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Tra Police e carriera solista
All’anagrafe Gordon Matthew Thomas Sumner, Sting è senz’altro uno degli artisti più celebri a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, e beneficia tutt’ora di un folto seguito di fan storici. Diventato famoso con i Police, un power trio costituito con Stewart Copeland alla batteria e Andy Summers alla chitarra, il nostro è riuscito poi ad avere anche una carriera solista di notevole successo.
Se la carriera con i Police oscilla tra un timido post-punk e la new wave degli esordi, un più orecchiabile reggae rock e il pop rock definito e cesellato degli ultimi due album, ‘Ghost in the Machine’ (1981) e ‘Synchronicity’ (1983), la sua discografia solista si distingue subito per la sua voluta pretenzionsità e orecchiabilità. La sua anima jazz e fusion, passione già coltivata in una big band prima di mettere su i Police, riemerge nei suoi primi album da solista.

Un esordio piuttosto divertente
Nel 1985, il nostro esordisce da solo con ‘The Dream of the Blue Turtles’, un album piuttosto vario, supportato da diversi singoli di successo come ‘If You Love Somebody Set Them Free‘, ‘Love Is The Seventh Wave’ e ‘Russians’. Sull’onda lunga del successo dei Police, l’eco mediatica dell’album è forse spropositata rispetto alla sua reale fattura: il primo lato, più pop e accessibile per l’ascoltatore medio, si contrappone al secondo, con più momenti più vicini al jazz, strumentale e non.
Alla fine, molte delle sonorità proposte a livello di pop richiamano molto le sonorità dei Police di ‘Synchronicity’, sebbene abbiano un’atmosfera decisamente meno tragica. Ammiccando al mondo jazz e in particolare alla scena sophisti-pop inglese dell’epoca, Sting si circonda di musicisti provenienti proprio dalla scena jazz/fusion come il sassofonista Branford Marsalis, fratello maggiore del noto trombettista Wynton Marsalis.

Un seguito ben consolidato
Due anni dopo, all’apice della sofisticheria ormai diffusa nella scena pop della seconda metà degli anni ‘80, Sting pubblica il suo secondo album, ‘…Nothing Like the Sun’, il cui titolo cita un famoso verso di un sonetto shakesperiano: più tedioso da ascoltare rispetto all’esordio, il disco però riesce a lasciare qualcosa di più all’ascoltatore. Tra il reggae jazzato e impreziosito di ‘Englishman in New York’, la cupa serenata alla luna di ‘Sister Moon’, l’eterea ‘Fragile’ e momenti più impegnati come ‘They Dance Alone (Cueca Solo)’, il nostro crea forse il suo miglior album da solista, o perlomeno il più memorabile.
Questo periodo creativo lo vede inoltre protagonista di diverse campagne umanitarie e ambientaliste (tra cui la partecipazione al noto Live Aid nel 1985), addirittura attraverso la fondazione di una sua associazione benefica, la Rainforest Foundation Fund.
If “manners maketh man” as someone said
He’s the hero of the day
It takes a man to suffer ignorance and smile
Be yourself no matter what they say
—
Se “le maniere fanno l’uomo” come dice qualcuno
Lui è l’eroe del giorno
Serve un uomo per sopportare l’ignoranza e riderne
Sii te stesso e non curarti di loro
Sting, ‘Englishman in New York’
Sting, artista impegnato
I testi riflettono i pensieri di questo Sting impegnato socialmente: ‘Englishman in New York’ è un atto di denuncia per il trattamento riservato dalla nostra società agli omosessuali, qui raffigurati nella persona di Quentin Crisp, attore e scrittore satirico inglese omosessuale residente a New York. “History Will Teach Us Nothing” è un inno ai diritti umani mentre ‘They Dance Alone (Cueca Solo)’, scritta contro il regime fascista di Pinochet in Cile e in ricordo dei desaparecidos, dimostra anche come il nostro si stia tenendo al corrente delle novità nella scena pop mondiale.
Infatti, a cavallo tra fine anni ’80 e inizio anni ’90, si sviluppa un rinnovato interesse per la musica tribale di paesi non occidentali, assorbita dal pop con il nome di world music (di cui vale la pena citare Peter Gabriel come principale interprete). Ben lontano dal comporre musica new age e deliri affini, Sting riesce comunque a creare un’interessante commistione di generi, senza snaturare la sua carriera.

Un lato B più particolare
Leggermente fuori tono, ma simpatici, il funky-rock elettronico e upbeat di “We’ll Be Together” (che poco piace allo stesso Sting) e lo stile fusion di “Rock Steady”, che suona quasi come un pezzo degli Steely Dan. Chiudono l’album il jazz cupo e notturno, quasi da vicolo, di “Sister Moon”, dove continuano le citazioni al celebre sonetto di Shakespeare, una cover di “Little Wing” (celebre pezzo di Jimi Hendrix) e ‘The Secret Marriage’, una specie di sonata da camera al piano.

Un artista… per adulti!
Per concludere, Sting merita probabilmente di essere ricordato come autore di pezzi decisamente memorabili sia con i Police che durante la sua carriera solista per il suo gusto da adult contemporary music, un easy listening leggero, maturo, forse con qualche scivolone banale ogni tanto, ma senz’altro di gran classe. La prossima volta che avete ospiti a cena, mettete ‘…Nothing Like the Sun’ in sottofondo: farete sicuramente una discreta figura.

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