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La figura di Virgil Abloh
Esistono persone che vengono al mondo ignare del fatto che, anche se in piccola parte, lo cambieranno. I loro nomi, opere, simboli non verranno mai dimenticati. È questo il caso del giovane art director Virgil Abloh, deceduto il 28 Novembre 2021 a soli 41 anni. L’intero mondo della moda è in lutto per la perdita del rivoluzionario, creatore di Off-White e, successivamente, art director di Louis Vuitton.

Una professione trona alla luce
La prematura scomparsa di un pilastro della moda e l’affetto dimostratogli dai colleghi, non che amici, hanno riportato alla luce l’emblematica figura dell’art director. Se ci si sofferma sul significato delle parole “direttore artistico”, la mente corre subito ad idealizzare l’immagine di una sorta di “coordinatore”, non diverso da chi sta dietro le quinte di uno spettacolo teatrale o il regista di un film. La realtà non è poi così distante da questo immaginario.
La figura dell’art director

In concreto, qual è il ruolo di un art director all’interno di una casa di moda? La risposta è una: il suo ruolo è fondamentale. Egli presiede il gruppo dei creativi, studiando l’andamento sociale e l’attuale approccio del pubblico rispetto alla propria maison. Questa figura detta le linee guida da seguire per portare il brand a rappresentare un ideale: l’ugly chic di Prada, l’eccentricità retrò di Gucci, l’eleganza genderless di Giorgio Armani, il kitsch rinascimentale di Versace o, ancora, il bon ton chic di Chanel. Il simbolismo legato ad ogni casa di moda è opera del suo art director.
Il sentimento umano che lega il consumatore alla maison
Ogni appassionato di moda è legato, non solo nel consumo, al suo brand di riferimento. Ognuno di noi è attratto da forme, colori, epoche di riferimento e valori differenti. Per questo motivo, se la passione per la moda è forte, proviamo un attaccamento sentimentale con chi ha dato al nostro brand di riferimento le sue caratteristiche intrinseche.
Le prime foto ritagliate dai giornali di moda e appese alle parete delle camere da letto di tutto il mondo: ogni appassionato ha cominciato così. In quelle foto di sfilate c’erano racchiusi molto più di semplici abiti da collezione. Raffiguravano il lavoro, la passione e la mente degli art director più famosi. Chi sfogliava le pagine patinate, prima di prendere in mano la forbice per collezionare l’ennesimo ritaglio, si fermava a guardare e si sentiva rappresentato.
L’olimpo degli Art Director
Non solo Virgil Abloh brilla tra le stelle più luminose del mondo della moda. Tanti suoi colleghi hanno elevato le loro maison e, di conseguenza, stravolto di anno in anno il complesso mondo dell’alta moda. Alessandro Michele, che ha unito la sua passione per la pittura, per il cinema, per le sculture a quella per la moda, donando a Gucci la sua immagine attuale. Maria Grazia Chiuri, la prima art director donna di Dior che è stata in grado di dare al brand una nuova emancipazione femminile.
Hedi Slimane, art director di Celine, segnando il cambiamento della maison addirittura con la rivisitazione del suo storico logo. Raf Simons e Miuccia Prada, la prima collaborazione a quattro mani nella maison di Prada, ancora tutta da scoprire. Virgine Viard, che sostiene sulle spalle tutto il peso di succedere a Karl Lagerfeld.

Gli architetti della maison
Il ruolo dell’art director, perciò, non così diverso da quello di un architetto che progetta in ogni dettaglio la costruzione di una casa. Essa deve essere solida, duratura nel tempo, accogliente e assolutamente mozzafiato. Questa figura professionale tiene conto di ogni dettaglio per rendere la sua casa, o maison, il riflesso di se stesso e di chi condivide i suoi valori. Come diceva Coco Chanel:

“La moda è come l’architettura, è tutta una questione di proporzioni”.
Coco Chanel
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