Duran a non essere mai stata pubblicata come singolo.
“I Duran Duran. Uno dei gruppi che disprezzo di più sono i Duran Duran. Quando ero ragazzo e volevo prendere in giro qualcuno che suonava gli dicevo “Suoni come i Duran Duran”. Ora pare che siano tornati di moda, se ne parla come se fossero stati un gruppo significativo. È inconcepibile: stiamo parlando di un gruppetto di ragazzi che davano più importanza al parrucchiere che ai contenuti. Socialmente hanno rappresentato il vuoto degli anni Ottanta, questo sì, in modo perfetto.“
Manuel Agnelli
Manuel, ma cosa dici?
Alla fine dei conti, etichettare i Duran Duran come boy band è quanto meno riduttivo: nessuna boy band riesce ad influenzare un panorama musicale, si pensi alla fine indegna fatta da gruppi come Tokyo Hotel e One Direction, giustamente caduti nel dimenticatoio musicale e di fatto irrilevanti per i recenti sviluppi della scena pop. Per Manuel Agnelli, i Duran Duran restano musicisti mediocri, parere francamente opinabile, ma il loro concetto di musica, se portato agli eccessi, ha sicuramente contribuito a creare il vuoto pneumatico culturale degli anni ’80. Soltanto un osservatore disattento potrebbe dire che, perlomeno durante la prima fase della loro carriera, i Duran Duran facciano prevalere la forma (la loro estetica e il gossip sulle loro vite) sulla sostanza, ovvero la loro produzione musicale. Basta ascoltarli per rendersene conto.
