Chi sono davvero i New Order?
Sarebbe inutile scrivere per ore la storia dei Joy Division, uno dei gruppi più famosi e discussi di sempre, ormai avvolti da un’aurea mitologica. Con soli due album all’attivo, di cui il più celebre resta senz’altro l’esordio, ‘Unknown Pleasures’, e qualche singolo celeberrimo come ‘Love Will Tear Us Apart’, i Joy Division hanno lasciato il loro marchio in più di una generazione.
Ciò che mi ha sempre stupito di questo gruppo non è tanto l’aver fortemente influenzato, anche grazie al carisma del cantante Ian Curtis, la scena post-punk gotica inglese, ma l’essersi saputo davvero reinventare dopo un evento tragico come il suo suicidio, avvenuto poco prima del primo tour in Nord America, il segno del successo del gruppo. Malgrado i membri siano pressoché i soliti, tra Joy Division e New Order corrono profonde differenze stilistiche.

Primi singoli e album d’esordio
Spiazzati dalla morte tragica di Curtis, gli altri membri decidono di mettere assieme un nuovo gruppo, i New Order: sembra anzi che esistesse già prima della morte di Curtis una sorta di accordo tra i componenti del gruppo, dove in caso di abbandono di un membro, i Joy Division avrebbero dovuto cambiare nome in New Order. La prima pubblicazione dei New Order è ‘Ceremony’, singolo composto e registrato prima della morte di Curtis, ma ri-registrato per rispetto della morte del cantante.
Il vero esordio arriva nel 1981 con ‘Movement’, album che richiama disperatamente lo stile dei Joy Division: dalle ritmiche serrate post-punk alla voce di Hook nella opener ‘Dreams Never End’, tutto cerca di riportare il tempo indietro di un paio d’anni. Giusto l’inserzione qua e là di sintetizzatori, programmati da Gillian Gilbert (unico membro a non provenire dai Joy Division), fa vagamente presagire le future direzioni artistiche dei New Order.

Il regno del nuovo ordine
La reale svolta arriva con la pubblicazione del singolo ‘Blue Monday’ nel 1983: nato come un semplice pattern elettronico da usare a fine concerto prima dell’encore, il brano ha in realtà un’importanza fondamentale per la musica da club, di fatto anticipando di decadi la EDM e aprendo la pista all’house. Il suo fascino resta immortale: ancora oggi viene usato nelle pubblicità o remixato per blockbusters di dubbio gusto.
Pochi mesi dopo, segue la pubblicazione di ‘Power, Corruption & Lies’, album che contribuisce a definire massicciamente la nuova attenzione dei New Order per la musica elettronica, il synthpop, genere di grido all’epoca, e per l’alternative dance. I restanti anni ’80 saranno il loro decennio d’oro, con altri album e singoli di successo (e come dimenticare la meravigliosa ‘True Faith’). Attraverso la loro casa discografica, la Factory Records, il gruppo apre anche una discoteca a Manchester, ‘The Haçienda’, famosa per avere lanciato diversi dj e produttori di musica elettronica.
How does it feel
When you treat me like you do
And you’ve laid your hands upon me
And told me who you are?
I thought I was mistaken
And I thought I heard your words
Tell me, how do I feel?
Tell me now, how do I feel?Come ci si sente
New Order, ‘Blue Monday’
Quando mi tratti come fai tu
E hai messo le tue mani su di me
E mi hai detto chi sei?
Pensavo di essermi sbagliato
E pensavo di aver sentito le tue parole
Dimmi, come mi sento?
Dimmi ora, come mi sento?
Meglio avere tecnica o creatività?
I New Order sono anche la prova vivente di come le idee, in ambito musicale, valgano più della tecnica: Sumner e compagnia non sono assolutamente dei virtuosi e diverse loro esibizioni, soprattutto agli esordi, lo testimoniano. Nel 1983 il gruppo decise di eseguire dal vivo ‘Blue Monday’ a Top of the Pops, celebre programma inglese a tema musicale, dove in genere le esecuzioni erano rigorosamente in playback: il risultato fu un vero e proprio disastro, tra fuori tempo e stonature clamorose.
Anche la versione in studio di ‘Age of Consent’, la opener di ‘Power, Corruption & Lies’, realizzata per la BBC Radio, non brilla certo per chiarezza d’esecuzione (detta proprio fra noi, Sumner non becca una nota con quella chitarra). Il migliore tecnicamente resta il batterista, Stephen Morris, una drum machine vivente.

Qualche suggerimento d’ascolto
Se non si ha tempo o voglia per ascoltare la loro discografia completa, il meraviglioso doppio ‘Substance’, pubblicato nel 1987, riesce a riassumere magistralmente la maggior parte della carriera dei New Order: la versione migliore è quella in cd, più completa dell’originale in vinile. ‘Substance’, assieme a pochi altri casi simili, è probabilmente una delle poche compilation che vale la pena ascoltare e possedere in copia fisica: da purista quale sono, per me oltretutto è paradossale come alcune tracce, leggermente remixate, suonino addirittura meglio della loro versione originale. Per il periodo post-1987, un album degno di nota è ‘Technique’(1989), dove le sonorità synthpop e melodiche vengono abbandonate in favore di quelle più dure e spigolose, più vicine all’acid house dell’epoca.